Per realizzare i suoi sogni di egemonia nordafricana, la Francia brandiva come un’arma la diversità etnica e culturale e promuoveva i conflitti settari per raggiungere i suoi obbiettivi coloniali.
Divide et impera
Per gli strateghi coloniali ‘dividi e conquista’ era la strategia preferita per sfruttare i punti deboli delle sue vittime e nulla ha dato ai francesi più forza che gli attriti fra identità e etnie differenti in Nord Africa.
L’esperimento divenuto politica cominciò in Algeria. La colonizzazione francese nel paese ha resistito 132 anni, dal 1830 al 1962, e ha visto l’utilizzo di ogni mezzo e risorsa per soggiogare il popolo algerino. Nel processo, l’Algeria perse quasi il 10% della sua popolazione con più di cinque milione di morti.
La Francia intraprese una sanguinosa guerra per la sottomissione facendo ricorso ad un pesante armamentario: napalm, bombardamenti aerei, distruzioni, torture e omicidi. Ma utilizzò anche mezzi meno rumorosi ma più insidiosi che mirarono alle componenti dell’identità algerina: alle etnie berbera e araba.
La Francia utilizzò ogni mezzo per soggiogare il popolo algerino
La Francia ha usato ogni possibile mezzo per soggiogare il popolo algerino, cosa che ha portato alla morte di milioni di esseri umani, e al ferimento di molti di più.
“Questo ha portato ad un feroce conflitto fra arabi e berberi, soprattutto per le leggi ingiuste adottate dai governi successivi, governi che fecero del loro meglio per annullare l’identità nazionale algerina,” dice Abdulbasit Sharqi parlando a TRT mondo.
La Francia aveva due possibilità. I colonizzati potevano combattersi a vicenda, e in questo modo mancare di unirsi contro i loro signori coloniali, o insorgere uniti contro la madre Francia. Grazie a un buon numero di conflitti creati dalle strutture del potere coloniale, alcune relazioni non sono mai ritornate allo stato primitivo, e hanno dato origine alle moderne tensioni settarie, tensioni che rifiutano di ricomporsi.
Arabi e Berberi insieme opposti contro la Francia
Ma non è stato sempre così. Gli arabi e i berberi un tempo condivisero la causa comune che li opponeva alla Francia, e condivisero gli innumerevoli racconti delle loro ‘gloriose imprese’ e della resistenza accanita contro le forze francesi soverchianti.
Le regioni montuose della Kabilia con i loro duri montanari berberi si rivelarono praticamente impossibili da conquistare e ci fu bisogno di un diverso approccio.
Lalla Fadhma N’Soumer (1830 – c.1863) fu un importante figura, orgogliosamente Berbera, del movimento di resistenza algerino durante i primi anni dell’invasione coloniale dell’Algeria. Fu l’anima della lotta. (Wiki commons)
Questo diede alle forze coloniali un’incontrollata egemonia, egemonia supportata da opportunisti locali, personaggi che divennero loro fantocci. La frammentata resistenza e un terreno dove si scontravano le diverse identità, permise ai padroni coloniali di dominare i loro sudditi come se suonassero il violino.
Secondo quanto sostenuto da numerose fonti storiche e da conoscitori dell’argomento, per rinforzare la presa sui territori, il Nord Africa ha visto un intenso uso di questa tecnica durante il dominio coloniale francese. La Francia operò attivamente per creare divisioni etniche e linguistiche nelle società del Maghreb. Tutto questo fu fatto con il dichiarato scopo di istigare il conflitto interno e seminare discordia fra popoli dello stesso paese.
Nulla fu più utile al mandato coloniale francese della divisione arabo-berbera, specialmente in Algeria e in Marocco. Fu una divisione alimentata fra i berberi-amazigh e gli arabi che secoli prima erano arrivati provenienti dalla Penisola Araba.
Questo fu il risultato di fredde, ponderate indagini e ricerche condotte da scienziati e sociologhi coloniali. Le prime spedizioni esplorative francesi dedicarono grandi energie e risorse per identificare i più minuti dettagli sociali e per segnare con precisione i confini geografici e demografici.
L’obbiettivo finale? Alimentare le tensioni per farle esplodere nella lotta politica intestina e nel conflitto aperto che avrebbe dovuto frammentare il tessuto sociale, e ridurre l’opposizione alla colonizzazione.
