Organizzazione della Cooperazione Islamica, una storia di fallimenti dell’ente nato per difendere l’Islam e i suoi luoghi sacri

Nel 1967 Israele sbaragliò i regimi arabi e nel 1969 un australiano appiccò il fuoco alla moschea di Al Aqsa,  sull’onda di questi shock si fondò l’Organizzazione della Conferenza Islamica, a 50 anni da questo evento il bilancio è la somma di innumerevoli fallimenti.

La guerra del 1967 aveva portato sconforto e disperazione nel mondo arabo sconfitto da Israele. In soli 6 giorni Israele sbaragliò gli eserciti di Siria, Egitto occupando la Cisgiordania, la striscia di Gaza e tutta la penisola del Sinai.

680 caduti israeliani e 2300 feriti, contro 21.000 morti 45 mila feriti nelle armate arabe, una debacle frutto più dell’incapacità che della forza, seppur considerevole, dello Stato sionista.

Fu un trauma che determinò l’inizio della fine dell’ideologia del nazionalismo baathista i cui esponenti rimasero al potere ancora a lungo ma trasformati da allora, e sempre più, in satrapi della peggior tradizione orientale.

Due anni dopo, nell’agosto nel 1969 Denis Michael Rohan, un australiano mentalmente disturbato, dissero, appiccò il fuoco alla moschea di Al Aqsa nella Gerusalemme recentemente occupata.

L’incendio era arrivato al tetto e aveva gravemente danneggiato il minbar (il pulpito) detto del Saladino, risalente al XII secolo, lo choc nel mondo musulmano fu tremendo, peggiore di quello della sconfitta araba del 1967.

Cercando un’altra via per giustificare la loro permanenza al potere alcuni regimi arabi si rivolsero alla tradizione islamica che molti di loro avevano ferocemente osteggiato e combattuto e, pochi giorni dopo quel rogo, 25 capi di Stato e di governo1 si riunirono a Rabat (Marocco) e costituirono l’Organizzazione della Conferenza Islamica (Munazzamat al-mu’tamar al-islāmī) che cambiò nome nell’attuale Organizzazione per la Cooperazione Islamica il 28 giugno del 2011 durante il 38esimo incontro del Consiglio dei Ministri degli Esteri dell’organizzazione svoltosi ad Astana in Kazakhstan.

 

Nella Carta fondamentale del nuovo soggetto oltre agli inevitabili consueti richiami ai valori islamici, alla giustizia, l’eguaglianza, il mutuo rispetto, la libertà, i diritti umani, il progresso e la prosperità, lo sviluppo sostenibile, la sicurezza e la pace, la democrazia e il buon governo (ma dove? nessuno dei firmatari ha sviluppato democrazie sostanzialmente accettabili), si parla soprattutto di non ingerenza, integrità territoriale e infine anche di Palestina… sostenere la lotta del popolo palestinese, che è attualmente sotto occupazione straniera e permettergli di ripristinare i suoi diritti inalienabili, compreso quello all’autodeterminazione e a costituire un suo Stato sovrano con Al-Quds Al-Sharif (Gerusalemme) come capitale, salvaguardandone il suo storico e carattere islamico e e i suoi luoghi santi;

Sono passati 50 anni, cosa ne è stato di tutti questi buoni propositi?

Basta guardare la carta della Palestina mandataria per VEDERE in verde quali sono le aree in cui ancora i palestinesi godono di una parvenza di autononia: quasi niente; basta camminare lungo il muro costruito da Israele…

Con l’approvazione USA e di molti dei suoi vassalli, Gerusalemme è stata proclamata capitale dello Stato sionista, le alture del Golan siriano annesse e recentememente il segretario di Stato Mike Pompeo ha dichiarato, in spregio al diritto internazionale e alle risoluzioni ONU che la colonizzazione della Cisgiordania era legale… un fallimento totale anzi un tradimento globale e oggi anche la retorica solidaristica, con poche eccezioni non è più proclamata.

Ma la debacle va oltre il pur gravissimo caso palestinese

la Carta recita:

12. Proteggere e difendere la vera immagine dell’Islam, combattere la diffamazione dell’Islam

e incoraggiare il dialogo tra civiltà e religioni;

13. Migliorare e sviluppare la scienza e la tecnologia e incoraggiare la ricerca e cooperazione tra gli Stati membri in questi settori;

14. Promuovere e proteggere i diritti umani e le libertà fondamentali incluso i diritti di donne, bambini, giovani, anziani e persone con bisogni speciali come così come la conservazione dei valori della famiglia islamica;

15. Enfatizzare, proteggere e promuovere il ruolo della famiglia come naturale e unità fondamentale della società;

16. Tutelare i diritti, la dignità e l’identità religiosa e culturale dei musulmani negli Stati non aderenti.

In tempi di acuta e montante islamofobia quali sono state le politiche di supporto che gli Stati membri hanno sviluppato per contrastarla?

Quale ricerche e tecnologie hanno sviluppato in prima persona p in rete con i partners?

I diritti umani? Basta studiare quel che avviene nella stragrande maggioranza di quei Paesi per rendersi conto di un arretramento anche rispetto ai precedenti governi

di Nasser in Egitto, Gheddafi in Libia o Faysal della’Arabia Saudita, solo per citarne alcuni e senza dimenticare comunque alcune rare e pur contradditorie eccezioni, in Tunisia, Marocco, Turchia.

La famiglia non è difesa più ed è vittima di un attacco virulento come in Occidente e quanto al supporto che noi musulmani in contesto non islamico, solo qualche milione di dollari, peraltro di solito mal gestiti per l’acquisto o la ristrutturazione di immobili e le scorribande d’ “sapienti” che non hanno spesso neppure la più pallida idea di cosa sia la realtà sostanziale dei musulmani in Europa e negli USA.

E l’Africa? Una parte importante delle popolazioni subsahariane è musulmana, i più intraprendenti e spesso formati dei loro giovani scelgono un percorso pericolosissimo per lasciare i loro Paesi e tentare di raggiungere l’Europa, con le tragiche conseguenze che tutti conosciamo, impoverendo le loro realtà socio culturali e creando talvolta reazioni che i musulmani che già vivono nel vecchio continente hanno difficoltà a gestire e sopportare.

A fronte di una Cina che investe massiciamente e con modalità neocoloniali in tutta quella parte di Africa, la maggioranza dei Paesi OIC, sono del tutto assenti preferendo investire petrodollari nelle bache UK e Svizzere e costruendo isole di lusso sfrenato in mezzo allo sfruttamento bestiale di altri poveracci, musulmani e non che sopportano sulla loro pelle tutta la contraddizione di quei sistemi ingiusti e feudali.

1Stati fondatori OIC: Afghanistan (sospenso dal 1980 al 3/1989), Algeria, Chad, Egypt (sospeso dal 5/1979 al 3/1984), Guinea, Indonesia, Iran, Jordan, Kuwait, Lebanon, Libya, Malaysia, Mali, Mauritania, Marocco, Niger, Pakistan, Palestina, Saudi Arabia, Senegal, Somalia, Sudan, Yemen (Sana) (dal 22/5/1990 unito allo Yemen (Aden) nella Repubblica dello Yemen)

 

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