“Dottore! Io sto bene, benissimo, mi hanno detto che sono bipolare, però io sto bene, faccio tutto, prendo questo, questo, questo e pure questo ma solo quando mi sento peggio, ma io sto bene ecco, però vorrei chiederle, insomma ogni tanto ho dei pensieri brutti, brutti, brutti.”
Poco più di 40 anni fa abbiamo chiuso i “manicomi”, non perché siamo più umani di prima, ma semplicemente perché con l’avvento dei cosiddetti psicofarmaci non c’è più bisogno della camicia di forza.
La contenzione farmacologica però, sebbene più accettabile di quella fisica, è più perniciosa di quest’ultima. Come sempre accade infatti, quando si sopprime il sintomo, ma non la causa, della malattia questa deve trovare altre vie per manifestarsi, non può svanire nel nulla, e tale è il caso per l’individuo e per la società.
Questo il punto: le terapie farmacologiche non sono delle terapie, non curano un bel niente, semplicemente sedano, addormentano, mettono il coperchio su una pentola fumante facendone aumentare la pressione interna e i suicidi ne sono i suoi terribili sbuffi. Non a caso chi entra nel tunnel difficilmente ne esce, se non con grandissimo sforzo ed intelligenza, perché certi farmaci vanno presi per sempre, come un ergastolo.
Psicofarmaci come mezzo di controllo e profitto
Ma c’è di più. Questi sedativi sono diventati né più e né meno delle droghe di uso comune, come quelle d’abuso. Vengono consigliate dal medico alla studentessa che non dorme il giorno prima dell’esame, così come all’impiegato arrabbiato per il mobbing che subisce ogni giorno sul lavoro, consentendo ad entrambi una vita più normalizzata, nel senso sinistro del termine.
Mi chiedo cosa ci sia di diverso da chi, più romanticamente, affoga i suoi dispiaceri nell’alcool. Tutte queste persone, la studentessa ansiosa, l’impiegato arrabbiato, l’alcolista triste, assumono sostanze che li aiutano a non vedere la realtà che non sopportano e che cosi mai affronteranno, un po’ come lo struzzo che, si dice, mette la testa nella terra per nascondersi dal pericolo incombente.
Gli psicofarmaci sono una piaga sociale non meno del gioco d’azzardo, dell’alcool e delle droghe, ma sono funzionali al sistema economico e quindi accettati. Di più, il loro utilizzo è di fatto assecondato dalla società che abbisogna di contenersi nei sempre più stretti e innaturali limiti che gli sta piacendo darsi. Sì perché siamo tutti responsabili di esserci piegati all’economia e al profitto a scapito della libertà e quindi della salute.
Gli zombi di Almodovar vagano con le benzodiazepine nelle tasche, chiuderne la fabbrica significherebbe svegliarli, e allora le città scoppierebbero e chissà magari ci sarebbe la rivoluzione.
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