Il sistema politico mediatico italiano è come un astronauta che torna sulla terra dopo otto anni e scopre oggi dell’esistenza della guerra in Siria. Il teatro della guerra non è però la Siria, di cui ormai ci si è scordata anche l’esistenza, ma il Kurdistan, invaso senza motivo dalle truppe del sultano turco Erdogan.
Questa visione completamente decontestualizzata e fuori dal tempo accomuna tutto l’arco politico parlamentare con diverse intensità, non c’è dialettica né opposizione mentre l’unanimismo mediatico è assolutamente monolitico.
La guerra però non inizia ora, la Siria è un campo di battaglia da otto lunghi anni, è stata devastata, martoriata, è stata terreno di battaglia dello scontro geopolitico tra due blocchi globali e numerose potenze regionali. Milioni di sfollati interni, milioni di profughi fuggiti all’estero e centinaia di migliaia di morti, intere città sventrate dai bombardamenti, un patrimonio storico, artistico ed archeologico distrutto.
Considerando che non siamo tornati dalla missione spaziale ieri, viene da chiedersi dunque perché dopo tanto e prolungato silenzio l’opinione pubblica è stata risvegliata dall’operazione “Peace Spring” compiuta da Ankara in territorio siriano.
Sia chiaro, se abbiamo amici da quelle parti, di certo non ci stanno simpatici; la narrazione ricorrente vede gli iraniani come fanatici governati da un regime teocratico e misogino, gli arabi del golfo come eccentrici tagliatori di mani arricchiti dal petrolio e i turchi ancora come quelli che assediarono Vienna e sono sempre pronti a farlo ancora, soprattutto ora che c’è il sultano e sullo sfondo svanisce il sogno della laicizzazione.
Solo la Turchia però in questi anni è riuscita a suscitare a queste latitudini tanta ostilità, a scatenare paranoie e incarnare il nemico perfetto e questo, nonostante sia tra tutti gli attori dell’area mediorientale quello culturalmente più vicino e affine a noi.
Le ragioni sono da ricercarsi nell’inconscio storico collettivo che vede in Erdogan l’erede dei sultani della Sublime Porta? O ad irritare gli europei è un paese che dovrebbe fare salamelecchi e non ne fa, anzi, ha una politica estera ambiziosa, cosa di cui noi difettiamo, e si permette di dare del tu a russi e americani?
Il fatto è che la Turchia mette in crisi il senso di superiorità europeo ed è al contempo una realtà che non può essere derubricata all’esotico in quanto Stato moderno istituito sul modello occidentale, pertanto democratico. In più è demograficamente giovane, dinamica, con un’economia che è cresciuta tantissimo negli ultimi quindici anni e vanta il secondo esercito della NATO. Tutto ciò in un paese a maggioranza musulmana? Con una classe politica che fa costante riferimento all’Islam? Questo appare qui inaccettabile, una guanto di sfida.
Possiamo accettare solo l’esotico e chi gioca in una serie minore, per il resto ci piace guardarci allo specchio e volgendo lo sguardo verso Oriente, in quel quadro terremotato e complesso del Medio Oriente, nel nostro specchio crediamo di vedere i curdi, ma non tutti i curdi. Alcuni non li conosciamo e non li vogliamo conoscere, sono i circa 17 milioni di curdi turchi i quali in tanti votano Erdogan e combattono nell’esercito turco, sono i curdi iracheni alleati della Turchia ad esempio. Nel nostro specchio ci piace rivederci nei curdi che ci hanno raccontato: sostanzialmente non musulmani, comunisti, laici, femministi ecc ecc, quelli del Rojava, del PKK e del YPG.
Loro sarebbero il baluardo dell’Occidente, quelli sono i buoni, perché sono i nostri. Anche uno come D’Alema, che di bombardamenti se ne intende, ha detto che la Turchia attaccandoli bombarda i nostri valori, i valori che vogliamo imporre agli altri aggiungo io, e quindi non ci importa di sapere più niente, questo ci basta. Non importa che la guerra sia iniziata da otto anni, che tutti in Siria abbiano fatto i propri comodi, non ci importa sapere chi viveva nelle zone che ora vengono attribuite alle milizie curde, nelle città di Raqqa e di Deir El Zor ad esempio, e nemmeno vogliamo sentir parlare di pulizia etnica a danno dei non curdi. Contro il sultano vale tutto.
C’è addirittura un cortocircuito per cui in Italia si tifa per l’opposizione laicista nazionalista del CHP senza considerare che prima dell’arrivo dell’AKP al governo i curdi in Turchia non potevano avere propri partiti, non potevano studiare la propria lingua o avere giornali e TV in curdo, o senza sapere che i laicisti di sinistra oggi appoggiano tutti le operazioni militari in Siria, perché nessun turco prende alla leggera le centinaia di attentati terroristici del PKK contro i civili.
Il cortocircuito è tale che coloro i quali hanno passato un anno intero a gridare all’emergenza razzismo contro Salvini, hanno esultato una volta che l’opposizione ha espugnato Instanbul, sempre senza sapere che il nuovo sindaco Imamoglu ha vinto in parte anche per i suoi discorsi xenofobi nei confronti dei profughi siriani.
Evidentemente è così chic e rivoluzionario postare foto di belle soldatesse curde che tutto il resto può passare in secondo piano ma almeno al governo italiano mi sento di dare un consiglio non richiesto: la Turchia deve essere un nostro alleato strategico, noi si, ne abbiamo un disperato bisogno.
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