Il generale egiziano AbdelFattah Al Sisi, scomparso da giorni dalla scena politica del paese, era in quarantena, dopo che diversi generali a lui vicini sono risultati positivi, poi deceduti a causa del virus. Ad oggi sarebbero almeno 15 tra generali, colonnelli e tenenti i decessi registrati da Coronavirus, situazione che sta creando tensione e panico all’interno della cerchia ristretta di Al Sisi. Il paese intanto è nel caos con numeri in aumento e studi indipendenti affermano che i casi reali sarebbero più di 45.000.
Come si è diffuso il virus tra l’esercito
Da tempo sono in corso i lavori per la costruzione della nuova capitale amministrativa egiziana: una megalopoli protetta da muri alti 3 metri di cemento armato dove da progetto avranno sede il quartier generale dell’esercito, le residenze di Al Sisi e dei suoi uomini, ville per uomini d’affari vicini al potere.
A sovraintendere i lavori, un’azienda cinese che con ingegneri e operai sta lavorando a ritmo serrato, per consegnare il lavoro entro il 30giugno 2020 come da richiesta della presidenza egiziana. Il problema è che l’azienda per poter lavorare senza sosta, sta reclutando dalla Cina centinaia di operai ed addetti, anche in tempi di Coronavirus, con l’approvazione di Al Sisi che per non interrompere i lavori ha deciso di tenere aperti e anzi potenziare i voli da e per la Cina.
Da qui si sarebbe diffuso il virus all’interno della capitale in costruzione contagiando manovali cinesi e poi operai egiziani. Non solo, il virus si è diffuso poi tra soldati, colonnelli, tenenti e generali presenti all’interno della città, per colloqui ed incontri con Al Sisi.
L’incontro contagioso e le (non) misure di prevenzione
A diffondere il virus poi, c’è stato l’incontro del 3 marzo scorso dove Al Sisi ha incontrato in una sala piccola e gremita centinaia di generali e uomini delle forze armate per parlare proprio della situazione Coronavirus nel paese. Da lì alcuni generali, colonnelli e tenenti nei giorni seguenti avrebbero iniziato ad accusare i primi sintomi poi aggravati che avrebbe portato a decine di decessi tra le fila delle forze armate.
Per questo motivo il presidente egiziano sarebbe stato messo in quarantena, senza che siano stati vengano avvisati i partecipanti a quell’incontro della necessità anche per loro di entrare in quarantena volontaria. Non solo. Solo poche persone vicine Al Sisi sarebbero state a conoscenza della quarantena del presidente che ha preferito non informare l’esercito del rischio di contagio, mettendo a rischio i militari. Al Sisi è ricomparso ieri dopo 15 giorni di quarantena affermando che “Il paese è protetto da Dio” e di non preoccuparsi.
Di fronte alle richieste da parte di decine di generali di fermare i lavori della megalopoli dove il virus è scoppiato, il presidente ha rifiutato mentre gli operai egiziani impegnati nei lavori sotto l’azienda Orascom dell’imprenditore Nagib Sawiris, vicino ad Al Sisi, hanno indetto scioperi di massa per chiedere di interrompere i lavori per il rischio contagio.
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