Da alcuni anni la politica estera di Ankara si è orientata su una linea che gli analisti hanno chiamato “neo-ottomana” ed il Paese è diventato attrattivo perché riflette una visione strategica volta a rimettere l’Islam ed i musulmani nel ruolo che dovrebbero avere e a ritagliarsi un ruolo indipendente dalle grandi potenze occidentali.
La Turchia durante l’Impero Ottomano aveva avuto un ruolo molto importante in tutto il Nordafrica con l’esclusione del Marocco, nella difesa dell’ Islam, nel mantenimento della pace e della cooperazione con le varie componenti delle diverse società e nell’ implementazione di uno Stato moderno. Gli avversari di Erdogan lo chiamano “Sultano” ma quello che ha fatto negli ultimi vent’anni è stato principalmente, al netto degli errori, parallelamente all’opera di altri grandi musulmani come Mohammed Mahathir in Malesia, rafforzare spiritualmente ed economicamente un Paese che fino a 24 anni fa era terzo mondo ed oggi è una grande potenza regionale.
Unendo tutti i turchi (con una concezione non turcocentrica ma rispettosa delle differenze linguistiche, religiose e culturali) in continuità con l’esperienza ottomana ed in rottura col nazionalismo feroce delle opposizioni laiciste che oggi appoggiano obtorto collo la sua politica economica e la sua politica estera ma si oppongono ferocemente alle sue iniziative di aiuto ai profughi siriani. Erdogan costruendo la nazione turca si è creato un solido bacino elettorale multietnico e multireligioso che gli ha permesso di governare.
Il presidente turco sta facendo gli interessi dello Stato e della popolazione il cui tenore di vita e le cui speranze sono molto cambiate dall’epoca recente in cui la Turchia era un paese dal quale si emigrava e lo sta facendo da musulmano praticante dando il giusto valore all’Islam come componente importante della cultura della storia dei valori e dell’azione politica del Paese.
Il Parlamento turco ha votato l’invio di truppe in Libia per sostenere il governo di Tripoli riconosciuto dall’Onu e poi abbandonato alla ferocia delle truppe di Haftar e all’anarchia della situazione. Di fronte alla pavidità dell’Occidente che è rimasto silente o come la Francia ha armato assieme alla Russia, per evidenti ragioni geopolitiche, le milizie prezzolate di Haftar, che ha lasciato i signori della guerra ed i padroni della tratta degli esseri umani arricchirsi arruolando milizie, rapendo profughi e riscuotendone il riscatto e che ha pagato delinquenti e torturatori per fermare l’esodo degli africani sulle coste europee, Erdogan ha scelto di intervenire.
Ankara accellera l’invio di truppe in Libia, Tripoli è assediata, “bisogna evitare una nuova Siria”
Ci sarà anche qualcuno che griderà all “intervento straniero” in una terra dove il Governo legittimo non ha alcuna sovranità: ridicoli pacifinti come quelli che consegnarono l Europa ad Hitler nel 1939. Per anni l’Occidente ha illuso i popoli con inesistenti processi di pace e con accordi truffa in Libia ed altrove mentre la gente si scannava con le loro armi e morivano centinaia di migliaia di civili.
Di fronte all’impossibilità di una soluzione politica la soluzione militare è l’unica possibile e bisogna fare presto e bene quello che ad esempio l’Italia non ha voluto o saputo fare. Anche in questo caso Erdogan non ha usato giri di parole:
Sosterremo con tutti i mezzi il governo di Tripoli, che si oppone a un generale golpista sostenuto dai paesi arabi ed europei, sostengono un signore della guerra. Per quanto riguarda noi, stiamo rispondendo all’invito del legittimo governo libico, questa è la nostra differenza.
Del resto Haftar non vuole la pace, vuole creare una dittatura fotocopia di quella egiziana per impadronirsi delle ricchezze del Paese e spartirle con i suoi alleati geopolitici, nulla di nuovo sotto il sole
Secondo un centro di analisi strategica con sede a Istanbul, un dispiegamento militare turco sul terreno coinvolgerebbe “forze speciali” e “personale di combattimento altamente qualificato” così come gli ufficiali di intelligence e di collegamento, in tutto qualche migliaio di uomini. Più o meno quello che ha messo in campo la Russia con i mercenari del gruppo Wagner per sostenere Haftar.
Dal 2016, le forze armate turche hanno acquisito una notevole esperienza in questo tipo di missione attraverso le operazioni in Siria, hanno affermato gli analisti
Il parlamento turco ha già approvato un accordo di cooperazione militare e di sicurezza firmato con il Governo Nazionale di Tripoli il 27 novembre in occasione di una visita a Istanbul del suo leader Fayez al-Sarraj.
L’accordo è già in vigore ed è comunque scandaloso che nessuno si sia fatto avanti per tutelare l’autorità di un Governo riconosciuto dall’ONU un carrozzone inutile che da anni copre le peggiori ingiustizie e non è riuscito più a risolvere alcun conflitto almeno dalla guerre di Corea.
