Chi sono gli Houthi, il movimento che controlla lo Yemen e tiene in scacco i sauditi.
218 obbiettivi colpiti solo nel 2019, attaccati aeroporti civili e militari: E’ il bilancio secondo fonti di Ryad riportate da Al Jazeera del lancio di missili balistici da parte del movimento sciita Houthi verso l’Arabia Saudita. E a finire sotto il fuoco degli Houthi non sono solo gli aeroporti.
Colpiti anche Jedda e la capitale Ryad. Gli Houthi, con un esercito nello Yemen di circa 100-120mila uomini e importanti dotazioni militari tra le quali droni, missili balistici dalla gittata di 600 km, stanno minacciando la sicurezza dell’Arabia Saudita e dei paesi del Golfo.
Il movimento sciita Houthi nello Yemen
Il movimento nasce nel 1992 a Saada, nella regione yemenita a nord del paese al confine con l’Arabia Saudita. A creare il movimento è Muḥammad Al Houthi e nasce col nome di “Gioventù credente”: Organizzazione sciita dedita alla promozione di campi estivi e circoli scolastici di sostegno agli studenti.
Si stima che negli anni tra 1994–1995, circa 15–20.000 studenti abbiano frequentato i campi estivi del movimento. Per quanto in parte differenti dallo sciismo iraniano, gli sciiti Houthi sono ideologicamente vicini all’Iran, accomunati dallo scontro storico con il Wahhabismo saudita e da un marcato anti-americanismo.
Fin dalla loro nascita gli Houthi hanno denunciato sistematiche discriminazioni da parte delle autorità centrali verso la minoranza sciita, che su una popolazione di 24 milioni, rappresenta circa il 10%: 2,4 milioni.
I primi scontri nel 2003
Pur continuando nel lavoro sociale e ed educativo, il movimento inizia ad agire anche politicamente. Dopo l’intervento americano in Iraq nel 2003 infatti scoppiano manifestazioni nella capitale Sanaa promosse dal movimento sciita che oltre a scandire slogan anti-americani, accusano il Presidente Saleh di essere traditore e di sostenere l’invasione americana.
Forti scontri con la polizia si registrano nella capitale e nelle città vicine e il bilancio è di decine di feriti e 800 membri del movimento arrestati dalle forze di sicurezza. il 18 giugno 2004 i servizi yemeniti arrestano Ḥusayn al Houthi, tra i fondatori del movimento, e scoppia la rivolta armata contro il governo di Saleh, che terminerà solo in Settembre, col cessate il fuoco. Husayn intanto, rilasciato dalle autorità nel 2004, rimarrà ucciso poco dopo in scontri con le forze di sicurezza.
Dagli slogan alle armi
Ma è con la primavera araba del 2011 che il movimento Houthi cresce e inizia ad imbracciare le armi e a controllare parti del territorio. Il vento delle rivolte in Tunisia, Egitto, Libia e Siria arriva anche nello Yemen controllato col pugno di ferro da Ali Abdallah Saleh, sostenuto dall’Arabia Saudita.
Gli Yemeniti, che scendono in piazza a milioni, chiedono di rinnovamento politico e libertà, e puntano il dito contro il dittatore yemenita accusato di corruzione.
Gli Houthi rappresentano una fetta importante della rivolta popolare e infatti alla proposta promossa dal Consiglio di cooperazione del Golfo di far entrare gli Houthi in un governo di coalizione in cambio dell’immunità di Saleh, i dirigenti del movimento rifiutano: è l’inizio della guerra civile.
Combattimenti tra Houthi e forze governative
Nel Novembre 2011 iniziano i primi cruenti scontri tra i Houthi e l’esercito yemenita. A cadere nelle mani dei ribelli sono le regioni nordiche di di Ṣaada e al-Jawf oltre a controllare nei mesi successivi anche l’area di Ḥajja, zone strategiche per lanciare un attacco diretto da nord sulla capitale Ṣaana. A sostenere i Houthi sono l’Iran, la Russia e la Corea del Nord, che grazie agli approvigionamenti provenienti dall’estero riescono a gestire armi pesanti tra i quali mortai, missili balistici, carri armati. Nel Gennaio 2015 i Houthi attaccano la capitale e prendono il controllo del Palazzo Presidenziale, mentre il Presidente Hadi riesce a fuggire verso Aden, nominata capitale provvisoria. Saleh invece, il precedente Presidente, rimane ucciso nel tentativo di fuga dalla capitale yemenita durante feroci scontri.
Coalizione araba contro Huthi e le accuse delle Ong
Il 25 marzo 2015, per fermare l’avanzata degli Houthi, 150 000 uomini delle forze di terra e 100 aerei dell’aeronautica militare dell’Arabia Saudita – forte del sostegno di 10 Paesi arabi (quelli del Golfo, oltre che a Egitto, Sudan, Marocco e Giordania) colpiscono le posizioni degli Houthi nello Yemen nel tentativo di riportare al potere Hadi (riparato nel frattempo a Ryad).
Nell’ottobre 2015 Amnesty International ha diffuso un rapporto nel quale accusa l’Arabia Saudita di crimini di guerra in Yemen, in particolare per l’uso di bombe a grappolo e bombardamenti di scuole ed altri obiettivi civili, soprattutto nel governatorato di Ṣaada, controllato dagli Houthi.
L’Arabia Saudita avrebbe bombardato due cliniche di Medici senza Frontiere nel paese mentre secondo l’Onu la guerra in Yemen è una delle più gravi crisi umanitarie che se non fermata causerà nel giro di pochi anni la morte per fame e violenza di mezzo milione di persone oltre allo sfollamento di decine di migliaia.
Missili su Ryad, Jedda e Abu Dhabi
In risposta alle operazioni militari della Coalizione araba in yemen, gli Houthi hanno dal 2015 ad oggi lanciato centinaia di missili a breve e lunga gittata che hanno colpito l’aeroporto civile “Re Abdel Aziz” e l’aeroporto militare ”Fahd” a Jedda, distanti circa 800 km dal territorio yemenita.
Droni dotati di missili hanno colpito nel 2018 l’aeroporto di Abu Dhabi, negli Emirati Arabi, che dista più di mille 1000km dalla capitale yemenita Sanaa. La guerra intanto continua con decine di morti ogni giorno.
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