Martedì i membri del G4 Italia, Francia, Germania e Regno Unito hanno votato a porte chiuse a Bruxelles contro la proposta statunitense di diminuire le tasse internazionali sulle multinazionali del settore tecnologico.
Il voto del G4 non è stato unanime. La Francia infatti, ha parzialmente accolto la proposta USA sospendendo la tassa sulle multinazionali tech. La sospensione è stata un segnale di tregua da parte di Parigi verso gli USA che, preoccupati del fatto che queste tasse avrebbero impattato principalmente alcuni brand americani, hanno minacciato di tassare i formaggi e altri prodotti tipici francesi “fino al 100%”, a meno che la Francia non avesse deciso di rimuovere la tassa sulle multinazionali tech, come riporta Politico.
Gli sforzi UE di non cedere agli atti di bullismo USA sono soffocati dalla brutalità della guerra commerciale che gli “alleati” statunitensi hanno lanciato contro l’Europa. I motivi per cui la notizia non è oggetto di discussioni pubbliche è da ricercare nella posizione che l’Europa sta avendo in questa guerra, quella di perdente.
Non vi è infatti nulla da guadagnare da parte dell’UE a mostrare ai propri cittadini la propria debolezza di fronte alla guerra commerciale mossa dagli USA, né vi è interesse nel mostrare quanto siano tese le relazioni fra gli “alleati” occidentali, soprattutto in questo periodo geopoliticamente complicato in cui una Cina sempre più forte ed una Russia sempre più determinante a livello internazionale richiedono si dia l’immagine di un Occidente unito.
Ci sarebbe da chiedersi se non sia arrivato il momento per l’Europa di rivalutare gli assi di interesse e gli spazi politici in cui investire i propri sforzi diplomatici. Mentre Trump infatti si gode il recente patto commerciale con la Cina e l’approvazione del nuovo accordo NAFTA fra USA, Messico e Canada, il bisogno USA di cercare nuovi mercati da attaccare si espande.
La BBC riporta che il nuovo patto commerciale con la Cina e lo schema tariffario che ne deriva ha visto come perdenti economici gli agricoltori, i manifatturieri, i consumatori e le aziende americane.
In una delle parti del patto commerciale ad esempio, il dimezzamento di tariffe previsto a vantaggio degli USA in realtà sarà mirato soltanto a quella fetta di mercato che ben ha ben poca influenza rispetto al mercato cinese. La fetta di tariffe derivanti da quella parte di mercato che ha più impatto col mercato cinese rimarrà.
Foreign Policy ha riportato quale sarà il nuovo mercato che l’impero USA ha adocchiato: il vecchio continente, noi. L’articolo pubblicato dall’esperto di geoeconomia globale Keith Johnson questa settimana riporta infatti che:
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha già iniziato l’ultimo capitolo al Forum economico mondiale questa settimana a Davos, in Svizzera, dove ha fatto una chiacchierata “amichevole” con il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen minacciando di nuovo di imporre tariffe enormi sulle auto europee se le due parti non riusciranno a raggiungere presto un accordo commerciale.
Johnson continua dicendo che “Ciò è stato seguito da ulteriori minacce da parte del segretario al Tesoro americano Steven Mnuchin di utilizzare le tariffe sulle auto per punire i paesi europei che tassano le società digitali americane, riducendo ulteriormente le prospettive di pace commerciale pochi giorni dopo che la Francia ha offerto un ramo d’ulivo nella controversa lotta sulle regole fiscali globali.”
L’impatto che la guerra commerciale statunitense potrebbe avere per l’Europa è enorme. C’è una sola soluzione per l’Europa, difendersi ed informare i cittadini tenuti all’oscuro. Uno dei capisaldi della democrazia è la trasparenza, ma questo è venuto a meno fino ad ora fra voti a porte chiuse e uno scenario mediatico troppo occupato ad inventare mostri e mantenere consenso in un’Europa sempre più xenofoba.
C’è da dire che il silenzio è comprensibile, visto che l’Europa non ha ancora ben chiaro cosa fare e visto che ad esempio una tariffa UE sui brand digitali internazionali richiederebbe il consenso degli stati membri, un consenso che oggi appare lontano. Questo silenzio però non può e non deve durare a lungo e l’Europa non può affrontare questa situazione da sola se vuole difendere i propri interessi e non vedere il proprio ruolo come attore globale ulteriormente indebolito. Forse, è arrivato il momento di guardare più ad Oriente.
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