Infatti dopo anni ed anni di inazione ecco cos’hanno detto la missione delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL) ha reagito sul suo account Twitter all’annuncio dell’attuazione dell’accordo con Ankara, deplorando “l’aumento dell’interferenza straniera in Libia” e ritenendo che una “soluzione politica sia l’unica soluzione alla crisi”.
Una soluzione politica mai imposta e mai cercata dall ONU, né da alcuno Stato Europeo capaci solo di votare pezzi di carta senza costringere gli Stati o le milizie a rispettarli, una sovranità mai implementata perché per gli Stati dominanti era più conveniente che i libici si massacrassero a vicenda nell’ennesima guerra per procura sfruttando le divisioni tribali, stesso quadro della Siria.
E cosi tre brigate militari La Sultan Mourad Division, la Levant Falcon Brigade e la Levant Legion dell’Esercito Nazionale Siriano, subito dipinti dai media mainstream come “jihadisti” stanno per toccare il suolo libico e per sostenere Tripoli dagli assalti delle milizie mercenarie di Haftar, forse siamo alla resa dei conti.
Da parte nostra possiamo solo sperare nella vittoria di Sarraj e per una pace vera che tenga conto degli interessi del popolo libico.
Sanguinoso raid di Haftar su Tripoli provoca 30 morti, la comunità internazionale osserva immobile
Uno dei ministri del governo libico ha subito messo in chiaro che la partita è importante e travalica la questione nazionale: “se cade Tripoli, è la fine della democrazia tunisina e anche del governo algerino con un effetto domino su altri stati colpiti dalla destabilizzazione”.
Non so se sarà cosi ma comunque Sauditi ed Emiratini, appoggiati dalla Francia non vedono l’ora di mettere le mani sul petrolio e sul gas libico a prezzi stracciati e di gestire il business della ricostruzione del Paese.
La destabilizzazione dell’area avvantaggia le ambizioni di despoti e signori della guerra.Se ne vogliono avvantaggiare imponendo macellai loro amici e distruggendo ogni afflato democratico a costo di trasformare l’intero Medio Oriente in un teatro di guerra civile e di scontro fratricida. Dall’altra parte solo Turchia e Qatar fanno argine ai nuovi barbari gli assassini del risveglio islamico .
Da un secolo il Vicino Oriente è preda alle ambizioni delle potenze occidentali per i quali gli abitanti sono solo arabi colonizzati, carne da macello per interessi altrui. Ma la Turchia assieme ad altri Stati come la Malesia, il Pakistan, il Qatar, l’Indonesia e l’Iran stanno cercando di alzare la testa avendo un ruolo indipendente, per quanto la situazione lo conceda ed allora diventano il nemico per di sostenitori della democrazia a corrente alternata, dei diritti umani “per i miei amici”, del doppio standard geopolitico e della guerra illimitata tramite la costruzione di nemici ad hoc.
Dalla vittoria in Libia e dall’imposizione di un processo di pacificazione in Siria Erdogan uscirebbe come Leader mondiale della Umma ( comunità mondiale dei musulmani) ed i suoi nemici Mohammad Bin Salman e Mohammed Bin Zayed assieme ad Israele ad Haftar e Sissi ne uscirebbero sconfitti e probabilmente travolti e la Russia sarebbe ridimensionata al ruolo di potenza regionale.
Naturalmente assieme alle scelte geopolitiche ci sono anche gli interessi economici, in primis la Turchia sta cercando di rendersi indipendente dal petrolio puntando sul gas e sulle automobili elettriche.
Con un accordo economico/energetico con Tripoli, il presidente turco sta ridefinendo i confini marittimi a vantaggio del suo Paese e dei suoi alleati tagliando fuori soprattutto i greci ed i greco-ciprioti e gli israeliani ovviamente furibondi. L’accordo deriva dall’ interpretazione di alcune normative internazionali e non è di per sé una forzatura illegale.
La Turchia si avvantaggia moltissimo da questa ridefinizione delle frontiere marittime, ha sostenuto in questi anni il Governo libico di Tripoli e riceva una sostanziosa contro partita. Si stanno costruendo le premesse per un confronto strategico nel Mediterraneo orientale sullo sfruttamento del Gas vicino ai confini marittimi della Cipro greca e della Grecia tra gli Stati Uniti ( che parteggiano per i greci ) e due paesi molto piccoli contro la nazione più grande e più forte della regione, che finora vedeva il Mediterraneo orientale come la sua area di influenza. Anche qui Erdogan appoggiato da tutto il sistema politico turco e dalla popolazione si è preso tutto quello che poteva,.
Oltre alla questione del gas esiste anche un interesse economico relativo ad ingenti investimenti che sono stati fatti dalla Turchia in Libia prima della guerra e anche a quelli legati alla ricostruzione del paese dopo aver terminato il processo di pace.
Come al solito l’Italia in tutto questo è assente, la Missione Europea in Libia guidata dal nostro paese è stata appena annullata, e non si capisce cosa voglia fare se non seguire in tutto e per tutto l’inazione della comunità internazionale.
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