Se chiedete a uno dei tanti medici italiani, che spesso partono per portare le proprie competenze presso i contesti dei paesi in via di sviluppo, qual’ è la cosa che più li spinge a lavorare in condizioni spesso difficili, vi sentirete rispondere frequentemente più o meno cosi: “fare quello per cui ho studiato, fare cioè il mio lavoro in scienza e coscienza, senza paura della denuncia, senza montagne di scartoffie, badare esclusivamente all’essenziale del lavoro del medico.”
Ovvio prerequisito per svolgere al meglio qualsiasi lavoro è la serenità del lavoratore, di sicuro le violenze di cui sono aggetto medici e personale sanitario, specie nei pronto soccorso italiani, non lasciano spazio a dubbi al riguardo. Sono già 4 dall’inizio dell’anno le aggressioni a danno dei camici bianchi. I fatti di cronaca ci raccontano una realtà ormai ben nota, tanto che già in parlamento vi è in discussione una legge che tenterà di arginare il problema.
Come spesso accade la cronaca ci racconta l’epifenomeno di una realtà più complessa e dalle importanti conseguenze. La violenza fisica è la degenerazione massima di violenze più sottili come le minacce verbali, le intimidazioni. Gli spot televisivi che invitano a chiedere risarcimenti per via giudiziaria a chi crede di essere vittima di errori medici sono un esempio di velata minaccia, non mi riferisco certamente alla sacrosanta richiesta di giustizia di chiunque riceva un torto, ma è evidente che nella modalità stessa si nasconde la minaccia, in primis quella del mezzo utilizzato, cioè la televisione, e secondo poi negli ammiccamenti all’avidità di ciascuno con la promessa di non dover sostenere spese legali in caso di fare un buco nell’acqua: come dire, proviamoci non si sa mai!
Ma anche questo aspetto non è altro che una delle tante facce del problema, non la radice di esso. La violenza, come spesso accade, nasce dalla rabbia, ma perché gli Italiani sono arrabbiati contro i medici? Ci sono due componenti, la prima generale, che riguarda la rabbia sottesa a tutta la società: una rabbia che sfocia nella violenza indiscriminata contro tutti, non solo medici, ma anche ad esempio contro autisti di mezzi di linea, insegnati, forze dell’ordine. Questa è la rabbia di cui ci ha parlato di recente film “Joker”, la rabbia sedata dai psicofarmaci, la rabbia che nasce dal sopruso o semplicemente dell’insoddisfazione.
Poi c’è un’altra rabbia, più specifica, quella che nasce nelle persone che si trovano ad avere bisogno del medico o dell’ospedale e improvvisamente si trovano di fronte ad una realtà ben diversa da quella che avevano imparato nelle serie TV made in USA o da SuperQuark. In altre parole, la granitica fiducia nella scienza, l’abbaglio del tutto possibile e soprattutto curabile, le decantate imprese tecnologiche ben conficcate nella mente della gente, si scontrano con i pronto soccorso strapieni, le ore di attesa infinite, le analisi inutili, i malesseri infiniti e sempre più cronici. Cosi nella mente dei più umili, non essendoci spazio per mettere in discussione “la scienza”, il colpevole deve essere il medico, immancabilmente non all’altezza della propria missione, incapace di far godere al malcapitato i privilegi della moderna medicina.
Da qui nasce la cosidetta medicina difensiva, ovvero tutto quell’eccesso di medicina e di scartoffie derivante dalle paure del medico di essere additato come colpevole. La medicina difensiva rende il medico un contabile e il paziente un pericolo da cui difendersi. Il cerchio si chiude, un cortocircuito a danno di medici e pazienti.
Come se questo non bastasse oggi incombe sulla professione medica una nuova e forse peggiore minaccia, e cioè la minaccia di esporre liberamente la propria opinione. Il pensiero non allineato viene richiamato, sanzionato, represso dall’ordine dei medici. Vedasi la cronaca riguardante il dott. Gava per le sue riserve riguardo ai vaccini, e certo non è l’unico caso. Il delitto d’opinione è un ossimoro per un’arte la cui storia da sempre ha avuto nel suo seno opposizioni di vedute, un’arte per essere viva deve essere libera.
La società che aspira ad una medicina sana ha il dovere di difendere i propri medici da ogni tipo di vessazione e deve avere la lungimiranza di garantirne la libertà.
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