Un mondo nuovo fondato sulla cura e non una distopia totalitaria

L’inevitabile riflessione forzata a cui siamo tutti chiamati in questi giorni, sta facendo crescere in molti la consapevolezza delle crepe insite nel nostro sistema di vita, quali l‘estrema fragilità del sistema economico nonché le ricadute in termini di salute dall’avere demandato al solo sistema sanitario, in senso stretto, la salvaguardia della vita individuale e collettiva, come se l’irrespirabilità dell’aria o l’inquinamento dell’acqua e del cibo fossero ininfluenti per la salute o comunque temi procrastinabili all’infinito.

Le opinioni discordanti degli scienziati, per quanto vitali per l’indispensabile dibattito all’interno della comunità scientifica, hanno mostrato i limiti di una scienza che ancora oggi, nonostante l’evidente mancanza di conoscenze e di risposte efficaci, pretende di essere seguita in modo indiscusso. Le misure di lock down non sono una soluzione, ma la prova della nostra sostanziale impotenza e incomprensione di ciò che sta accadendo. Quello che è certo è che “non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le cose nello stesso modo”. (Cit A. Einestein 1955)

Ci sono una quantità di problematiche non più demandabili alle generazioni future e per di più tutte sono sul banco degli imputati del processo al COVID19. Per elencarne solo alcune. La questione dell’inquinamento ambientale, che sottintende anche la questione degli allevamenti e le coltivazioni intensive e la loro sostenibilità. Il problema della malnutrizione non più intesa solamente come denutrizione ma soprattutto legata alla libera circolazione del cosiddetto “junk food”. Le politiche delle vaccinazioni di massa, basate su una concezione del sistema immunitario datata e la cui gestione è sostanzialmente in mano all’industria farmaceutica. L’inadeguatezza dell’OMS, organo politico non indipendente, spesso poco competente e quindi sempre meno autorevole.

L’ assenza della cosi detta medicina sul territorio, che con la complicità dei medici stessi è divenuta praticamente inesistente. La iatrogenicità della medicina ospedaliera e la medicalizzazione della società che sono sotto gli occhi di tutti. L’uso di farmaci in modo più o meno controllato ma comunque smodato da parte della popolazione, per non parlare dell’inquinamento ambientale da farmaci ad uso umano ma anche e soprattutto veterinario. La sorveglianza dei centri di ricerca che utilizzano biotecnologie potenzialmente capaci di sviluppare organismi nocivi per l’umanità. L’introduzione di tecnologie su scala mondiale senza adeguate garanzie riguardo alla loro sicurezza per le popolazioni e l’ambiente. L’importanza di avere una assistenza sanitaria universale.

I problemi sono quindi molti, complessi, intricati tra loro e su più livelli. Abbiamo bisogno di persone capaci di immaginare un mondo nuovo indirizzando problemi vecchi con strategie differenti rispetto a quelle perseguite finora e che appunto ci hanno portato a vivere la situazione che stiamo vivendo.

È notizia del 16 Aprile scorso secondo cui la Regione Lazio ha reso obbligatorio per il personale sanitario e gli over 65 la vaccinazione antiinfluenzale e quella antipneumococcica. Lo scopo di tale iniziativa sarebbe quello di ridurre i fattori confondenti per il COVID 19 in presenza di sintomi analoghi, in accordo con le indicazioni dell’OMS. Questo significa che nella testa dei nostri politici non c’è nessuna idea di cambiamento. Si continua ad adottare un sistema di pensiero chiaramente in crisi ed insufficiente alle esigenze del momento.

Entrando nel merito della decisione, bisogna sottolineare come sia irrazionale rendere obbligatorio un vaccino antiinfluenzale la cui efficacia è di circa il 36% e che per di più ha dimostrato di aumentare la possibilità di sviluppare polmoniti da coronavirus, per non parlare del vaccino antipneumococcico, la cui relativa malattia non può essere in nessun mondo confusa con quella del COVID19. Anche in questo frangente le indicazioni dell’OMS sono a dir poco discutibili.

A prescindere dal merito, questa notizia è il sintomo di come l’attuale classe dirigente non sia capace della nuova visione del sistema sociale, nel senso più ampio del termine, di cui abbiamo urgentemente bisogno. Se qualcosa andrà male, i nostri governanti al momento opportuno potranno trincerarsi dietro la scusa di aver seguito il consiglio degli esperti, al che dovremmo obiettare che “puntare sul cavallo sbagliato” è pur sempre una responsabilità politica, altrimenti sarebbe più sensato lasciare il governo della cosa pubblica ai soli tecnici piuttosto che a politici incapaci di una visione nuova.

 

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