Sono anni che ci raccontiamo di Islam italiano, cosa voglia dire poi questa espressione non l’ho ancora capito. Tutti pretendono da noi musulmani un salto culturale che in alcune nazioni dopo un secolo non è ancora stato fatto, in altre parole lasciarsi dietro il retaggio culturale d’origine e formarne uno qua, attuale e più reale.
Sta di fatto che i musulmani sono la prima minoranza religiosa d’Italia (così come si dice dei copti d’Egitto) e come prima minoranza dal punto di vista personale abbiamo diritti e doveri, sacrosanti sanciti dalla Costituzione. Come Fede religiosa, legalmente, noi non esistiamo.
Anzi i musulmani ci sono per gli open mosque, l’iftar street, abbuffate che portano a pensare che couscous e thè marocchino siano pietanze addirittura islamiche.
I musulmani in Italia esistono senza essere riconosciuti e fino a qualche settimana fa, nemmeno i musulmani si sentivano parte integrante della realtà socio-culturale del Paese. I nostri imam spesso e volentieri non solo non parlano l’italiano, ma non lo sanno e spesso, molto spesso direi, nemmeno lo vogliono imparare.
Il Covid 19 ha cambiato lo scenario, ha fatto un bene immenso a noi musulmani, perché come dal nulla, a confini chiusi, ci siamo riscoperti italiani, gente del territorio, tappezzando di tricolori le foto sui social , ma non per qualche festività, bensì per una solidarietà comune.
Nulla di strano si potrebbe dire, normale amministrazione nei tempi di crisi. Invece no, i musulmani sono scesi in prima linea: la comunità di Saronno che si è subito resa disponibile per il servizio spesa agli anziani e molte altre grandi e piccole si adoperate nella solidarietà senza discrimini religiosi o etnici.
Iniziano le prime donazioni agli ospedali locali, in altre parole comunità islamica che raccolgono per il proprio ospedale a livello comunale o provinciale. Le somme variano a seconda della grandezza della comunità. Per quelle più piccole le somme sono di poche migliaia di euro, per le raccolte provinciali arrivano a decine di migliaia. Sembra un sogno che si realizza, i musulmani, che non ricevono alcun aiuto, stanno aiutando e la corsa solidale diventata una competizione nel bene, un semplice voler partecipare al puzzle nazionale per arrivare tutti a dare il proprio, seppur piccolo contributo.
Finora la grande maggioranza delle salme di musulmani, che dovrebbero essere seppelliti nel cimitero più prossimo alla morte, erano traslati “a casa loro” dai congiunti in prevalenza di origine straniera con costi esorbitanti per le famiglie perché chi stava di là potesse dare un ultimo saluto (conosco i costi perché mi hanno costretto a rimpatriare la salma di mio padre). Ora la chiusura dei confini ha fatto fare un salto di consapevolezza, dettata dalla necessità ma che potrebbe diventare una norma.
Succede però, che molte città non hanno i cimiteri per musulmani. È partita così la campagna “degna sepoltura per tutti” con l’hashtag #NONLASCIAMOINDIETRONESSUNO.
Naturalmente potremmo dire: non potevamo svegliarci prima e iniziare a chiedere cimiteri al tempo opportuno? Ma meglio tardi che mai.
Invero nessuno si aspettava tutto ciò e ormai siamo nel bel mezzo della pandemia e tocca rattoppare buchi, una volta sbagliando e una volta facendo bene.
Il fatto è che il Covid19 ha trasformato i musulmani da semplice prima minoranza religiosa, fatta in prevalenza da credenti di origine straniera, in persone che si sentono a casa loro. L’Italia non è più solo il Paese dove lavoro e che lascerò una volta in pensione, ma è diventato la casa di molti, e forse lo è da tempo, ma semplicemente, non ce ne eravamo accorti.
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