Mia nonna è deceduta ieri pomeriggio, dicono. A causa del Covid19. Non è stata accolta in ospedale e non le hanno fatto il tampone, in quanto troppo anziana ma ora a posteriori è stata riconosociuta vittima del Coronavirus.
E chissà quanti di voi che state leggendo avete perso un nonno, un padre, uno zio, un amico in queste circostanze, senza poter avere una chiara idea di quanto stava succedendo, perché rinchiusi in casa.
Noi abbiamo potuto vederla solo quando non c’era più nulla da fare. Già pronta per l’inumazione in un sudario, proprio di quelli in cui si avvolgono i morti musulmani.
“Eh signora i sintomi del Coronavirus arriveranno più avanti” rispondeva il medico a chi obiettava evidenziando l’assenza di problemi respiratori.
Sono passate settimane in cui oltre ad una febbre che saliva e scendeva, gli altri valori erano tutti a posto.
Il medico ha deliberatamente deciso che la sua vita aveva improvvisamente perso il requisito della “qualità”.
Mia nonna aveva 90 anni e conviveva con la sua demenza senile da diverso tempo ormai. Spesso non riconosceva più neanche mia madre, che andava a visitarla tutti giorni.
Tutto vero, ma mia nonna ha lottato da sola in quel letto fino alla fine. Il suo corpo ha combattuto per settimane e la febbre ne era una evidenza.
Ha resistito per giorni interi senza una goccia d’acqua aggrappandosi a quel poco di vita che le rimaneva.
Soffriva tanto? Non lo sappiamo.
Di certo c’è che non è accettabile che qualcuno possa morire di sete. Neanche il peggiore dei criminali.
Mia nonna era una donna forte ed aveva scampato la morte un numero incredibile di volte. Spesso i medici l’hanno data per spacciata e lei ribaltava sempre ogni macabro pronostico.
Mi ricordo di una volta in cui da bambino dei ragazzini mi avevano strattonato e minacciato senza motivo.
Corsi da lei in lacrime raccontando l’accaduto e lei prontamente aveva indossato una giacca sopra la solita vestaglia casalinga e si era precipitata in strada alla ricerca di quei tali che avevano osato insultare il suo preziosissimo primo nipote.
Finí per trovarli e schiaffeggiarli di fronte a me senza però dimenticarsi, poi, una volta a casa, di biasimarmi per il mio comportamento da ‘mammoletta’ e di spronarmi a difendermi da solo qualora fossi stato ingiustamente attaccato ancora una volta in futuro.
Ora non è più il tempo delle polemiche, anche perché lei non tornerà più in vita in questo mondo, perché noi non possiamo convivere con questo dubbio lacerante e perché i carabinieri ci hanno ‘italianamente’ sconsigliato qualunque rivendicazione dei nostri diritti. Il nostro Creatore peró provvederà a fare giustizia prima o poi. Questo è sicuro.
Una cosa almeno la dobbiamo tenere a mente adesso.
Quando usciremo da questa crisi infinita forse ci ricorderemo il tempo in cui eravamo rinchiusi come topi da laboratorio nelle nostre quattro mura in attesa del nostro incerto destino, senza più gli abbracci e le carezze dei nostri cari, senza poter lavorare o socializzare, senza poter respirare l’aria fresca del mattino o compiere qualunque altra attività all’aperto che non fosse quella dell’acquisto di beni essenziali per sopravvivere: quando sopportavamo passivamente tutto questo ‘per decreto’, convinti a livello globale che questo fosse l’unico livello di “qualità della vita” a nostra disposizione.
Ebbene in quel momento ci dovremo ricordare anche che qualcuno ‘ai tempi del Coronavirus’ decideva per noi quale era il livello di qualità della vita per cui avrebbe valso la pena di vivere.
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