Vaccinazioni obbligatorie: Diritto allo Studio prevale sull’Emergenza Sanitaria, che non c’è

Il Decreto Lorenzin non è una norma sanitaria per l’accesso a scuola, ma è una legge che obbliga le famiglie a vaccinare i bambini indipendentemente dal fatto che esse vogliano iscriverli al nido o alla materna, ed anche se assolvessero all’obbligo scolastico dai 6 ai 16 anni mediante l’istruzione domestica, una legge pensata per un’emergenza sanitaria che non c’è. 

Il Decreto Lorenzin sulle Vaccinazioni (D.L. 73/17 più L. 119/17) è giunto al suo terzo anno scolastico di applicazione, quello in cui era previsto che la norma andasse a regime dopo due anni di faticosa transizione, ma è anche l’anno in cui la norma stessa prevede che si faccia il punto sulla necessità di proseguire con le pesanti misure emergenziali introdotte nell’estate del 2017.

Rimarrà comunque a lungo nella memoria il caotico avvio in cui i dirigenti scolastici e le famiglie seppero durante le vacanze estive che a settembre ci sarebbero state delle significative novità alcune delle quali ad oggi lontane dalla piena comprensione, come si evince anche dagli articoli giornalistici scritti per questo inizio anno scolastico. Sfugge a molti infatti che il Decreto Lorenzin non è una norma sanitaria per l’accesso a scuola, ma è una legge che obbliga le famiglie a vaccinare i bambini indipendentemente dal fatto che esse vogliano iscriverli al nido o alla materna, ed anche se assolvessero all’obbligo scolastico dai 6 ai 16 anni mediante l’istruzione domestica (prevista dalla Legge 76/2005, art. 1 comma 4).

Solo una piccolissima parte della legge sull’obbligo vaccinale è relativa al fatto che assolvere ad esso è anche un requisito per l’iscrizione agli asili nido ed alle scuole materne (una parte piccola della legge ma, come vedremo, molto strategica). Non è vero inoltre che per l’iscrizione alle scuole elementari e medie è sufficiente pagare una multa, perché semplicemente dalle elementari in poi scompare l’obbligo vaccinale come requisito per l’iscrizione scolastica.

La sanzione prevista deve infatti essere irrogata a chiunque non vaccini i propri figli (o i bambini di cui è tutore), anche se questi sono in età da asilo nido ed anche se li si tiene a casa. Negli asili nido e nelle scuole elementari ai bambini non vaccinati l’iscrizione viene negata indipendentemente dal fatto che sia scattata o meno questa sanzione, dalle scuole elementari in poi invece i bambini non vaccinati possono essere regolarmente iscritti anche se si è arrivati alla sanzione comminata dalla legge (da 100€ a 500€) ed anche se il pagamento non viene effettuato.

Questa netta dicotomia non è dovuta al fatto che al compimento dei 6 anni le difese immunitarie del bambino s’impennano per magia. Semplicemente, la forzatura normativa di ottenere la copertura vaccinale desiderata facendo leva sulla necessità delle famiglie di mandare i bambini a scuola anche prima che compiano un anno (per il dilagante modello familiare bireddito), non può persistere nel momento in cui sussiste il diritto allo studio di chi è nell’età dell’obbligo scolastico. Se invece ci fosse un’emergenza sanitaria nazionale (che non c’è) possiamo essere certi che davanti alla tutela della collettività non reggerebbe alcun diritto individuale.

Nel caso infatti in cui un bambino presenti segni che potrebbero essere riferiti ad una malattia, oppure la pediculosi (i pidocchi), il dirigente scolastico deve predisporre il suo immediato allontanamento dalla scuola, il genitore o chi ne fa le veci deve tempestivamente andare a prendersi il bambino, e nel tempo di attesa che arrivi il genitore questo bambino dovrebbe anche essere tenuto lontano dagli altri. L’essere vaccinato non rientra tra i requisiti del bambino sano, e nemmeno tra quelli del bambino che non costituisce pericolo sanitario per gli altri. Infatti, il bambino non vaccinato ha diritto a frequentare la scuola dell’obbligo così come i bambini vaccinati (anche se la sua famiglia non paga la sanzione per non averlo fatto vaccinare).

Ma allora, chi ha il compito di far rispettare l’obbligo vaccinale? La legge su questo parla chiaro, è uno specifico compito delle ASL che hanno il dovere di convocare le famiglie per far loro rispettare il calendario vaccinale previsto dal Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019, a cui il Decreto Lorenzin fa esplicito riferimento essendone la norma che ne deriva. Questo piano prevede un preciso “diagramma di flusso” (foto) delle convocazioni e dei solleciti che le ASL devono inviare alle famiglie dei bambini “vaccinandi” prima di arrivare alla “gestione del rifiuto” esplicito o alla segnalazione dei “residenti non reperibili”.

