“Penso che la cosa principale che un musicista vorrebbe fare sia dare all’ascoltatore un quadro delle tante cose meravigliose che conosce e sente nell’universo. Questo è ciò che la musica è per me: una delle maniere di dire che l’universo in cui viviamo, che ci è stato dato, è grande e bello.”
John Coltrane, intervista a Down Beat, 12 aprile 1962
John Coltrane nasce nel 1926 ad Hamlet nel Nord Carolina, uno stato del sud degli Stati Uniti. Ebbe un’infanzia, fino alla morte del padre avvenuta quando aveva solo 13 anni, tutto sommato serena. Da ragazzo non dimostra un particolare talento musicale, anzi, pare che fosse piuttosto stonato. Tuttavia ben presto la musica comincia ad attrarlo e entra a far parte della locale banda dei boy scout. Il primo strumento col quale comincia far pratica è il flicorno contralto; strumento che gli viene appioppato perché pare che nessun altro lo avesse voluto.
Nulla allora poteva far prevedere che quel ragazzone un po’ introverso sarebbe diventato uno dei più grandi musicisti jazz del secolo scorso. Ben presto il suo insegnante si accorse che John studiava e si applicava con profitto, per questo pensò di premiarlo e nella banda gli affidò il clarinetto, uno strumento decisamente più importante del flicorno contralto.
Nell’autunno del 43, seguendo la madre, si trasferì a Filadelfia, in Pennsylvania, e trovò lavoro in una raffineria di zucchero, ma l’amore per la musica non lo abbandonò e sua madre gli regalò un sax alto. Benché in seguito, spinto da un’intensa passione per la ricerca musicale, abbia utilizzato e studiato le possibilità espressive di altri strumenti, Coltrane è stato sostanzialmente un sassofonista, un grandissimo sassofonista.
Il suo esordio nel mondo del jazz a cavallo fra la fine dei quaranta e l’inizio dei cinquanta del secolo scorso lo vede impegnato in varie band. Suonerà al fianco di personaggi del calibro di Miles Davis, Thelonius Monk, Dizzy Gillespie, ma la sua non è semplicemente la storia di un musicista, per quanto grandissimo.
La sua vicenda artistica e umana, conclusasi precocemente ad appena quarant’anni, presenta caratteri di assoluta peculiarità; Coltrane è per certi versi un mistico che ha fatto della musica il mezzo che gli ha consentito di scalare il cielo, lo strumento che ha utilizzato per andare in cerca di assoluto.
Fino al 1957 la sua storia è la storia di un musicista jazz simile a quella di molti altri. Il mondo artistico e soprattutto il mondo del jazz statunitense del dopoguerra è un mondo dove i personaggi che lo popolano sfuggono raramente al solito cliché dell’artista geniale e però anche dannato. Charlie Parker giudicato dalla critica un genio assoluto, un autentico marziano con in mano un sassofono, per l’abuso di alcol e droga morì nel 1955 a trentaquattro anni, ma il medico che venne a constatarne il decesso pensò di avere a che fare col cadavere di un anziano.
E Coltrane non si discosta da quel cliché: beve molto, mangia e tende ad ingrassare, ma soprattutto cade nella trappola della droga; l’eroina diventa per lui una compagna assidua ed esigente. Per il suo amore dei dolci si era rovinato i denti e l’eroina gli faceva passare il mal di denti e lo faceva star bene.
Il 1954 è il suo anno peggiore. Non riusciva a trovare ingaggi decenti e la schiavitù dell’eroina si faceva sempre più asfissiante, ma proprio in quell’anno avvenne uno degli incontri più importanti della sua vita: conobbe Juanita Grubbs una donna che dopo essersi convertita all’Islam avrebbe assunto il nome di Naima. Naima sarebbe in seguito diventata sua moglie. Non solo Naima ebbe un ruolo nella formazione spirituale di John Coltrane, in precedenza il sassofonista William Evans, divenuto musulmano col nome di Yusef Lateef, lo aveva introdotto alla lettura del Corano.
