Ieri è uscito su MicroMega un articolo di Paolo Flores D’Arcais dal titolo “Ma la sardina col velo no” a proposito di Nibras Asfa, la giovane donna musulmana che ha parlato sul palco alla manifestazione delle Sardine sabato scorso a Roma. Qualunque cosa pensiate delle sardine, la presa di posizione del filosofo è chiaramente un esempio di odiosa islamofobia di sinistra d’impronta transalpina.
Per decenni questa sinistra che ha in odio la religione ha straparlato insieme a Monica Lanfranco di “autodeterminazione della donna” “il corpo è mio e me lo gestisco io” e “nessuno deve mettere bocca sul mio modo di vestire” pena essere accusato di sessismo e messo alla gogna mediatica Ma quando si tratta di una donna con una personalità musulmana, di una donna istruita che parla in pubblico, il doppio standard neocoloniale ritrova la sua mission: decostruire la personalità musulmana partendo dalla donna come facevano i francesi con le algerine per assimilarle alla modernità nichilista con l’alibi dell’eguaglianza formale. Una volta snaturate le donne, avrebbero facile vittoria sulle generazioni successive, questo lo sanno bene, che Allah non voglia.
Flores D’Arcais esordisce dicendo: “Il velo islamico è un simbolo di oppressione”, ma il velo islamico non è un simbolo ma la graziosa risposta ad un ordine divino che fa parte di un adab (comportamento) di purezza e di modestia che vale per donne e uomini. Non è nemmeno semplicemente un simbolo identitario perché sottende comunque l’educazione della donna, che come una perla preziosa non si offre al mondo ma mantiene la sua riservatezza ed il suo pudore.
E se portato per scelta e per fede l’hijab non è affatto un simbolo di oppressione né di omologazione come lo può essere il “burka della taglia 42” di cui parla Fatima Mernissi. Che l’hijab ‘’falsifichi in qualche modo la laicità dello Stato dipende dal concetto di laicità che si condivide Il filosofo condivide un concetto di laicità da adoratore delle Dea Ragione per cui lo Stato laico diventa speculare allo Stato clericale. Uno Stato totalitario che dà patenti di laicità a destra e manca e che impone un dress code come gli emiri degli Stati del Golfo.
Inconcepibile per l’Italia che ha abbracciato una laicità inclusiva che dovrebbe permettere a tutte le fedi di avere spazio e luogo nel rispetto assoluto dei non credenti. Nel 2004 l allora Ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu difese personalmente una donna musulmana alla quale era stato impedito di fare il tirocinio per insegnare in una scuola materna a causa del velo affermando testualmente “il velo è soltanto il simbolo di una identità culturale e religiosa che merita tutto il nostro rispetto” e questa è la posizione dello Stato italiano fino ad oggi.
Quanto ai suoi tentativi di esegesi coranica stendiamo un velo pietoso: coprirsi il capo è Sunna oltre che rispetto delle raccomandazioni di cui parla Dio nella Sura (capitolo) delle Donne in quanto le Madri dei Credenti e le donne che seguivano il Profeta (pbsl) lo facevano. Esiste in varie versioni per tutta la Storia islamica e l’Islam politico non ha fatto altro che reislamizzare popolazioni vittime di un tentativo di genocidio culturale che ha colpito duramente sradicando la memoria storica di generazioni intere, attaccando lo studio della lingua araba e gran parte delle norme religiose da parte dei governi occidentalisti messi su da Francia ed Inghilterra dopo la sconfitta dell’ Impero Ottomano. Un genocidio culturale che non è riuscito a sradicare la fede dai cuori dei musulmani e dal quale la Umma ( la comunità dei credenti) si sta piano piano riprendendo.
Il Corano sostiene che l’autorità degli uomini sulle donne è limitata ad essere guida in ultima istanza della famiglia, D’Arcais critica questo ma si comporta allo stesso modo di quegli uomini musulmani che pretendono di scegliere se la moglie deve velarsi o no, questa decisione non compete all’uomo perché riguarda il rapporto personale che la donna ha con il Creatore.
Quanto alla citazione sul “battetele” non esiste alcun permesso da parte di Dio di picchiare le donne. Di fronte alla quantità di donne sfregiate, massacrate , calpestate, rinchiuse in casa, torturate da italiani presuntamente cristiani e sicuramente occidentali forse Flores D’Arcais dovrebbe guardarsi anche in casa. Stesso discorso per una “uguaglianza” tra uomini e donne che io contesto radicalmente, prima di tutto perché l’islam concede a donne e uomini quello che è bene per loro ed una sostanziale eguaglianza spirituale e una complementarietà nella vita in quanto tutti siamo stati creati da una sola anima. Secondo perché detta “uguaglianza” non è altro che l’assimilazione neocoloniale ad un modello maschile, ateistico, consumistico occidentalista ed eurocentrico di essere umano che non ci interessa.
Non siamo maschi mancati e non siamo il nostro velo, siamo donne, madri, sorelle, figlie, lavoratrici o casalinghe, cittadine a parte intera. Esprimiamo la nostra solidarietà alla sorella Nibras vittima di una campagna diffamatoria vergognosa assieme al marito anche su altri organi di stampa a causa della loro difesa dal popolo palestinese.
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