Un recente documento prodotto Imperial College di Londra, una delle università più prestigiose del Regno Unito per le scienze matematiche ed epidemiologiche, mostra un modello matematico predittivo dell’andamento dell’epidemia di covid19 in corso.
Il lavoro in questione, tenendo conto dei dati disponibili attualmente, mette a confronto diverse strategie di interventi non farmaceutici (INF) di contenimento dell’epidemia tra loro e verso l’ipotesi di non intervento.
Per interventi non farmaceutici (INF) si intendono tutte quelle misure tese a ridurre la diffusione del contagio nella popolazione, quindi tutte quelle misure come la quarantena dei malati, la chiusura delle scuole o la limitazione degli assembramenti di persone a cui stiamo assistendo in questi giorni nella nostra vita quotidiana. Già in passato, come ad esempio nell’epidemia influenzale del 1918, simili misure si sono rivelate utili al loro scopo se introdotte abbastanza precocemente, mentre in genere si assiste ad un nuovo incremento del contagio all’allentamento delle stesse.
Questa sorta si simulazione matematica dei diversi scenari è stata applicata alla realtà Statunitense e a quella del Regno Unito, ma verosimilmente è compatibile con le realtà di tutti i Paesi occidentali.
Tenendo conto di tutti i limiti di un modello matematico, che per quanto ben fatto non potrà tenere conto di tutti i parametri in gioco, di cui molti ignoti, altri non prevedibili come ad esempio l’effetto dell’immunità acquisita dalla popolazione, oppure di quelli di ordine più qualitativo che quantitativo, come la suscettibilità della popolazione, credo si possano sinteticamente estrapolare da questa simulazione almeno due considerazioni.
In primo luogo che quanto più stringenti saranno le misure di contenimento del contagia tanto più si corre il rischio di una sua forte ripresa all’interruzione delle stesse, di conseguenza esiste quindi l’ipotesi che ci dovremmo adattare ad una strategia di contenimento a singhiozzo, cioè alla reintroduzione delle misure di contenimento ad ogni recrudescenza.
La seconda considerazione è che in ogni caso i tempi di risoluzione di quella che oramai è stata definita una pandemia, saranno considerevolmente lunghi, mesi, qualche anno forse, il rapporto parla di almeno 18 mesi.
Chiaramente tutto ciò per il momento è solamente teorico, ma a breve l’esito delle drastiche misure adottate dalla Cina, o di quelle più eleganti ma ugualmente efficaci adottate dalla Corea del Nord, sapranno darci elementi sufficienti per fare previsioni più attendibili.
Se in questi paesi dovessero esserci delle recrudescenze di malattia, cosa probabile almeno che di una improbabile eradicazione del virus o una immunizzazione di massa, allora dovemmo prepararci a un cambiamento permanente dei nostri stili di vita.
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