A combattere in Libia contro il governo Serraj non ci sono solo il generale Haftar e i suoi uomini. Dall’Africa subsahariana al Sudan migliaia di mercenari hanno raggiunto il fronte di guerra libico per sostenere il generale. E’ una guerra sporca, quella libica, per il controllo del territorio dove a combattere sul campo ci sono egiziani, libici, maliani, ivoriani, turchi, sudanesi mentre a bombardare sono i caccia del Golfo, egiziani e chissà di quante altre nazioni.
Un disordine totale dove i paesi dall’area così come l’Europa e gli Usa cercano di stabilire una superiorità militare che si traduce in un controllo e sfruttamento dell’oro libico: il petrolio. Non solo. Nella polveriera libica c’è anche il business dei migranti, il fruttuoso commercio dei disperati, una benedizione per i trafficanti del generale Haftar, una maledizione per altri come i paesi del Mediterraneo che subiscono il giogo del ricatto da Haftar e i suoi uomini.
Janjawid, le spietate milizie sudanesi in Libia
In questo scontro senza fine in Libia, accanto al generale Haftar ci sono anche le temutissime milizie sudanesi, le Janjawid comandate da un generale oscuro quanto violento, il secondo uomo più importante del Sudan, il vice-presidente del Consiglio Militare Sudanese che di fatto controlla il paese. E il vice-presidente del Consiglio Militare non è un generale qualunque: è Hemitti, ex pastore, negli anni entrato nelle grazie del presidente deposto Al Bashir, che con le sue milizie tribali Janjawid (poi chiamate Forze di Intervento Rapido) sarebbe responsabile della morte di migliaia di civili in Darfur.
Human Rights Watch lo accusa di violazione sistematica dei diritti umani in Darfur dal 2003 al 2015 e definisce i suoi uomini, i Janjawid, in un rapporto, “come senza misericordia” per le atrocità commesse contro vittime innocenti. Secondo le Nazioni Unite il conflitto da lui scatenato in Darfur avrebbe causato la morte di almeno 200 mila persone e lo sfollamento di 2 milioni di sudanesi, oltre a fame, carestia e malattie. Queste stesse milizie dal Luglio scorso stanno combattendo sul fronte libico per la conquista della capitale Tripoli sostenuti e coperti negli scontri dall’aviazione egiziana e degli Emirati Arabi, alleati di Haftar.
Janjawid, arma a doppio taglio per il Vecchio Continente
In un rapporto del 2017, la Ong americana Enough ha accusato l’Europa per il sostegno logistico e e finanziario alle milizie Janjawid, responsabili con la polizia sudanese di torture e maltrattamenti verso i migranti, nel tentativo di fermare, con la violenza, la loro rotta verso Egitto ed Europa. Ora queste stesse milizie stanno combattendo sotto la bandiera del generale Haftar che dallo stesso traffico di essere umani trae vantaggi politici ed economici. Questo potrebbe essere il motivo, forse, per il quale l’Italia sembra essere imbarazzata nello scacchiere libico, incapace di prendere una posizione chiara contro il generale Haftar che potrebbe utilizzare i Janjawid e le sue milizie per ricattare il nostro paese con la carta dei migranti.
É certo che con l’ingresso della Russia e della Turchia nella polveriera libica, due grandi player a livello internazionale, l’Italia dovrà capire una volte per tutte da che parte stare evitando così di replicare un modello troppo spesso utilizzato dal nostro paese e che in Libia si sta rilevando fallimentare: l’attendere e saltare sul cavallo del vincitore.
Nessun commento