Va da sé che parlare di diritto internazionale nelle guerre contemporanee è pura accademia e che ai belligeranti non importa granché di ignorarlo nella speranza di essere alla fine vincitori e scrivere la storia come più gli fa comodo.
Per quanto riguarda il nostro Paese, la legge 185/90 recita testualmente:
L’esportazione ed il transito di materiali di armamento sono altresì vietati
-
verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite;
-
verso Paesi la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione.
Sarà bene altresì ricordare che la nostra Costituzione è pacifista e che l’Italia “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” (art. 11).
Ciononostante, nel 2018 in nostro export di armi verso i 25 clienti principali è stato di oltre 4,6 miliardi di dollari e tra questi c’è Israele ed altri paesi in guerra o in cui la repressione delle opposizioni è feroce e sanguinaria.
Il caso di Gaza
Nel caso dell’assedio di Gaza, vero e proprio atto di guerra che si protrae nell’indifferenza internazionale da decine di anni, le vittime sono inequivocabilmente i palestinesi che stanno pagando un altissimo tributo per difendere il loro diritto di rompere quell’assedio e riappropriarsi della terra che gli è stata scippata da Israele.
Il PCHR (Palestinian Center for Human Rights), un organismo riconosciuto per l’impatto del suo lavoro umanitario, presenta un rapporto agghiacciante: dal marzo 2018, cioè da quando ogni venerdì i palestinesi manifestano per ribadire il loro diritto al ritorno, ci sono stati 214 morti ( tra cui 49 minori, due donne, 9 disabili, 4 paramedici e due giornalisti) e 14.251 feriti (3500 minori, 380 donne, 245 medici e paramedici, 215 giornalisti). Una triste carneficina il cui bilancio ancora adesso continua a crescere e che apparentemente non è stato degno di nota per i media mainstream occidentali.
I crimini dell’esercito israeliano
Tra le cose più odiose di cui l’esercito israeliano si macchia c’è l’uso di pallottole esplosive. Le sparano dalle loro postazioni sicure a ridosso di quello che considerano un confine invalicabile, sono pallottole che hanno l’atroce caratteristica di entrare e scoppiare nel corpo della vittima causando danni enormi, nella maggior parte dei casi distruggendo le ossa e invalidando per sempre. Con un termine poetico mal riposto le chiamano black butterfly (farfalle nere) e sono vietate dal diritto internazionale in questi tassativi termini:
“Le Parti contraenti concordano di astenersi dall’uso di proiettili che si espandono o si appiattiscono facilmente nel corpo umano, come proiettili con un cappuccio rigido che non copre interamente il nucleo o è forato con incisioni).”
Nella logica della guerra ha più impatto ferire e invalidare l’avversario che ucciderlo. Il ferito e l’invalido infatti hanno costo economico e umano molto più alto e potrebbero portare alla destabilizzazione della base sociale del nemico. Potrebbero, ma non a Gaza, dove non esiste alternativa.
Nessun commento