La persecuzione contro gli Hui musulmani cinesi dimostra che il problema non è una questione di carattere esclusiavamente etnico come alcuni trattano si sostenere ma c’è oggi in Cina un’avversione del potere verso i suoi cittadini musulmani.
In Cina, gli uiguri non sono l’unica comunità musulmana repressa e perseguitata. Negli ultimi mesi le autorità hanno ordinato di cancellare le scritte arabe dai ristoranti halal in diverse regioni in cui vivono i musulmani Hui cinesi. La politica cinese contro i musulmani è sempre più odiosa
Questa settimana, su Weibo (un social network cinese equivalente a Twitter) sono stati pubblicati documenti risalenti allo scorso novembre. Provengono dall’ufficio per gli affari religiosi di Ordos, nella Mongolia interna. Questo ufficio che è controllato dall’Associazione Islamica Cinese, un ente governativo, ha ordinato la rimozione di qualsiasi “carattere o segno arabo relativo all’Islam” persino dai ristoranti halal.
Cosa più grave, questo organismo ufficiale, che dovrebbe rappresentare e tutelare i musulmani, ordina che i bambini non possano entrare nelle moschee, vieta che gli venga impartita istruzione religiosa, proibisce la distribuzione e l’esposizione di libri religiosi “illegali” e di fare o ricevere “Dawa” (predicazione, appello).
Gli Hui sono una popolazione cinese etnicamente molto simili agli Han, gli Han costituiscono oltre il 90% degli abitanti della Repubblica Popolare Cinese (PRC), la differenza sostanziale è gli Hui sono musulmani. Sono circa 10 milioni di uomini e donne, molti di loro vivono nel Gansu, nell’Henan e nella regione autonoma del Ningxia H.
Lo Stato cinese riconosce la minoranza Hui ma ignora volutamente la loro religione. I documenti ufficiali fanno riferimento solo a presunte specificità culturali: in realtà essi si contraddistinguono dagli Han soprattutto per la loro religione, abitudini alimentari e vestimentarie islamiche.
Dal 2015, sono vieppiù obiettivo precipuo della politica di “cinesizzazione delle religioni” portata avanti dal governo centrale e, negli ultimi mesi essa si è intensificata.
Cui Haoxin, un poeta Hui ha scritto sul suo account Twitter:
“Nel 2015, sono iniziate a circolare sui social network cinesi fake news contro gli Hui. Sostenevano che gli Hui non erano soggetti alla politica del figlio unico, che avevano agevolazioni fiscali e costituivano una minaccia per i cinesi Han. Coloro che hanno cercato di reagire contestandole hanno visto i loro loro account cancellati. L’islamofobia in Cina è diversa da quella occidentale. Noi non possiamo neppure esprimerci. Anche a proposito di quanto accade agli uiguri gli Hui non vengono ascoltati.Prima di eliminare il mio account, nel 2017, ho pubblicato un lungo testo su Weibo a difesa degli Hui, la pubblicazione è scomparsa pochi mesi dopo nell’indifferenza generale.
E ancora: “Io sono un poeta non un attivista, ma non ho scelta. La mia comunità è in pericolo. Quello che è successo agli Uiguri sta accadendo agli Hui. Vogliono annientarci distruggendo la nostra cultura. Ma perché vogliono “cinesizzarci”? Parliamo cinese, siamo cinesi. Non possiamo esserlo ancora di più. Improvvisamente, sono diventato uno straniero nel mio Paese.”
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