Periodicamente la questione del crocefisso nei luoghi pubblici, nella fattispecie le aule scolastiche, torna ad riscaldare un po’ la polemica laici vs cattolici e quella sempre bollente degli islamofobi.
In questa occasione viene addirittura accomunata al Tortellino pigfree che qualcuno vorrebbe per “favorire l’integrazione”. Ma di chi? dei musulmani?
Il 4,5% della popolazione di questo nostro isterico Paese è musulmana ed è presumibile che non si cibi di quello che in Emilia è considerato “l’animal” per antonomasia.
Bene, chi vuole gustare tortellini D.O.C. Continui pure a farlo tranquillamente, non ci risulta che nessun musulmano abbia mai protestato perché il suo collega di lavoro o compagno di scuola si sbafi un panino con la porchetta.
Esistono mille e mille modi per testimoniare un’attitudine friendly nei confronti delle persone di altra religione, cultura e abitudini alimentari senza per questo rinunciare a quel che si ama perché de gustibus disputando non est.
Esistono anche mille modi per non fare di ogni differenza una barricata, oltre il tortellino, gli auguri di buone feste a fine anno e le canzoncine di Natale dei bambini delle scuole elementari ecc ecc
La presenza del crocefisso nei luoghi pubblici è invece un po’ più complessa.
Retaggio legale del primo articolo dello Statuto albertino (4 marzo1848) che stabiliva…”Art. 1. – La Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola Religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono tollerati conformemente alle leggi”.
Rimase in vigore fino al 1946 e poi definitivamente consegnato alla storia il 1° gennaio 1948 dopo cento anni di controverso servizio.
La Costituzione repubblicana stabiliva con forza la laicità dello Stato, pur recependo per ragioni di pacificazione nazionale il Concordato del 1929, ma si dovette aspettare la revisione dei Patti Lateranensi del 1984 (Protocollo addizionale, punto 1) e la sentenza 203/1989 della Corte Costituzionale, che sancì essere “la laicità è il principio supremo dello Stato, e abolì così la religione di Stato.
Il crocefisso rimase, anche questo retaggio legale del governo fascista. Infatti, il ministro della Pubblica Istruzione Giovanni Gentile riformando la scuola rese obbligatorio l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole elementari, con decreto reale nel 1923 ( La circolare n. 2 del 5 gennaio 1924 garantiva comunque agli alunni che professavano altre fedi di astenersi dall’insegnamento della Religione cattolica). Poi con il Concordato del 1929 si introducesse e si rese obbligatoria l’ora di religione anche nelle scuole medie e superiori, quale «fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica».
Anche la Repubblica non volle o non poté sfuggire all’influenza cattolica e nelle modifiche concordatarie del 1984 si può leggere: «La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado».
E questa formula, esprimente una volontà politica più che un vero sentimento religioso, è ancora teoricamente operante nella scuola italiana.
Sta di fatto che nella continua scristianizzazione del Paese a quasi nessuno importa veramente se i valori di quella religione vengano insegnati ai giovani, ma guai a toccarne i simboli, anche se ignorati nel loro significato dottrinale e impolverati in alto sopra la cattedra.
Come per i tortellini (ci scusino gli amici cattolici l’accostamento) anche in questa diatriba noi musulmani, eccetto lo scomparso Adel Smith (r.i.p) non abbiamo praticamente parte alcuna.
Era il 2001 quando scoppiò lo scandalo delle sue dichiarazioni nel salotto di Bruno Vespa, e musulmani già sapevano che per i loro compagni di scuola quell’oggetto rappresenta Gesù figlio di Maria che sarebbe stato crocefisso e mentre per loro invece Gesù non è morto ma che è presso Dio.
Ciò che è importante però è seguire il messaggio di misericordia e amore che quel giusto ha trasmesso”.
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