La UE ha di recente pubblicato alcuni dati Eurostat 2018 che mostrano il tasso di mortalità infantile dell’ UE. I dati hanno dimostrato che il tasso di mortalità negli ultimi 20 anni circa è dimezzato passando da circa 6.6 morti su 1000 nascite nel 1998 a 3.4 morti su 1000 nascite nel 2018.
I dati mostrano che sebbene l’Italia non sia prima per tasso di mortalità infantile, essa non è neanche fra gli ultimi paesi della UE. L’Italia ha un tasso di mortalità di circa 3 morti su 1000 nascite.
Fra i paesi con il tasso di mortalità infantile più basso vi è invece l’Estonia (1.6) e la Slovenia (1.7). Se la tendenza degli ultimi 20 dovesse continuare, ci si aspetta che i numeri diminuiranno ulteriormente rendendo la mortalità infantile in UE un caso più che raro entro i prossimi 20 anni.
Il paese cha fa peggio in Europa è la Romania, il motivo principale segnalato dalle autorità governative rumene in merito all’alto tasso di mortalità è da ricercare nella mancanza di personale sanitario. L’entrata della Romania nell’UE nel 2007 ha peggiorato la situazione portando 43.000 medici a lasciare il paese. La libertà di movimento a cui l’UE ha portato si è mostrato sicuramente avvantaggioso dal punto di vista economico ma evidentemente meno dal punto di vista sanitario.
Prendere l’esempio della Romania come caso studio è più che importante per l’Italia, uno dei paesi con il tasso di emigrati più alto fra i paesi europei. Sebbene l’Italia non sia ultima in classifica, è riconosciuto che le competenze tecniche del sistema sanitario italiano siano un’eccellenza a livello internazionale. Ma queste competenze hanno bisogno di persone per essere implementate. I dati in questo senso sono chiari e non dei più positivi: del totale dei medici in Europa che hanno lasciato il loro paese per lavorare all’estero il 52% è italiano.
Certo il caso dei migranti italiano all’estero non è nuovo ed è un fatto risaputo soprattutto fra i giovani. L’impatto che questa emigrazione ha sul nostro paese è meno chiaro e l’esempio della mortalità infantile è un caso esemplare che dovrebbe far riflettere le istituzioni sui fattori che potrebbero attrarre le menti italiane a mettere le loro conoscenze al servizio del proprio paese. Per arrivare ad una soluzione sostenibile le istituzioni non possono considerare misure coercitive ma basterebbe ad esempio aumentare i posti nei corsi di specializzazione e migliorare la remunerazione del personale sanitario.
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