I documenti pubblicati dal New York Times che hanno smascherato la macchina di oppressione cinese nei confronti dei musulmani hanno portato a molte reazioni.
Soprattutto ci si è chiesti cosa si potesse fare al riguardo; Azeem Ibrahim, ricercatore per il Strategic Studies Institute presso l’US Army War College e direttore presso il Center for Global Policy di Washington, si chiede in un’analisi pubblicata su Foreign Policy
«Cos’è pronta a fare la comunità internazionale a proposito ? »
Reuters riporta il commento di Shiver, uno degli assistenti al Segretariato della Difesa americano, sui numeri e la gravità dell’oppressione cinese.
“Il Partito Comunista (cinese) sta usando le forze di sicurezza per la prigionia di massa dei musulmani cinesi nei campi di concentramento“, ha detto Schriver a un briefing del Pentagono durante una discussione più ampia sull’esercito cinese, stimando che il numero di musulmani detenuti potrebbe essere “più vicino a 3 milioni di cittadini”.
Considerando che il numero di Uighuri a Xinjiang è di circa 10 milioni, la percentuale di musulmani nei campi di concentramento si potrebbe aggirare intorno al 30%.
I documenti rilasciati dal New York Times rivelano che già dal 2014 il Segretario Generale del partito comunista cinese Xi Jinping mirava ad una strategia di “armonizzazione” per eliminare tutte le ideologie interne differenti da quella del partito e l’Islam ovviamente era già in cima alla lista. Dopo 5 anni, le torture, le violenze e i vari documenti, testimonianze e materiali mediatici hanno dimostrato la reale portata del piano di Xi.
Sul da farsi al momento c’è ben poco da dire purtroppo. Qualsiasi intenzione da parte dell’ONU di intervenire verrebbe bloccata dal veto della Cina. Anche un intervento diretto militare non è un opzione in quanto l’influenza militare ed economica cinese porterebbero a ripercussioni più gravi.
Una delle opzioni che rimane valide è quella di un’investigazione da parte della Corte Penale Internazionale, non difficile da formalizzare viste le chiare prove di violazione di diritti umani e di oppressione che molti Stati hanno già riconosciuto. In tal modo abbastanza pressione potrebbe essere creata tale da portare ad un impatto positivo.
Nonostante sia improbabile che alcuni Stati quali la Russia appoggino una tale pressione sulla Corte Penale Internazionale, l’impatto di una tale iniziativa porterebbe sarebbe attraente per molti Stati che ambiscono ad arginare l’influenza sempre più forte della Cina.
L’interesse geopolitico potrebbe avere un risvolto positivo per i milioni di musulmani oppressi dal regime comunista, al riguardo il professor Azeem Ibraim sostiene che tale intervento è improbabile che venga dagli Stati arabi in quanto essi sono ormai troppo influenzati dal gioco economico e debitorio cinese.
Nessun commento