In questo processo la scuola non c’entra niente e non è mai menzionata nel diagramma, l’obbligo vaccinale è in capo alle famiglie ed il monitoraggio del rispetto di quest’obbligo è compito delle ASL. Nella pratica però se non si manda i bambini a scuola prima delle elementari la ASL di riferimento non si occupa delle loro vaccinazioni.

Chi ha vaccinato i propri figli sa che ad ogni appuntamento con la punturina c’è da firmare il consenso informato per quella specifica iniezione, ed in caso di vaccino combinato (come l’esavalente) la firma è da apporre per ogni singola componente dell’iniezione. Prima del Decreto Lorenzin questo momento era come quelli in cui si firma il consenso per il trattamento dei dati personali, cioè un atto proforma. Chi ha memoria ricorderà anche il linguaggio da bar di molti pediatri di base, nonché dei medici dei centri vaccinali, che chiamavano “obbligatori” tutti i vaccini a carico del Servizio Sanitario Nazionale, mentre quelli a pagamento erano “fortemente consigliati, soprattutto se mandate il bambino al nido, che là contrarrebbe di tutto” (disinformazione più terrorismo psicologico).

In pratica, i medici del Servizio Sanitario Nazionale fino a luglio 2017 si esprimevano come i contadini analfabeti di un secolo fa, e su questo tema l’attenzione media delle famiglie era bassa. Ora, con il brutale Decreto Lorenzin sull’obbligo vaccinale, e con l’attenzione che il decreto ha inevitabilmente suscitato, sarebbe complicato dare la corretta informazione ad ogni iniezione e gestire le obiezioni di genitori che, davanti all’informativa sui possibili danni causabili da un vaccino, e ricordando di essersene stati felicemente a letto col morbillo quando erano piccoli, potrebbero replicare dicendo che: “sono qui perché obbligato ad esserci, ma ti faccio vaccinare il bambino se tu medico dichiari che te ne assumi la responsabilità”.

Caso vuole però che il calendario vaccinale preveda il più delle iniezioni in età da asilo nido e da scuola materna, e che queste non siano scuole dell’obbligo (il nido non è neanche scuola) ma per la famiglia italiana media sono ormai come i beni e servizi essenziali. Ed allora sarà sembrato furbo rendere le vaccinazioni obbligatorie requisito per l’iscrizione scolastica sotto i 6 anni. La necessità di avere dove parcheggiare i bambini a partire dai 3 mesi di vita abbassa di molto la soglia di scrupolosità delle famiglie nel momento del consenso informato che è rimasto così un atto proforma come prima del Decreto Lorenzin.

Siamo ben lontani dal rendere questo consenso informato degno di un paese civile come tra l’altro previsto dalla stessa legge. C’è infatti una parte significativa della norma che viene disattesa e che prevedrebbe campagne di comunicazione, informazione e formazione dell’utenza e del personale medico e paramedico addetto, ma si è scelta la via all’italiana. Per poter attuare lo stratagemma di massa sopra descritto al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin è stato necessario l’appoggio del Ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli (un diploma preso in due, col quale qualcuno crede che si sia seguita la scienza!).

Per la chiusura perfetta del cerchio serviva comunque un diversivo mediatico, qualcosa che catalizzasse l’attenzione del popolo su “altro” rispetto alla legge, ed è una dinamica questa che la politica ha sempre saputo gestire. Nel 1948 pare che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giulio Andreotti avesse chiamato personalmente il ciclista Gino Bartali che era al Tour de France con scarsissime possibilità di vittoria. Andreotti avrebbe salutato Bartali per poi passargli il Presidente del Consiglio Alcide De Gaspari che gli avrebbe chiesto di provare a tutti i costi a vincere la tappa del giro in programma “per evitare la guerra civile” in Italia .

Era stato appena compiuto un attentato ai danni di Palmiro Togliatti, segretario del Partito Comunista, ed erano prevedibili grossi disordini. Il ciclismo allora era uno sport seguitissimo in Italia, più del calcio, e quel giorno una vittoria di Bartali avrebbe potuto fungere da diversivo sociale. Quella telefonata è stata poi anche smentita, fatto sta che Gino Bartali vinse quella tappa, iniziando la sua storica ascesa per la vittoria finale che sembrava definitivamente compromessa fino a quella leggendaria telefonata, e di disordini nel paese non ce ne furono (chissà se la violenza sugli stadi oltremodo tollerata non sia considerata un’alternativa a quella che si ritiene potrebbe essere esercitata in maniera più diffusa sul territorio urbano).

