Michela, OSS in Lombardia: “Costretti ad indossare i pannoloni sotto la tuta per assistere i pazienti con Covid-19, dobbiamo rimanere fino a 10-11 ore senza mangiare, bere, mingere, senza parlare di chi è mestruata; è terribile”.
Michela ed è una Operatrice Socio Sanitaria in Lombardia, la lettera che ha inviato ad un giornale specializzato nel settore in cui opera, è straziante:
“Mi chiamo Michela e lavoro come OSS … voglio parlarvi della mia esperienza, che mi sta destabilizzando dal profondo. Lavoro in un reparto COVID-19 da tre settimane,….
Vorrei lamentare la mancanza assoluta di informazione sul contagio e sull’argomento Coronavirus per e tra noi OSS. L’azienda ci tiene all’oscuro di tutto. Ci dà presidi di protezione individuale (mascherine FFp2, tute, calzari, visiere e guanti) che dobbiamo tenere addosso (fatta eccezione per i guanti) per almeno 48 ore, e cercare di non rovinarli perché non ce ne danno altri.
Facciamo turni da 6, 7 e 11 ore (mattina, pomeriggio, notte) sempre utilizzando la stessa tuta..
E’ difficile rimanere tanto tempo nello stesso “scafandro” senza bere, mangiare, mingere o evacuare. Sudiamo come pazzi e per fortuna che sono in menopausa da anni perché non invidio proprio le mie colleghe che hanno le mestruazioni.
Con gli altri OSS abbiamo escogitato un sistema che funziona, gli Infermieri, i Medici e gli altri Professionisti Sanitari si rifiutano di utilizzarlo: indossiamo pannoloni non chiusi che ci permettono almeno di tamponare l’emergenza, così possiamo mingere, raccogliere il mestruo e in casi rari anche evacuare. Lo dico perché è capitato che qualche collega si è infettato ed ha avuto diarrea improvvisa, lo abbiamo dovuto soccorrere e igienizzare in emergenza….
So di altri colleghi che utilizzano pannoloni a strisce o mega assorbenti, il risultato resta identico. Ovviamente cerchiamo di prevenire anche lesioni cutanee auto-gestendoci come gestiamo i nostri pazienti mediante paste-barriera e igiene accurata dopo ogni turno.
La paura è tanta, tanti miei colleghi, tanti medici, tanti infermieri e tanti altri professionisti si sono ammalati, qualcuno è in terapia intensiva, qualcun altro è deceduto. Viviamo nel terrore più assoluto, quando torno a casa evito di abbracciare i miei figli, evito di stare a contatto con mio marito, perché ho paura di infettarli. Vivo male, vivo come un’appestata.
Michela, Operatrice Socio Sanitaria
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