Siamo ormai giunti al 5G, la quinta generazione di telefonia mobile cellulare che nel giro di pochi anni consentirà un ulteriore aumento delle prestazioni dei dispositivi mobili ma soprattutto sarà un fattore abilitante per un nuovo paradigma di utilizzo della rete che trasformerà ulteriormente le nostre vite: internet of things. Nel mentre il dibattito sul danno che questa nuova tecnologia può arrecare alla salute si muove nel consolidato solco dell’esposizione ai campi elettromagnetici, quasi non prestiamo attenzione ai rischi per la privacy e per la sicurezza personale che aumenteranno col grado di sviluppo delle smart city. E’ poi quasi assente il dibattito sulla guerra fredda in corso tra USA e Cina nell’ambito delle forniture per la realizzazione di questa nuova rete di telecomunicazioni.
Il 5G e l’Italia
In estrema sintesi, tecnologicamente il 5G porterà: ad un notevole incremento delle performance dei device connessi alla rete, alla possibilità di un numero elevato di dispositivi a distanza ravvicinata tra loro che potranno essere collegati ad internet e, come conseguenza applicativa, alla possibilità di interconnessione intelligente tra tutti questi dispositivi indipendentemente dal fatto che essi siano sotto una stessa rete Wi-Fi e superando il paradigma gerarchico che c’è adesso tra una app sullo smartphone e l’elettrodomestico gestito dall’app stessa.
L’Italia primo paese in Europa verso il 5G
Nel 2014 l’Alleanza per le Reti mobili di prossima generazione (NGMN) fissava gli standard del 5G e nel 2017 il Ministero per lo Sviluppo Economico ha messo a disposizione le frequenze con le quali nel nostro paese ha preso il via la sperimentazione pre-commerciale che ha anticipato l’action plan europeo per il 5G. L’Italia è stato quindi il primo paese in Europa a muoversi per questa nuova tecnologia ma sono gli USA ed il continente asiatico a guidare la partita. In Italia ci sono state ripercussioni sugli investimenti tecnologici derivanti dalla contesa tra USA e Cina, e sempre in Italia c’è stato uno degli studi più significativi sui danni causati dai campi elettromagnetici di questa nuova rete.
Il 5G fa male?
Esistono due tipi di esposizione ai campi elettromagnetici propri dalla telefonia mobile, quella al campo del dispositivo che si usa e quella al campo elettromagnetico di un’antenna. Nel primo caso anche con il 5G ci sarebbero sempre le stesse norme comportamentali: mettere il dispositivo in modalità aereo se lo si tiene vicino al cuscino quando si va a letto, utilizzarlo il meno possibile quando si è in auto, non avvicinarlo all’orecchio mentre si è in attesa che il numero chiamato risponda, e tenerlo il più possibile lontano dal corpo.
Però col 5G quello che si avrà è che ovunque, a partire dalla propria abitazione, saranno tanti e quindi vicini a noi i dispositivi connessi alla rete in modalità “intelligente” 24 ore su 24.
Gli elettrodomestici non saranno più collegati al Wi-Fi in modalità stand-by (cioè in attesa del comando di accensione che può arrivare da remoto) ma avranno tutti qualcosa “da fare”, stando collegati alla rete. Per quanto riguarda i campi generati dalle antenne invece quelli della rete 5G saranno di minore intensità ma la distribuzione di antenne sul territorio sarà più capillare. In definitiva sarà quasi impossibile essere “fuori campo”, anche negli ambienti rurali dove la smart agricolture sarà il corrispettivo della smart city.
La correlazione tra l’esposizione ai campi della rete 5G e l’insorgere di tumori al cervello
Oltre agli studi dove si intravede un possibile conflitto di interesse, ed a cui fanno riferimento anche l’OMS ed il nostro Istituto Superiore di Sanità, sui danni che il 5G può arrecare alla salute ci sono gli studi effettuati da due centri di ricerca indipendenti: l’Istituto Ramazzini, in Italia, e il National Toxicology Program, in Usa. Questi due enti sono i primi al mondo per numero di pericoli cancerogeni studiati e sono giunti a possibili correlazioni tra l’esposizione ai campi della rete 5G e l’insorgere di tumori al cervello.
