Il Canto a Muhammad è scritto da Goethe quando, appena ventenne, si avventura nella lettura del Corano e ne rimane folgorato. Lo annota, lo traduce, ne fa poesia e perfino tragedia.
Il Canto, infatti, nasce come parte di un progetto ambizioso, una tragedia il cui protagonista doveva essere il Profeta Muhammad (pbsl). Non fu mai terminata, ma ne rimangono alcune pagine tra il lascito del poeta, in grado di darci un’idea dell’opera.
Goethe immagina, nell’apertura, un monologo di Muhammad che osserva la natura e cerca Dio. Dalle stelle, alla luna, al sole, il giovane è infine guidato all’adorazione dell’Unico. La base di questo crescendo è la storia di Abramo nel Corano, che contiene uno dei pinnacoli lirici del Libro: “non amo coloro che tramontano” (6:76). Chiunque conosca Goethe non può non vedere, nel Muhammad che cerca Dio nella natura, anche lo stesso poeta che investì i suoi studi naturalistici di un vivissima forza spirituale.
L’altro frammento pervenuto della tragedia è un dialogo tra Muhammad e Halima – nella tradizione musulmana la sua balia a Mecca – nel quale Muhammad, ormai Profeta, predica la sua religione e cerca di comunicare alla sua amata nutrice ciò che prende forma nel suo animo. Ovviamente, non ottiene la conversione di Halima, intrappolata in un culto politeistico dell’apparenza.
L’ultimo brano della tragedia è la lirica che oggi conosciamo come il Canto a Muhammad. La versione originale era un dialogo tra Ali e Fatima, una celebrazione gioiosa della missione Profetica. Goethe rielaborò più tardi questa lirica rendendola un canto senza alternanza di voci.
Nel Canto, il Profeta è un fiume. Si tratta di una similitudine nuova nella letteratura mondiale, ed è con la forza di un fiume che Muhammad conduce i suoi seguaci “i suoi tesori, i suoi figli” alla meta: “al creatore che aspetta, col cuore in tumulto, in gioia d’amore”.
Guardate la fonte – luminosa di gioia –
Come un occhieggiare di stelle
da sopra le nuvole.
La sua gioventù la nutrirono buoni spiriti
Tra macigni e cespugli.
Essa, la fonte, di sé fa specchio
alla luce che penetra
attraverso le nuvole giù dall’infinito
e la luce rimbalza sulle rocce
di marmo verso il cielo.
Poi la fonte diventa corso d’acqua
e fra i canaloni delle vette essa è in cerca
di colorate pietruzze;
essa procede con veloce andatura
come si conviene alla guida
e strappa alle sorgenti sue sorelle
il segreto della purezza originale,
portandolo in sé.
Giù nella valle
Sbocciano fiori sotto i suoi passi
E il prato vive del suo respiro.
Essa discende verso il suo destino
E nessuna valletta, nessun fiore,
di quelli che, avvolgendogli le ginocchia,
lo lusingano con occhi amoreggianti,
riescono a fermarlo.
Verso la pianura il corso d’acqua discende
Seguendo il serpeggiare del sentiero montano.
Lungo il percorso altri ruscelli si uniscono a lui
Ed ecco che con argenteo splendore
Esso entra nella pianura e la pianura risplende con lui.
Esultano tutti i corsi d’acqua della pianura
E i ruscelli della montagna lo chiamano; “Fratello,
porta con te i tuoi fratelli all’oceano infinito,
che a braccia aperte ci aspetta.
Fa’ che le sue braccia aperte per accogliere
Tutti coloro che anelano a lui
Più non lo siano invano! Deh! Salvaci…
L’arida sabbia del brullo deserto ci divora,
il sole spietato di lassù la nostra vita succhia
e un collina di paure il nostro corso impedisce,
spingendoci a morire in uno stagno.
Fratello, prendi con te i fratelli della pianura,
prendi con te i fratelli della montagna
guidaci all’oceano!”.
“Venite, voi tutti!” egli risponde e maestoso si gonfia.
Una nuova umanità
porta in trionfo il suo principe,
che nella sua corsa travolgente
dà nomi nuovi a Paesi
e città nuove sorgono
dove egli passa e inarrestabile trascorre,
lasciando dietro sé
svettanti torri fiammeggianti
e case di marmo,
che della sua pienezza sono creazione.
Case di cedro porta l’Atlante
sulle sue spalle di gigante
E sibilanti sventolano sulla sua testa
Mille bandiere nell’aria, testimoni
Della sua magnificenza.
Così egli porta i suoi fratelli, i suoi tesori.
I suoi bambini
spumeggianti di gioia nel cuore
Al Creatore in attesa.
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