La Francia sfruttò le differenze etniche e linguistiche nelle società del Nord Africa per generare discordia, divisione e conflitto fra figli della stessa terra. (Getty Images)
Guerre identitarie
Abdulbasit Sharqi, il ricercatore algerino di storia moderna, afferma che la Francia ha usato la questione arabo-berbera in tutti i modi possibili utili ai suoi interessi: “Ha usato la questione Berbera al fine di attrarre al colonialismo i gruppi kabili predominanti nelle regioni Amazigh, prima della rivoluzione Kabila del 1871. Quindi ha messo fine ai suoi sforzi e si è concentrata nella costruzione di un’identità araba in contrapposizione agli abitanti rivoluzionari della Kabilia. Ha poi ripreso il progetto dopo la fine della seconda Guerra mondiale nel 1945, dopo che I nazionalisti arabi nella regione si erano accordati con la Germania nazista.”
Charles-Robert Ageron, uno storico francese, nel suo libro ‘ Musulmani algerini e Francia: 1871-1919’ ammette che la Francia inventò ciò che divenne nota come la ‘leggenda Kabila’. Il mito attribuiva ai berberi, che si presumeva avessero radici europee, lineamenti, aspetto e origini diverse, e affermava che berberi e arabi erano destinati ad un odio incessante. La campagna di propaganda che cercò di diffondere il mito arrivò al culmine già nel 1863 per rispondere all’iniziativa della ‘Repubblica Araba’ di Napoleone III.
L’amministrazione coloniale francese concesse alle regioni berbere algerine anche l’autonomia giudiziaria e amministrativa, in particolare nelle università, al fine di creare astio fra gli arabi che percepivano la parziale autonomia come il risultato della cooperazione con i francesi.
Secondo Sharqi Abdulbaset “comunque, la Francia ha rapidamente capovolto la sua posizione sul ‘mito’ storia-origine, dopo aver compreso che i Kabili erano di fatto al corrente delle politiche razziste francesi”.
Hemal Abdelsalam ha chiarito nel suo libro ‘La storiografia francese in Algeria: 1830-1962’che l’idea che stava dietro alla frammentazione in multiple rivalità etniche di una nazione ebbe origine in Egitto. Napoleone la utilizzò fino al punto critico durante la sua campagna, prima che fosse adottata dai leader coloniali francesi in Algeria. La Francia ha fatto ricorso a questo metodo utilizzandolo fra regioni demografiche, quindi fra etnie, e persino tra famiglie influenti.
Cosa c’è in un nome?
Questo significava spezzare le tribù più importanti che fungevano da asse di resistenza ai francesi. Secondo l’uso dell’amministrazione francese, i cognomi registrati furono resi necessari per ogni transizione. Raccontando aneddoti, gli algerini ricordano come ritornando da un viaggio trovassero i loro stessi fratelli e le loro sorelle a cuierano stati imposti cognomi diversi.
Poiché la maggior parte delle scuole erano state chiuse, solo il 10% degli algerini erano in grado di leggere e scrivere, così permettendo agli amministratori francesi di dare cognomi offensivi e irrispettosi ai membri delle tribù che non si piegavano, cognomi che persistono fino a oggi.
Se i legami tribali hanno inizialmente resistito ai cambiamenti, le generazioni successive hanno perso traccia delle parentele; infine hanno visto la frammentazione dei gruppi famigliari più grandi nella resistenza ai francesi.
Gli studi coloniali francesi si concentrarono nella creazione di differenze fra Algeria e Marocco, così come fra arabi e berberi indigeni. (Getty Images)
Politiche razziste in Marocco
La Francia colonizzò il Marocco nel 1912, dopo che era stato firmato un trattato che riduceva il paese a protettorato e in cui il sultano accettava la sua autorità. Dopo essersi impadronita del potere centrale, la Francia ebbe lo stesso approccio alla difesa dei suoi interessi che aveva perfezionato in Algeria.
Tutto ciò fu fatto con l’esplicito obbiettivo di estendere l’influenza francese sull’intero Marocco, in particolare sulle regioni berbere che erano famose per la loro resistenza e la loro opposizione alla Francia. A questo fine fu mandato il generale Henri che aveva combattuto i Kabili in Algeria, e inaugurò ‘una strategia per un protettorato Berbero’che fu attuata dai soldati francesi.