Realisticamente parlando però, indipendentemente dal valore di verità delle ricerche in questione, la possibilità concreta anche solo di rallentare lo sviluppo di questa nuova tecnologia è irrisoria quanto la possibilità di risolvere il problema della fame nel mondo mediante iniziative equosolidali parallele all’economia di mercato globale. Solo la crisi che sembra inevitabile a causa del Covid-19 potrebbe frenare gli investimenti per il 5G.
Internet of things – Internet delle cose
Non ha molto senso parlare di 5G senza parlare anche di internet of things, IoT, perché per molti versi sono due facce della stessa medaglia.
Con internet of things si intende lo scenario in cui molte cose, molti oggetti, saranno smart object collegati alla rete in modo intelligente, essendo cioè in grado di iteragire con altri oggetti e di dare all’ambiente circostante una sorta di identità digitale parallela rendendo smart l’ambiente stesso. Le implicazioni possibili, dalla smart home alla smart city, sono le più disparate. Si va dalla sveglia che suona prima se lungo il percorso abituale per andare al lavoro c’è più traffico del solito al semaforo che cambia autonomamente la durata del verde e del rosso in base al traffico nell’incrocio servito.
I campi di applicazione sono talmente tanti che per smart society si intende quella della quarta rivoluzione industriale e si parla di società 4.0, industria 4.0, ecc… Tanti i settori strategici che verrebbero rivoluzionati come quelli dell’energia, della sanità, dei trasporti e della finanza. La propensione media delle persone ad utilizzare smart utility ci da la misura del fattore di spinta che questa rivoluzione avrà dai nostri consumi.
Come facilmente intuibile, il grado di sviluppo dell’IoT sarà un fattore determinante anche per la misurazione dei campi elettromagnetici della rete di questa nuova tecnologia, che sarà una rete di dispositivi non meno di quanto sarà una rete di antenne, e col tempo sarà sempre più fitta a parità di tecnologia. Nessuno quindi può dire di avere oggi uno studio definitivo sugli effetti che questi campi avranno sulla salute ma abbiamo comunque già delle certezze. Questa rete e le sue applicazioni si svilupperanno con inevitabile e crescente rischio per la nostra privacy e per la nostra sicurezza personale.
Privacy e Sicurezza ai tempi del 5G
Il rovescio della medaglia di poterci muovere in un ambiente reso smart dalla sua identità digitale (costituita dai dispositivi smart immersi in esso) è che di questo ambiente facciamo parte anche noi, ed anche noi avremo una nostra identità digitale che sarà in relazione con quella dell’ambiente che ci circonda quasi come avviene per l’aria che respiriamo.
Faremo scelte per certi versi più smart, più intelligenti, ma utilizzando un’intelligenza esterna a noi che ci influenzerà sempre di più. All’estremo c’è la possibilità teorica di un vero e proprio controllo sociale pervasivo. Da sempre un jingle musicale può determinare la resa della pubblicità di un prodotto e quindi la sua diffusione, possiamo quindi figurarci il grado di autonomia delle nostre scelte quando sarà possibile personalizzare in tempo reale proposte e “suggerimenti” che ci arriveranno durante l’intera giornata, ovunque ci troviamo e senza che lo abbiamo chiesto.
Parallelamente al mare di campi elettromagnetici (che già ci circonda) saremo immersi in un mare di dati nel quale anche noi saremo dei dati ed è ragionevolmente mettere in dubbio il fatto che si parlerà di privacy nei termini in cui la concepiamo ora.
