David Wurmser fu a lungo un sostenitore della guerra con l’Iraq nell’amministrazione Bush. Alla fine ottenne quel che voleva, un disastro totale. Wurmser è ora di nuovo consigliere del presidente, questa volta di Donald Trump, e il suo sguardo è puntato sull’Iran.
Influente neoconservatore nella Casa Bianca del presidente George W. Bush e rivelatosi forza significativa nella spinta alla guerra con l’Iraq nel 2003, Wurmser è stato recentemente consigliere informale nell’amministrazione Trump, secondo i nuovi rapporti di Bloomberg News. In tale veste, Wurmser ha contribuito a sostenere il recente attentato dei droni che ha portato all’assassinio del generale iraniano Qassim Suleimani.
David Wurmser fu a lungo un sostenitore della guerra con l’Iraq nell’amministrazione Bush. Alla fine ottenne quel che voleva, un disastro totale. Wurmser è ora di nuovo consigliere del presidente, questa volta di Donald Trump, e il suo sguardo è puntato sull’Iran.
Wurmser scrisse diversi rapporti all’allora consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton a maggio e giugno del 2019. Nei documenti, secondo Bloomberg, Wurmser sosteneva che un’azione aggressiva da parte degli Stati Uniti, come l’uccisione di Suleimani, avrebbe, nelle parole di Wurmser, “scosso il delicato equilibrio interno delle forze e il controllo su di esse da cui il regime iraniano dipende per stabilità e sopravvivenza. “
Il significato di questa idea è duplice: in primo luogo, mentre era già chiaro che il movimento neoconservatore ha fortemente influenzato l’amministrazione Trump, il ruolo di Wurmser sull’Iran è un’ulteriore prova del dominio che il neoconservatorismo esercita ancora sulla destra degli Stati Uniti, nonostante la catastrofica invasione dell’Iraq e il rifiuto della guerra di Trump. In secondo luogo, dimostra che i neoconservatori come Wurmser prediligono ncora una teoria peculiare sulla società iraniana.
Dopo la rielezione di Bush nel 2005, la fazione di estrema destra della sua amministrazione rivolse la sua attenzione all’Iran. Questi funzionari avevano sempre desiderato un cambio di regime nella Repubblica islamica, ma ora alcuni di loro credevano che un’invasione su vasta scala non sarebbe stata necessaria per realizzare ciò. Un articolo del New Yorker del 2005 di Seymour Hersh citava un consulente governativo che descriveva la prospettiva di questi funzionari secondo cui una campagna di bombardamenti contro le strutture nucleari iraniane avrebbe dato inizio ad una rivoluzione guidata da “nazionalisti e riformatori secolari”.
Così il consulente sintetizzava la loro posizione: Nel momento in cui l’aura di invincibilità di cui godono i mullah andrà in frantumi, e con essa la capacità di ingannare l’Occidente, il regime iraniano crollerà.
Le prospettive di Wurmser non sembrano essere cambiate di una virgola. Nei suoi appunti a Bolton ha dichiarato che gli Stati Uniti non avranno bisogno di “scarponi sul suolo” perché “gli iraniani sarebbero impressionati ed allo stesso tempo potenzialmente incoraggiati da un attacco mirato ai simboli della repressione”.
Questa teoria, così popolare tra i neoconservatori, è sempre stata bizzarra: le nazioni generalmente diventano più conservatrici quando sono sotto attacco. Ad esempio, dopo la distruzione del World Trade Center nel 2001, gli americani non domandarono l’impeachment di Bush e che Dennis Kucinich entrasse nell’Ufficio Ovale.
Dovremmo assolutamente considerare la possibilità che i neocon non sappiano di cosa stanno parlando. Eppure, eccoci qui, con pressapoco quegli stessi neocon che contribuiscono di nuovo a modellare la nostra politica estera in modi deliranti e pericolosi.