Secondo lo storico marocchino Hassan Aurid, il compito di realizzare questa strategia fu assegnato ai generali francesi, che fecero leva“su divisioni che erano sociali più che linguistiche.” Nell’intervista con TRT Mondo, ha poi aggiunto: “dopo il suo arrivo in Marocco, Henri viaggiò attraverso le regioni berbere e dell’Atlas.”
Aurid prosegue e dice che la ‘Politica Berbera’fu per la prima volta messa in atto verso la fine del 1914, imponendo zone amministrative e giuridiche speciali nelle regioni berbere dove tradizionalmente ci si basava su norme e non su leggi. Tutto ciò avrebbe portato all’elezione di rappresentanti berberi e di capi tribali, nonostante una lealtà fragile e debole verso l’autorità centrale francese.
“Questo passaggio è stato fondamentale per la politica Berbera,” afferma Aurid e mette in chiaro che il generale Henri era in quel tempo il principale consigliere presso le autorità francesi sulle questioni riguardanti i berberi, e quando fu dislocato in Marocco, avrebbe messo a frutto l’esperienza maturata combattendo le tribù kabile in Algeria.
La Francia colonizzò il Marocco nel 1912, dopo aver firmato un accordo di protettorato che vide il sultano del Marocco accettare l’autorità francese. (Getty Images)
Le politiche divisive francesi dopo la prima Guerra mondiale ebbero anche un secondo caposaldo, caposaldo che consisteva nella sovversione di capi regionali a cui venivano offerti privilegi speciali in cambio dei loro servigi. Aurid nota che questa strategia fece sorgere “scuole amministrative e militari speciali per formare una nuova élite berbera in grado di parlare francese e tamazight, allo scopo dichiarato di creare discriminazioni.”
Tutti contro tutti, e nessuno per qualcuno
Dice Mu’ti Munjib che “la Francia applicò la politica del tutti contro tutti.” Il maresciallo Hubert Lyautey, che condusse la campagna francese in Marocco e in Indocina cercò di evitare una guerra di logoramento in Marocco e in Algeria, guerra di logoramento che avrebbe dissanguato la Francia mentre era impegnata nella prima guerra mondiale.
Munjib afferma che, a questo scopo le autorità coloniali francesi presero ogni possibile misura per “accendere il conflitto fra le tribù con contenziosi storici, alfine di distrarle dal loro vero nemico”. “La Francia arruolò i figli di queste tribù nell’esercito francese per farli combattere contro nemici tribali, mentre utilizzava molti capi regionali per imporre la sua egemonia, avendo così modo di concentrare le sue forze nella guerra mondiale”.
Munjib pensa che gli strateghi coloniali non si limitarono ad applicare la politica del ‘dividi e conquista’per quanto riguarda divisioni linguistiche ed etniche, ma si avvalsero di questa politica anche nella religione. Non solo chiusero tutte le Madrasa (scuole tradizionali per l’insegnamento religioso), ma giustiziarono la maggior parte dei sapienti e in seguito promossero una versione pacifista del Sufismo totalmente in contrasto con l’eredità storica dei Murabitun; sacerdoti, studiosi e guerrieri sufi che presidiavano avamposti e torri nelle zone più remote dei territori islamici, completamente immersi nell’adorazione durante la notte e nella battaglia durante il giorno
Munjib dice ancora: “Strinsero amicizia con gli ebrei algerini offrendo loro cittadinanza, possedimenti terrieri e privilegi commerciali. Cremieux, ministro della giustizia nel 1878, presentò un piano che offriva agli ebrei una cittadinanza specifica, mentre in Marocco si praticava una politica di pacificazione e di assimilazione.”
Dopo qualche tempo, aggiunge, I musulmani in Nord Africa arrivarono a considerare gli ebrei come indiscutibilmente francesi.
Fu un successo la politica francese di assimilazione e di artificiosa divisione in Africa?
“Lo fu, in misura limitata,” dice Munjib. L’amministrazione coloniale francese operò per raggiungere i suoi prefissati obbiettivi, ma nel tempo le si sarebbero rivoltati contro. Il sorgere di sentimenti nazionali generò il bisogno della decolonizzazione e dell’indipendenza.”
Mentre il progetto coloniale francese può non aver avuto successo, la storia delle tensioni fra arabi e berberi è in gran parte dimenticata ma il conflitto persiste. Alla fine, la Francia potrebbe aver avuto l’ultima risata.
Articolo di Adam Bensaid pubblicato su TRT World
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