Si discute in questi giorni di una non meglio definita app per tracciare gli spostamenti durante la fase 2 delle misure di contrasto alla diffusione del Covid-19. L’iniziativa è soprattutto di facciata non tanto e non solo perché il suo utilizzo sarà facoltativo ma soprattutto perché è impossibile realizzare in pochi giorni un sistema efficiente e sicuro che possa tracciare 60 milioni di italiani. Con l’IoT invece questo tipo di tracciamento sarà praticamente implicito.
Se dovesse arrivare una nuova pandemia al tempo dell’IoT e se persistessero le attuali norme a tutela della privacy queste potrebbero essere sospese con poche e semplici parole all’interno di un decreto simile a quelli che in questi giorni stanno limitando la libertà di spostamento delle persone.
L’impossibilità di avere una qualsivoglia rete impermeabile all’hackeraggio ci esporrà anche a rischi per la nostra incolumità fisica. E’ stato già sperimentato l’attacco hacker ad una smart car mediante il quale sarebbe possibile farci fare un’incidente stradale.
Ma per ucciderci potrebbe essere sufficiente innaffiarci col dispositivo antincendio mentre ci stiamo asciugando i capelli, o anche il normale malfunzionamento di uno dei tanti dispositivi “intelligenti” che ci circonderanno.
USA vs Cina
Le possibilità di utilizzo dei dati che circoleranno con internet of things non potevano non scatenare già da adesso una vera e propria guerra per chi ne avrà il controllo “fisico”, una guerra preventiva contro “l’altro” che potrebbe utilizzare queste possibilità in maniera scorretta. Quando utilizziamo il cloud abbiamo la percezione di depositare i nostri dati su una nuvola ma in realtà da qualche parte nel mondo c’è un server che sostituisce i nostri hard disk (in teoria anche più server in diverse parti del mondo).
Possiamo prevedere meccanismi informatici di protezione dei dati lungo la “tratta” tra noi ed il server ma possiamo fare ben poco per chi ha, magari per lavoro, la possibilità di accesso all’edificio che ospita il server. Ad un livello un po’ più “soft”, i produttori di hardware e dei relativi software di base (dal server allo smartphone, passando per le antenne) non avrebbero neanche bisogno di accedere fisicamente alla sala macchine che custodisce i dati, potendoseli far inviare dai loro prodotti in maniera automatica. Forse è anche per questo che, in vista dell’IoT, è in corso uno scontro geopolitico sulla realizzazione della rete 5G in giro per il mondo.
Le più importanti società produttrici di queste tecnologie sono cinque: la statunitense Cisco, le europee Ericsson e Nokia, e le cinesi Huawei e ZTE. Nessuna di esse potrebbe coprire l’intera superficie terrestre con i suoi prodotti e gli USA si stanno muovendo per contrastare l’avanzata cinese. Come abbiamo visto poc’anzi, potrebbe non trattarsi solo di una competizione economica.
A dicembre 2018 in Canada abbiamo avuto l’arresto con richiesta di estradizione in USA del direttore finanziario di Huawei, figlia del fondatore della compagnia cinese, e la decisione sull’estradizione dovrebbe esserci a fine aprile. Nella primavera del 2018 gli USA avevano imposto il divieto alle aziende americane di vendere tecnologia a ZTE perché questa avrebbe violato il divieto di vendere tecnologie americane all’Iran ed alla Corea del Nord.
Il ban è stato poi revocato ma nel frattempo in Italia WindTre ha dovuto rivedere le sue strategie per la realizzazione della sua rete unica inizialmente affidata alla sola ZTE (a seguito della fusione tra Wind e Tre). Nell’estate del 2018 gli USA hanno bandito Huawei e ZTE dalla realizzazione della rete 5G statunitense ed hanno iniziato a fare pressione perché i paesi europei adottassero la stessa scelta.
Si tratta di dinamiche fondamentali che disegnano il nostro futuro più di quanto possano fare i comitati locali contro le singole antenne, ma mediaticamente trova più spazio la notizia che qualche amministratore locale, magari donna, ha bloccato l’avvio del 5G.
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