Devoir de verité: Tariq Ramadan racconta in un libro le sue prigioni e la sua innocenza

“Dal 20 ottobre 2017, data in cui fu presentata la prima denuncia contro di me, si è abbattuta una tempesta sulla mia vita. Nove mesi e mezzo di prigione e uno spietato diluvio mediatico. Questa dolorosa esperienza mi ha consentito di fare un esame di coscienza e di guardare in faccia la mia vita, il mio passato, i miei errori, le mie speranze. Queste pagine sono il racconto, essenziale, diretto e sincero, di una lunga prova e di una nuova nascita (palingenesi?). Tutto ciò non mette in discussione il messaggio religioso, umano e universale che trasmetto da tanti anni. E’ il contrario invece.”

Se e quando un editore italiano avrà il coraggio di pubblicare il nuovo libro di Tariq Ramadan, sarà questa probabilmente la IV di copertina.

Un testo lucido e appassionato, nel quale l’autore racconta l’incubo nel quale è piombato a partire da due anni orsono, quando con un’operazione ben congegnata, e frutto di una persecuzione che parte da lontano, si è trovato nella scomoda posizione di doversi difendere da una e poi due e poi una terza denuncia di stupro.

Eravamo nel pieno dello scandalo suscitato dal caso Wienstein che dette la stura a  #Me Too una campagna diffusa e potentemente sostenuta dai media che in Francia divenne #balancetonporc (denuncia il tuo porco).

Recatosi a Parigi per dare la sua versione dei fatti ai giudici che avevano in mano il dossier, è stato arrestato e trattenuto in prigione per quasi un anno in condizioni di salute precarie che si sono notevolmente aggravate per la mancanza delle cure necessarie e per la difficile condizione psicologica.

In quelle celle (Ramadan è stato tenuto in isolamento per tutto il tempo della detenzione) nella solitudine e nella sofferenza è stato scritto Devoir de veritè, il libro che è stato pubblicato in Francia nei primi giorni del settembre scorso.

Ben oltre la confutazione delle accuse (l’autore ha ammesso relazioni consensuali respingendo con forza ogni accusa di violenza), si disegna un quadro inquietante di persecuzione legale e mediatica inaudita nei confronti un’intellettuale del livello di Tariq Ramadan, sullo stato del sistema carcerario francese, sulla gestione politica del dossier che ha coinvolto uomini del establishment, la stragrande maggioranza degli anchorman d’oltralpe e che è riuscita a coinvolgere anche la comunità musulmana in Francia e non solo. 

L’ostracismo della Francia ufficiale e intellettuale nei confronti di Tariq Ramadan non è cosa nuova, a parte il grande meeting dei Musulmans de France al Bourget, erano diversi anni che non si riuscivano ad organizzare le sue conferenze per il rifiuto sistematico della concessione di sale pubbliche e spesso anche private per le pressioni delle Prefectures de Police e dei Reinsegnements Generaux (equivalenti alla nostra DIGOS).

Cionostante i suoi video erano al top nelle visualizzazioni dei giovani musulmani del Paese e la sua pagina FB ha oltre 2 milioni di follewers (poco meno dello stesso Macron).

L’Islàm che lui predica è al contempo aperto al confronto e rigoroso nei fondamenti, cioè quanto di peggio per chi lo vorrebbe assimilare a forza o con maggior forza rinchiuderlo nei ghetti urbani delle citès.

Un intellettuale del suo spessore che parlava di un “nuovo noi” e non di contrapposizione sterile, che ragionava con conoscenza e intelligenza sulle fonti dottrinali e giurisprudenziali confrontandole con la realtà del luogo e del tempo, un uomo che non si lasciava né intimidire né comprare era vissuto come intollerabile dall’integralismo laicista che pervade la politica e la cultura mainstream francese.

Non potendolo contrastare sul piano intellettuale hanno cercato di distruggerlo come persona, fino alle infamanti accuse di stupro che sono comunque praticamente annullate dalla stessa inchesta della polizia giudiziaria e se Dio vorrà saranno definitivamente sepolte dal processo, ammesso che si possa svolgere nella buona e dovuta forma e con tutte le garanzie che la legge e la procedura garantiscano alle parti in causa.

Nonostante il boicottaggio del sistema distributivo editoriale il libro è andato esaurito in tempi rapidissimi e la seconda edizione è ora in vendita nelle librerie e sulle piattaforme  delle maggiori librerie online.

Da amico ed estimatore di Tariq Ramadan, la cosa che più mi ha colpito è stata la sofferta sincerità che traspare in quelle pagine. Gestendo al meglio l’amarezza e la delusione di tanti voltafaccia imprevedibili Ramadan è riuscito portarci in quelle celle, in quelle infermerie, nei furgoni penitenziari e davanti ai suoi giudici, coinvolgendoci nella vicenda di un credente che nella sofferenza ha trovato l’orizzonte del riscatto che passa per il pentimento e per l’accettazione della prova, per quanto difficile essa possa essere.

 

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