La continua fiducia in se stessi di neoconservatori come Wurmser è particolarmente strana, visto che tutte le loro convinzioni si sono rivelate disastrosamente sbagliate in Iraq.
Wurmser ha conseguito un dottorato di ricerca in affari internazionali e ha lavorato per lo spin-off dell’AIPAC Washington Institute for Near East Policy a metà degli anni ’90. Nel 1996 fu uno dei principali intellettuali alla base di un documento politico intitolato “Un netto cambiamento: una nuova strategia per proteggere il regime” preparato da un gruppo di riflessione israeliano per il governo del Primo Ministro Benjamin Netanyahu in carica nel 1996. Il documento invitava a Israele ad impegnarsi in attacchi preventivi contro i suoi nemici percepiti e di “concentrarsi sulla rimozione di Saddam Hussein dal potere in Iraq”.
Nel 1999, Wurmser scrisse un libro intitolato “Tyranny’s Ally: America’s Failure to Defeat Saddam Hussein”, che trattava proprio di quel che annunciava. “Le armi chimiche, biologiche e persino nucleari sono i pilastri del regime di Saddam”, sostenne Wurmser, aggiungendo che “la minaccia dall’Iraq di Saddam continuerà a crescere” se gli Stati Uniti non lo toglieranno dal potere.
Dopo l’invasione dell’Iraq nel 2003, i presunti desideri dei neoconservatori si scontrarono con la realtà e la realtà ebbe la meglio.
Dopo gli attacchi dell’11 settembre, Wurmser fu nominato a capo di un’unità dell’intelligence composta di due uomini dall’allora sottosegretario alla Difesa Douglas Feith. (Feith è forse meglio conosciuto per essere stato definito “il più grande idiota sulla faccia della terra” dal gen. Tommy Franks, che condusse l’invasione dell’Iraq) Tra le idee di Wurmser ci fu quella secondo cui gli Stati Uniti avrebbero dovuto rispondere ad Al Qaeda – come dichiarato più tardi dalla Commissione dell’11 settembre – colpendo un “obiettivo non di Al Qaeda come l’Iraq”.
Wurmser divenne poi consigliere senior di Bolton, che allora era sottosegretario presso il Dipartimento di Stato e uno dei più accesi sostenitori di una guerra per cambiare il regime in Iraq.
Alla fine, Wurmser e compagnia ottennero ciò che desideravano e gli Stati Uniti condussero un’invasione dell’Iraq nel marzo 2003. A quel punto i desideri manifestati dai neoconservatori si scontrarono con la realtà e la realtà vinse. Centinaia di migliaia di persone persero la vita, l’esistenza di milioni di persone è stata rovinata e l’intera regione sarà in fiamme per un tempo indefinito.
In un’intervista del 2007, tuttavia, Wurmser ha continuato a difendere la decisione di andare in guerra, pur mettendo in dubbio l’enfasi retorica dell’amministrazione Bush sulla democrazia in Iraq: “Non sono un grande fan della democrazia in sé”, ha detto, “sono un fan della libertà e bisogna ricordare la differenza. La libertà deve di molto precedere la democrazia”. Nella stessa intervista ha affermato che se gli Stati Uniti non riuscissero a “innescare un cambiamento fondamentale nell’atteggiamento” da parte dei leader iraniani, l’America potrebbe “dover pensare seriamente di invadere l’Iran”.
In ogni caso, nulla negli ultimi 17 anni sembra aver fatto molta impressione su Wurmser; continua a credere nelle proprie capacità in una strategia globale calibrata con precisione. Né lo scorso disastroso decennio e mezzo gli ha impedito di godere dell’audience della gente che gestisce i droni assassini d’America. E’ degno di nota che l’articolo sulle recenti attività di Wurmser, del giornalista neoconservatore di Bloomberg Eli Lake, non menzioni alcuna vicenda sfortunata di Wurmser.
Wurmser non ha risposto subito ad una richiesta di commento.
Articolo di John Schwarz pubblicato da The Intercept
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