I giorni in cui la RAF inglese e le forze aeree americane avrebbero investito questa città con un bombardamento, che neppure la parola devastante riesce a dare l’idea anche solo approssimativa di quanto sia stato mostruoso, erano i giorni di carnevale. In città, una città che fino a quel momento era stata toccata solo episodicamente e per lo più in zone periferiche dai bombardamenti aerei, funzionava praticamente tutto e ci si poteva quasi illudere che la guerra fosse lontana.
L’accordo su Dresda e Oxford
Nel febbraio del 1945 tra i profughi che in gran numero, spinti dall’armata Rossa la cui avanzata sembrava inarrestabile, erano confluiti a Dresda e tra la popolazione residente circolava una confortante diceria; si raccontava infatti che tra i belligeranti tedeschi e inglesi era stato raggiunto un accordo non scritto che voleva che né Dresda né Oxford, in omaggio alla loro storia e ai capolavori d’arte e di cultura contenuti in queste due città, sarebbero state oggetto di duri bombardamenti.
Teatri e sale cinematografiche erano aperti al pubblico e un grande circo, il circo Serrasani, vi aveva alzato il suo variopinto tendone per la gioia degli abitanti cittadini e per quella di legioni di fanciulli. Erano i giorni del carnevale, e le strade traboccavano di bimbi e di adolescenti che, malgrado la guerra o per dimenticarla, facevano festa; molti di loro erano perfino mascherati. Vero è che una fiumana di profughi aveva raggiunto la capitale della Sassonia, in gran parte proveniente dalla Slesia e da altri territori orientali, spinta dal terrore che nei cittadini tedeschi incuteva non senza ragione l’Armata Rossa vittoriosa ed avanzante.
I russi marciavano, razziando e violentando sistematicamente le donne tedesche che incontravano sul loro cammino e il terrore alimentava il numero di quelli che abbandonando tutto si mettevano in marcia verso occidente nella speranza della salvezza. Dresda in quegli anni contava circa 630.000 abitanti; ma a causa dei profughi la sua popolazione in quei giorni raggiunse e superò il milione.
Il primo attacco, la sera del 13 Febbraio
La RAF lanciò il primo attacco alle 22 e 15 del 13 febbraio; una prima ondata di 244 aerei bombardieri Lancasters preceduta dai Mosquitos, cioè da aerei leggeri con la carlinga in legno che avevano il compito di lanciare le prime bombe e i primi bengala luminosi che avrebbero dovuto segnare gli obbiettivi per la massa dei bombardieri al seguito, raggiunse il cielo sopra la città. La caccia tedesca e la contraerea erano quasi inesistenti; in parte in ragione di una situazione bellica che per la Germania ormai allo stremo delle forze diventava sempre più disperata e in parte anche perché non ci si aspettava un attacco massiccio sulla città sassone. Al suono delle sirene le persone cercarono riparo nei rifugi antiaerei disponibili.
Durante questo primo attacco, dagli aerei caddero tonnellate e tonnellate di bombe; dapprima furono sganciate bombe di terribile potenza esplosiva, che avrebbero dovuto scoperchiare tetti, portoni e finestre, tra queste vi erano enormi ordigni del peso di quasi 2 tonnellate chiamati Blockbusters, cioè ordigni capaci da soli di distruggere un intero isolato di edifici, ma le bombe che seguirono erano in gran parte bombe incendiarie, lanciate con lo scopo di provocare incendi difficili, se non impossibili da domare.
Alle 22 e 30 il primo attacco ebbe termine. Questo primo attacco ebbe la funzione di appiccare incendi nel centro cittadino e una volta terminato, di dare l’illusione che il bombardamento si fosse esaurito. Tutti i mezzi di soccorso si attivarono, pompieri e ambulanze e altri soccorritori confluirono sui luoghi dove quella terribile pioggia di bombe aveva causato i danni maggiori. Ma non era che l’inizio di un dramma che si sarebbe concluso solo il giorno dopo quando il terzo colpo di maglio portato da centinaia di aerei americani avrebbe completato quell’opera di morte.
Un vento di morte spaventoso che trascinava con sé nel rogo esseri umani, animali, cose.
Una seconda ondata di 529 bombardieri Lancasters sarebbe giunta all’una e trenta, esattamente tre ore dopo, tempo calcolato per dare modo ai soccorsi di giungere e alle persone di uscire dai rifugi, e avrebbe irrorato la città con un micidiale lancio di bombe incendiarie, bombe incendiarie che sommandosi agli incendi provocati dall’ondata precedente, avrebbe creato un rogo mostruoso e infernale, capace di provocare una tempesta di fuoco già sperimentata un paio di anni prima ad Amburgo. Grazie al gioco dell’aria rovente che leggera saliva in alto, lasciava a terra un vuoto pneumatico dove confluiva l’aria circostante violentemente risucchiata, creando un vento di morte spaventoso che trascinava con sé nel rogo esseri umani, animali, cose.
Il colpo finale lo diedero Il mattino successivo su una città che altro non era che un immenso, immane, infernale rogo. L’attacco fu portato da 450 Fortezze Volanti che appartenevano alla Prima Divisione Aerea Americana e da altre 300, appartenenti alla Terza Divisione Aerea Americana. Questa massa di bombardieri Alle 12 e 22 del 14 febbraio sganciarono praticamente indisturbate il loro ultimo carico di bombe.
Oltre 200.000 morti
Molte polemiche seguirono negli anni a questi fatti. Nel 1962 David Irving scrisse Apocalisse a Dresda, il libro dal quale abbiamo tratto le notizie principali per questo articolo e che ora si trova da anni fuori catalogo. Il libro, documentatissimo, minuzioso, perfino pignolo, descrive nel dettaglio gli avvenimenti di quelle due luttuosissime giornate; tuttavia si contesta a Irving, non si sa bene su quale base, il numero delle vittime. Irving parla di un numero minimo di 135.000 morti, ma poiché la strage di esseri umani e le circostanze in cui avvenne fu tale che difficilmente si potrà giungere ad un numero esatto, stima che i morti potrebbero essere stati molti di più, 200.000 e oltre.
Bisogna anche notare, giusto per sgomberare il campo da facili accuse di partigianeria nei confronti dell’autore, che quando Irving scrisse il libro, era ben lungi dall’essere un autore revisionista, ma anzi, uno degli intenti più volte dichiarati nel testo è quello di celebrare le imprese belliche inglesi. La storiografia revisionista moderna, revisionista di segno opposto a quella di cui viene accusato Irving, ha contestato queste cifre, parlando di un numero di vittime non superiore alle 20, 30.000 unità.
Nessun crimine può giustificarne un’altro
Di certo, di innegabile rimane il fatto che quel bombardamento fu un atto di inenarrabile crudeltà, un atto di puro e cinico terrorismo pagato da migliaia di civili innocenti, portato a termine contro una Germania ormai agonizzante e quindi militarmente tutto sommato superfluo; atto al quale non vale contrapporre, per giustificarlo, i crimini del nazismo, perché nessun crimine può giustificarne un altro.
Nessun commento