Un’opera che ha il coraggio di mostrare Goethe compenetrato nella vita e nell’opera dal messaggio del Nobile Corano durante l’intero arco della sua vita.
Se non fosse completamente anestetizzata, incapace di sentire la ferita a lei inferta dall’ultimo lavoro scritto a quattro mani da Francesca Bocca Aldaqre e Pietrangelo Buttafuoco, la nostra società rischierebbe di esserne toccata nel proprio punto di rottura e cedere quindi frantumata in mille pezzi.
Che tutto ciò non avvenga rappresenta la prova che l’islamofobia diffusa è frutto di una umanità strisciante che non può incontrare ciò che non percepisce, cosi come non si possono ne vedere ne toccare i fantasmi.
“Sotto il suo passo nascono i fiori”, edito da La nave di Teseo, è un lavoro importante, che con la sua lievità arriva a mettere in discussione tutto, il passato, il presente e in modo sorprendente apre scenari futuri rivoluzionari.
Lavoro sapiente, profondo, certosino che ha il coraggio di raccontare qualcosa che finora si era forse solo sussurrato nei corridoi delle università e che solo pochi tra i più attenti avevano letto tra le righe.
Un’opera che ha il coraggio di mostrare il grande maestro compenetrato nella vita e nell’opera dal messaggio del Nobile Corano durante l’intero arco della sua vita, tanto che se non fosse per la ricchezza dei riferimenti e la puntualità delle fonti si stenterebbe a credervi.
La critica di Goethe all’idea di scienza imperante al suo tempo è quanto mai attuale, già questa sola osservazione dovrebbe farci riflettere: “Una scienza non progredisce sempre. Essa spesso si arresta, o addirittura retrocede”.
A tutto questo dividere, catalogare, sminuzzare, estrapolare nell’illusione di oggettività tipica del positivismo ma anche attuale, il maestro contrappone una scienza che non scotomizza dal proprio panorama l’osservatore ma cerca “di seguire i fenomeni fino al loro luogo di origine”, cerca di unire, cerca il senso delle cose.
Goethe vive il Tawhid, (l’unicità di Dio), né è compenetrato, il suo pensiero procede coerentemente dall’idea dell’Uno da cui tutto proviene e che tutto unisce: “Tutto diventava uno, tutto nasceva dall’uno e ritornava all’uno”. Goethe in questo sua operazione spiega il Tawhid a e con il linguaggio dell’occidente.
L’Islam di Goethe con la maturità, che come lui stesso scrive, si libera da quanto in esso c’è di orientale o passionale, come il serpente si libera dalla propria pelle, arriva al cuore dell’Islam, ne estrae la sua quintessenza, mirabilmente spiegata nel libro, segna quindi un percorso nuovo, possibile, tratteggiato dal poeta, di un Islam Europeo, “mitigato dai cieli del Mediterraneo”, un Islam che cosi come ha già saputo declinarsi in tutte le latitudini, trova anche in Europa una possibile forma e identità autoctona.
Non a caso chi come l’autore del Faust ha conosciuto l’islam non dalla nascita, rivive tramite il racconto del Libro il brivido dolcissimo della scoperta, dell’apertura a se stessi, dell’abbandono a Dio.
Elencare tutti i meriti dell’ultimo lavoro di Buttafuoco e Bocca Adaqre non è cosa facile, esso racconta qualcosa di nuovo e lo fa bene e con ingegno.
Dar voce al Mefistofele del Faust non solamente rievoca la dimensione sacra dell’opera del poeta e la sua tensione spirituale, ma sarà anche l’occasione per un’ulteriore strabiliante rivelazione: il Demonio del Faust anch’egli non è altro che lo Shaytan della cosmologia Islamica.
Il frutto delle riflessioni e quindi l’opera di Goethe sono quelle di un uomo che “non interroga il proprio tempo ma l’Eterno” ed è per questo che esse hanno attraversato i secoli senza perdere la loro forza.
In esse c’è qualcosa di profondamente umano e vero che non potrà che far risuonare sempre i cuori dei cercatori di verità: “Se Islam significa abbandono a Dio, nell’islam viviamo e moriamo tutti”.
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