A Roma continua ad esserci un problema di diritto al culto per i musulmani che vivono nelle periferie, 120.000 musulmani e una sola moschea riconosciuta a fronte di decine di luoghi di preghiera informali a cui non viene offerto nessun percorso di regolarizzazione. Tre anni fa ci fu la pesante stagione delle chiusure dei centri islamici nella capitale soprattutto nella zona del V municipio dove vive la maggior parte dei musulmani capitolini. La comunità reagì concentrando lo sforzo legale sulle sale di preghiera più grandi, ottenendo storiche sentenze di riapertura, ma anche con manifestazioni pubbliche di venerdì, giorno della preghiera congregazionale. Queste manifestazioni culminarono nella Preghiera al Colosseo del 21 ottobre 2016 le cui immagini fecero il giro del mondo. Le chiusure erano effettuate della Polizia Municipale ed erano condotte dall’allora Vice-Comandante Antonio Di Maggio che ora è Comandante. Fino alla Preghiera al Colosseo le operazione dei Vigili Urbani avvenivano dando immediata comunicazione alla stampa, con foto dei sigilli appena apposti ed immagini dall’interno dei locali posti sotto sequestro in cui risaltava il nastro a strisce. Ne conseguiva la spettacolarizzazione mediatica delle operazioni. Dopo la risonanza mediatica internazionale della preghiera in un luogo simbolo della città, e dell’Italia tutta, le successive operazioni sono state condotte con congrua discrezione.
Quest’oggi in Piazza Vittorio c’è stata una replica della Preghiera in spazi pubblici a seguito del perdurare di una chiusura di un luogo di preghiera che insiste sempre sulla stessa zona, Torpignattara. L’Associazione Dhuumcatu che ha organizzato la manifestazione ribadisce l’importanza dei locali posti sotto sequestro, “un punto di riferimento per tutta la comunità islamica, in particolare per la comunità bengalese”; dove vengono da anni svolte attività che hanno una funzione sociale di rilievo, come il doposcuola dei bambini di famiglie a basso reddito che “non possono permettersi di pagare una babysitter” e “condividono l’abitazione con altre famiglie dove i bambini non hanno spazi per studiare”. Nello stesso comunicato viene denunciato il ripetersi di una trovata “spettacolare” della Polizia Municipale che già era andata “in scena” tre anni fa con la chiusura del centro islamico di Ostia. In sintesi, tra le motivazioni della chiusura verbalizzate (la nostra redazione ha visionato il verbale di sequestro) viene contestata la conduzione di attività teatrale non autorizzata, avendo gli agenti rilevato la presenza di un placo che in realtà è il pulpito (minbar) da cui l’imam pronuncia il sermone (qutba). Quindi i fedeli riunita in preghiera sarebbero degli spettatori e la moschea un teatro. Il comunicato chiude con le seguenti parole “Stop alla mancanza di rispetto nei confronti della religione, giù le mani dalle sale di preghiera”
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