Nel 1957, si chiude in una stanza e passa giornate intere digiunando e bevendo solo acqua. Fu questo il modo che scelse per disintossicarsi e liberarsi dalla schiavitù dell’eroina. In seguito non avrebbe toccato più né alcol né droga. Una volta vinta questa battaglia, questo gigante si appassionerà sempre di più allo studio di testi religiosi; leggerà con passione testi islamici, ma anche cristiani, indù e buddisti. Per lui ricerca filosofica, religiosa e musicale vanno di pari passo. Studia con passione anche la musica orientale, in particolare quella di Ravi Shankar.
Questa ricerca lo porta a sperimentare nuove armonie, la sua musica diventa sempre più innovativa e tecnicamente complessa, i critici parleranno di sheets of sound, letteralmente di lastre di suono, e ascoltandola si avverte un fondo di dolcezza e di malinconia; malinconia coltraniana che è la cifra stilistica che lo distingue nettamente da tutti gli altri grandi jazzmen americani del suo tempo.
Il 15 settembre del 1963 una bomba piazzata da elementi del Klu Klux Klan nella chiesa Battista di Birmingham in Alabama uccise quattro bambine afroamericane di età compresa fra gli undici e i quattordici anni. John Coltrane compose per ricordare quel tragico avvenimento un brano musicale di pochi minuti, che intitolò Alabama: brano musicale che per struggente, dolorosa intensità è entrato a far parte, insieme a molti altri di questo artista, nella storia del Jazz.
Ma il punto di svolta decisivo nel suo percorso umano e musicale è rappresentato dall’album A Love Supreme, uscito nel febbraio del 1965 e accompagnato da Jimmy Garrison (contrabbasso), Elvin Jones (batteria) e McCoy Tyner (pianoforte).
Questa è l’opera che rappresenta il punto di approdo di tutta la sua vita musicale e spirituale. Ascoltandola sembra che Coltrane ci dica: ecco, qui è dove tutta la mia vita, tutti i miei sforzi mi hanno portato. È stato detto che dopo A Love Supreme il jazz non sarà più lo stesso. Il disco ebbe anche, pur essendo un’opera jazz, e questa musica non è mai stata un fenomeno di massa, uno straordinario successo commerciale; se ne vendettero nel mondo 500.000 copie. Nelle note di accompagnamento sulla copertina del disco, Coltrane scrive così:
Caro ascoltatore:
Ogni lode è a Dio, Colui al Quale Ogni Lode è Dovuta.
CerchiamoLo nel giusto sentiero. Perché è vero; “cercate e troverete”. Solo per mezzo Suo potremo conoscere il più meraviglioso dono (bequeathal)
E poi ancora:
“Nel 1957 sperimentai, per grazia di Dio, un risveglio spirituale che doveva condurmi a una vita più ricca, più piena, più produttiva. In quel tempo, per gratitudine, chiesi umilmente di avere il privilegio di rendere felici gli altri con la musica. Sento che mi è stato accordato dalla Sua grazia, OGNI LODE A DIO”.
Nel trascorrere del tempo, passai attraverso un periodo di indecisione. Entrai in una fase contraddittoria rispetto alla promessa e lontana dal nobile sentiero; ma con riconoscenza, ora e sempre per l’infallibile e misericordiosa mano di Dio, sento di essere stato debitamente riportato alla Sua Onnipotenza, e al bisogno e alla dipendenza da Lui. In questo momento vorrei dirvi che NON IMPORTA COSA .. tutto è con Dio. Egli È il Compassionevole, il Misericordioso. La Sua strada è nell’Amore, per mezzo del quale noi tutti siamo. È veramente UN AMORE ASSOLUTO
Dall’uscita di A Love Supreme alla morte lo separano solo un paio d’anni. Gli anni matti e disperati della droga e dell’alcol chiedono il conto e un tumore al fegato, il 17 luglio 1967, gli toglierà la vita.
Coltrane in seguito diventerà per alcuni addirittura oggetto di culto; una chiesa cristiana lo proclamerà santo. Non fu un santo, solo Dio è santo, ma la sua vita e la sua musica sono pervasi da una grazia e da una verità difficili da negare.
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