Nell’era dei social network questi diversivi sociali devono necessariamente avere le proporzioni del caos mediatico, che prevede lo schema del tutti contro tutti nel mucchio selvaggio, e la politica sa benissimo cosa dare in pasto al pubblico 2.0. La norma coercitiva sulle vaccinazioni, entrata in vigore a luglio 2017 con effetto immediato, ha generato da subito alcuni mostri mediatici tra cui: 1) la contrapposizione web tra scientisti e complottisti.

In un paese come l’Italia che in Europa ha il più altro tasso di analfabetismo funzionale  e la peggiore conoscenza della lingua inglese , la gente si è misurata on-line sul contenuto di pubblicazioni scientifiche in inglese, focalizzando tra l’altro l’attenzione sulla sicurezza dei vaccini (altro tema spinoso) e non sulla necessità di una misura emergenziale come quella introdotta; 2) la comparsa sulla scena pubblica di figure mediche come il prof. Burioni convinto di essere perseguitato “per aver sfidato e sconfitto sul web l’ignoranza” , merito che si è attribuito riuscendo a non essere sottoposto ad un TSO; 3) gli slogan elettorali per le elezioni politiche 2018 del tipo “vota la scienza, scegli il PD”

Si è quindi passati rapidamente da una diffusa antipolitica al voler essere governati da una non meglio definita scienza imposta da una legge che è credibile quanto un diploma preso in due. Così come abbiamo continuato a dichiararci fervidi anti-fascisti ma ripetendo il mantra “la scienza non è democratica” (inno del prof. Burioni). La questione è evidentemente non scientifica ma politica e normativa, oltre che culturale e cognitiva. Sul il rapporto tra scienza e politica rimandiamo ad un’ulteriore lettura quanti (statisticamente molti analfabeti funzionali) hanno dichiarato di aver letto le pubblicazioni scientifiche (che non c’entrano nulla con la legge in questione).

Suggeriamo il libro Scienza E’ Democrazia – Come funziona il mondo della ricerca  dell’immunologa Maria Luisa Villa secondo la quale “Tutti stanno con la scienza. Qui parliamo però di applicazioni della scienza… Lo scienziato può dire la sua sulla ricerca, ma per stabilire se un rischio è accettabile devono essere coinvolti i decisori politici” e sull’epopea di Burioni ha detto “questa è roba da scientismo. Non si fa più così. Bisogna sottrarre la scienza a questo tipo di strumentalizzazione… Molti scienziati hanno paura ad esprimere dubbi su questo o quel vaccino, perché se lo fanno vengono immediatamente inserite nei ranghi dei no-vax. La pacata espressione di dubbi mirati a qualche particolare problema basta a farsi etichettare come no-vax… La scienza non può impancarsi ed essere com’era all’epoca dello scientismo in auge fino ai primi decenni del Novecento” . A proposito dei primi decenni del novecento e del nazi-fascismo è interessante notare che in Europa solo l’Italia e la Germania, accomunate da queste nefandezze storiche, hanno subordinato l’iscrizione scolastica alle vaccinazioni 

Tornando alle storture giuridiche del Decreto Lorenzin coperte dalla fuffa mediatica che esso stesso ha scatenato, si può comunque suggerire una via d’uscita politica. La stessa legge prevede infatti una revisione triennale della necessità di quest’obbligo vaccinale iper-estensivo. Il Ministro della Sanità Roberto Speranza potrebbe mettere fine entro l’estate a questo mostro normativo che prevede 100€ di multa per chi contravviene ad un obbligo scaturito da un’emergenza sanitaria che non c’è (sarebbe ridicola una sanzione di 100€ per chi si sottrae agli obblighi di un piano di emergenza nazionale).

O almeno, di concerto con il Ministro per l’Istruzione Lorenzo Fioravanti e come pare si stia già tentando , il Ministro della Sanità potrebbe eliminare l’obbligo vaccinale dai requisiti per l’iscrizione agli asili nido e alle scuole materne. E questo anche e soprattutto per far funzionare correttamente le ASL in materia di controllo sanitario del territorio e di corretta gestione del consenso informato, cioè senza scaricare sulla scuola e sulle famiglie le endemiche inefficienze e le arretratezze strutturali del sistema Italia.

Sarebbe molto importante non distogliere l’attenzione delle famiglie dal diritto ad una corretta informazione che ora viene barattato con una necessità di vita stringente. Le sproporzioni di questa norma sono vistosissime, basti pensare alla spesa del Servizio Sanitario Pubblico per questa medicina preventiva di massa, mentre scarseggiano invece le risorse per i malati gravi come quelli oncologici. Eppure anche nelle azioni legali si è tanto insistito sui danni da vaccino, tema importantissimo che merita un approfondimento extra Burioni, ma a mio avviso punto non centrale per il contrasto al Decreto Lorenzin.

Non mi resta che augurare buona scienza a tutti, soprattutto agli analfabeti funzionali!

 

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