Tra le letture che potrebbero rivelarsi feconde in questi giorni di quarantena nazionale vi è senz’altro Sete (Voland edizioni, traduzione di Isabella Mattazzi) l’ultimo romanzo di Amélie Nothomb. E’ uscito in Italia il giorno in cui c’è stato il primo paziente positivo al test del virus COVID19, il 20 febbraio, ma la storia raccontata non parla di epidemie. E’ un romanzo in cui Gesù in prima persona ci descrive i suoi stati d’animo dal momento della sua condanna a morte fino a dopo la sua resurrezione.
Benché il paese stia vivendo le maggiori limitazioni alle libertà personali dalla seconda guerra mondiale, resta notevole la distanza tra gli insoliti stati d’animo che stiamo provando per il brusco cambiamento delle nostre abitudini e il mutamento della percezione che si può avere in momenti di assolutezza come quelli vissuti da un condannato a morte. Ciononostante, stiamo sperimentando quanto di più prossimo al confino si potesse mai immaginare. Questo libro potrebbe aiutarci a gustare fino in fondo il tempo dilatato che ci viene offerto dalle inedite restrizioni in vigore perché il tempo del racconto è esso stesso dilatato. Nei Vangeli la crocifissione segue rapidamente la condanna con cui si conclude il processo a Gesù, la Nothomb invece rallenta questo tempo trasformandolo in una notte intera. Non si tratta di una nuova sceneggiatura ma di uno slow motion per scandagliare i diversi fotogrammi.
Una prospettiva nuova o la solita blasfemia?
Più che per il soggetto impegnativo scelto dalla scrittrice belga questo romanzo si caratterizza per l’angolazione dalla quale è possibile osservare il protagonista della storia. Ci viene offerta una prospettiva interiore che guarda al mondo esterno attraverso la fessura per gli occhi di un’armatura.
Siamo lontani quindi dai tentativi di revisione storiografica della vita di Gesù che tipicamente sfociano in una venerazione laica, e talvolta perversa, dei Vangeli apocrifi o dei Rotoli del Mar Morto (alcuni dei quali recentemente dichiarati inequivocabilmente falsi).
La versione dei Vangeli canonici viene qui messa in discussione diverse volte ma senza particolari riferimenti a fonti alternative che non siano l’ispirazione dell’autrice. Non vengono seguiti indizi in stile Dan Brown ma si entra in sintonia con un’opera d’arte come la Pietà di Michelangelo: “Mi colpisce l’acutezza dello sguardo degli artisti. Alcuni di loro, e non i meno noti, hanno percepito il ringiovanimento di mia madre”. Uno degli obiettivi ambiziosi di quest’opera è quello di riequilibrare l’impatto, ritenuto negativo, che la vicenda dell’estremo sacrificio del Gesù ha avuto sulla cultura e nella società occidentale, un ambito questo mai troppo investigato.
A 50 anni dall’uscita del disco La buona novella di Fabrizio De Andrè il Gesù “diverso” suscita ancora un certo interesse. A differenza del cantautore genovese però la Nothomb non incarna un sentimento socio-politico (“non ho fantasticherie di uguaglianza”) ma racconta un’esperienza mistica e lo fa alla maniera di chi ne conosce almeno il profumo.
De Andrè dichiarò di avere “urgenza di salvare il cristianesimo dal cattolicesimo. I Vangeli apocrifi sono una lettura bellissima con molti punti di contatto con l’ideologia anarchica” e scelse un soggetto troppo all’avanguardia per quel tempo che si è poi rivelato più chiuso dell’apertura che veniva professata. Amélie Nothomb patrocina invece il riscatto delle fede dalla religione in un’epoca però, e in una parte del mondo, in cui di imposizioni religiose non sembra esservi traccia. Al contrario, è possibile scrivere cose oggettivamente blasfeme ed ottenere consensi.
Partendo dalla compenetrazione nella parte più dolorosa della vita di Gesù, e nella convinzione che la narrazione del sacrificio di Cristo abbia portato a conseguenze nefaste nella Storia, l’autrice attribuisce al “dio-padre” errori e colpe che anche il più sportivo dei religiosi non può non considerare la cosa come blasfemia. “Ma dove salta fuori che Dio è il bene?” nel libro è una domanda retorica ma è un interrogativo che in questi giorni di paura e angoscia ogni persona onestamente religiosa potrebbe serenamente porsi per confutare o confermare le proprie certezze.
Nei momenti meno drammatici del libro quando si parla del “dio-padre” il registro, sempre finemente ironico, ricorda un po’ quello dei preti pop, dei frati francescani, di quelle guide religiose che riescono a tenere i giovani in chiesa fino a 15 anni anziché fino a 10. Però nel libro è il “dio-figlio” che parla, e lo fa a volte in modo psichedelico.
L’incarnazione spirituale
Per la Nothomb l’incarnazione è di tutti, è in tutti, e fa dire a Gesù che i miracoli sono potenzialmente possibili a chiunque, previa capacità di saper padroneggiare la scorza che abbiamo sottopelle e nella quale sembrerebbe albergare lo spirito-anima. E’ intorno a questo “modello” che si manifesta la concezione mistica e non magica dell’autrice. Non ci sono trucchi da apprendere né tecniche da imparare, siamo nella sfera del controllo dei propri stati interiori per fare con la scorza quello che si fa con un chewing-gum quando lo si mastica.,KMJK
All’inizio del romanzo Gesù racconta del perché non ha replicato, nemmeno con le espressioni del volto, a chi aveva reso testimonianza contro di lui nel processo: “Non ho detto nulla perché avevo troppo da dire … Non sarei stato capace di nascondere il mio disprezzo. Provarlo mi tormenta…. Certi sentimenti non vanno repressi, bisogna aspettare che passino senza cercare di combatterli… cosi non lasceranno alcuna traccia. Il disprezzo è un demone dormiente. E un demone inattivo perisce in fretta… Tacere il mio disprezzo significava impedirgli di agire”.
Questo è un tipico insegnamento dei maestri spirituali, quale certamente era Gesù, e nel libro viene veicolato al modo dei maestri spirituali cioè con la capacità di materializzare davanti al lettore più sensibile una doppia scena: quella della vista esteriore (Ponzio Pilato, i testimoni…) e quella della vista interiore (sui moti dell’animo, dell’anima…). Per chi riesce a mettere a fuoco questa doppia vista non v’è particolare scandalo in altri elementi della storia su cui si concentra l’occhio più superficiale. NB: ogni riferimento alla relazione tra Gesù e Maddalena è puramente voluto.
La Marchesa Del Grillo
Sul finale del libro la “riforma” di Amélie Nothomb dispiega le ali e finisce per dare i resti a tutti: “Amare è molto meglio dell’amore. La grande differenza tra me (Gesù) e mio padre è che lui è amore e io amo”. Ma in filigrana si era stati preavvisati che l’incalzare della colonna sonora non sarebbe stato un delirio fuori controllo. In una delle volte in cui Gesù parla, sempre ironicamente, delle inesattezze del Vangelo di Giovanni dice che “L’unico evangelista ad aver manifestato un talento di scrittore degno di questo nome è Giovanni. Anche per questo la sua parola è la meno affidabile”.
Ma chi più di uno scrittore di talento può farti evadere dalla quarantena, portarti a spasso per la Via Dolorosa di Gerusalemme, mostrarti il lato comico di una tragedia, per poi tentarti ad osare?
Nessun commento