Il primo marzo 2019 è successa una cosa mai accaduta prima in un paese occidentale, eppure è passata quasi del tutto inosservata. L’Austria ha aggiunto il simbolo dei Fratelli Musulmani alla lista dei simboli vietati, insieme a simboli di altre associazioni, alcune terroristiche altre no.
In molte nazioni, gruppi e lobby di estrema destra hanno spesso cercato di rendere i Fratelli Musulmani, un’organizzazione vietata. Molti analisti sostengono, tuttavia, che il reale obiettivo non sia rappresentato dai Fratelli Musulmani, un’organizzazione già indebolita e politicamente sconfitta in molti paesi arabi, quanto piuttosto attivisti sociali e politici di origine islamica presenti in Occidente.
Personalità in grado di esercitare qualche influenza, come Rashida Tlaib e Ilhan Omar recentemente elette al Cogresso americano, come pure attivisti politici come Linda Sarsour, sono state spesso prese di mira dall’estrema destra, che le ha additate come appartenenti ai Fratelli Musulmani. Negli Stati Uniti sono stati fatti tre tentativi per istituire una legge che dichiari i Fratelli Musulmani un’organizzazione terroristica. Come giustamente fatto notare da appartenenti alla società civile, ciò non colpirebbe principalmente gli stessi Fratelli Musulmani, ma le associazioni di musulmani americani che favoriscono il funzionamento della giustizia sociale e costituiscono una voce rilevante, nelle fila dell’opposizione politica non violenta, contro l’ingiustizia e il razzismo.
Come sostiene il NAI (Network contro l’Islamofobia), un progetto della Jewish Voice for Peace (La voce ebraica per la pace), l’amministrazione Trump potrebbe facilmente “utilizzare questa legge ed un ordine esecutivo per prendere di mira libertà civili di cui godono i musulmani sia a livello locale che nazionale e prendere di mira anche organizzazioni che rappresentano gli interessi delle comunità islamiche”. Negli Stati Uniti il cosiddetto “Muslim Brotherhood Terrorist Designation Act of 2017” non ha trovato pratica applicazione grazie a cautele di politica estera. Ma simili tentativi sono stati compiuti in altri luoghi. Nell’aprile del 2014 il Primo Ministro britannico istituì una commissione d’inchiesta per determinare se fosse possibile o meno associare l’organizzazione dei Fratelli Musulmani a estremismo e terrorismo. Il rapporto finale non sancì l’interdizione e nemmeno la definizione dei Fratelli Musulmani quale organizzazione terroristica.
Pertanto l’Austria è stata la prima nazione a definire i Fratelli Musulmani come organizzazione estremista. Ciò è potuto accadere solo grazie ad un apparato legislativo preparato da lunga data. All’indomani della Seconda Guerra mondiale, l’Austria dichiarò illegali i simboli del Nazional-Socialismo tramite l’Atto di Proibizione del 1947. Qualche decennio più tardi, in seguito all’ascesa di Daesh, un governo di coalizione formato dai conservatori dell’ÖVP e dai Socilademocratici, nel 2014, ha messo fuorilegge l’uso di simboli associati con Al-Qaeda e Daesh. La legge sui simboli del 2019 è stata emanata a marzo di quest’anno da parte di un governo di destra formato dal Partito della Libertà, un’organizzazione di estrema destra e dal riformato Partito del Popolo, capeggiato da Sebastian Kurz. Il divieto è stato esteso a PKK, Hamas, l’ala militare di Hezbollah, i Fratelli Musulmani, i nazionalisti turchi noti come “Lupi Grigi”, gli Ustascia (fascisti croati), ed organizzazioni definite come terroriste dalla legislazione dell’Unione Europea. Il governo afferma che “simboli ed azioni delle organizzazioni citate nella legge modificata sono contrari alla Costituzione ed ai nostri valori democratici fondamentali”.
Mentre organizzazioni di stampo terroristico o meno sono accomunate in questa nuova lista, gruppi di suprematisti bianchi con molti legami al partito di governo FPÖ, come il Movimento Identitario, non sono neppure menzionati da questa legge. Ancor più significativo è il fatto che questa legge permette al Ministro degli Interni di espandere la lista ed includere eventuali altri gruppi, tramite semplice decreto. Ciò consente al Ministro di poter reprimere qualsiasi organizzazione “straniera” della società civile, che protesta contro il governo o viene da questo considerato come una minaccia. Con questo mandato, il Ministro degli Interni (attualmente dell’FPÖ) può mettere sotto pressione qualunque organizzazione musulmana di opposizione.
L’interpretazione ufficiale della legge da parte dei parlamentari ha già messo in luce come la legge, per quanto attiene al divieto dei simboli dei Fratelli Musulmani, non prende di mira l’organizzazione stessa dei Fratelli Musulmani, quanto piuttosto le organizzazioni islamiche della società civile che criticano il governo per le sue politiche avverse ai musulmani. Tale interpretazione si è ampliamente basata su un rapporto scritto da una figura centrale nel mondo degli analisti anti-islamici, Lorenzo Vidino, i cui seguaci presso la European Foundation for Democracy prendono sistematicamente di mira le organizzazioni islamiche più attive nella società civile europea, nel tentativo di criminalizzarle e quindi farle escludere dall’agone pubblica. Nel rapporto sui Fratelli Musulmani in Austria, preparato dal Ministero degli Interni, è stabilito un legame con molti musulmani attivi nella società civile, che godono di una certa fama nella società austriaca.
Il governo ha già dichiarato che, nell’estate del 2019, emanerà una nuova legge tesa a bandire quello che definisce “Islam politico”. Sullo sfondo di un tentativo di minimizzare il ruolo delle organizzazioni della società civile nella vita politica austriaca, sembra che le organizzazioni islamiche austriache fungano da terreno per far crescere politiche più autoritarie.
Quel che più conta è che questa legge non eserciterà la sua influenza soltanto in Austria. Essendo l’Austria un paese membro dell’Unione Europea da lunga data, con un’economia stabile ed un sistema sociale che funziona ancora bene, le sue leggi anti-musulmani sono prese a modello da altri partiti di destra. Rappresentanti politici del centro destra tedesco, come pure dell’Est europeo, spesso si richiamano all’esperienza austriaca nell’emanare leggi contro i musulmani, da quella che ha vietato il velo integrale (burqa) del 2017, alla legge sull’Islam del 2015. La legge sui simboli sembra costituire un altro esempio di “insegnamento transatlantico”.
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