Ancora l’altro ieri su PandoraTv Giulietto Chiesa analizzava lucidamente la questione del DeepState USA insieme a Mauro Scardovelli, con la sua consueta lucidità, informatissimo, coraggioso, appassionato pur con un apparente distacco, quell’aplomb che lo ha sempre contraddistinto, nel giornalismo come nella politica.
Era nato nel 1940 a Acqui Terme (AL) in quella terra di mezzo tra Piemonte e Liguria, come Umberto Eco e magari anche Paolo Conte, lui astigiano ma leggo in lui una simile attitudine.
Gente che riesce a vedere lontano, oltre le montagne che li separano dal mare e vedendolo ne traggono respiro, profondità e forza.
Giulietto è stato forse l’ultimo stalinista di pregio, testardamente arroccato ad un’idea di URSS che non avrebbe dovuto mai cedere e che invece si sgretolò, come mi disse Sandro Natta, già segretario nazionale del PCI … “per non essere riuscita, in 70 anni, a dar da mangiare come si deve a tutta la gente e a fare a meno della schiavitù”.
Lo avevo incontrato più di dieci anni fa in un dibattito nel senese, dei molti in cui si spendeva senza risparmio. Si parlava di Iran e lui era certo che entro l’autunno sarebbe stato attaccato dagli USA. Dissentivo e argomentai in merito, lui anche. Rimanemmo sulle nostre rispettive posizioni.
Giulietto Chiesa era uno così, costruiva le sue convinzioni su una base ideologica e la realtà, volente o nolente, non avrebbe potuto che piegarsi ad essa.
Il suo modo di pensare era piuttosto manicheo, pochi o nulli grigi, tra il bianco e il nero. Da una parte l’imperialismo e dall’altra i nemici dell’imperialismo, con tutte le aberrazioni che tale approccio partorisce, fino a vedere nella famiglia degli Assad, padre e figlio, campioni della lotta che lui aveva fatta sua da sempre.
L’ideologia è una chiave sistemica che putroppo affligge molti, anche in ambiti insospettabili, come quello islamico, ahinoi, e tende da usare spregiudicamente il metodo induttivo: dal generale (l’ideologia appunto) al particolare (la cronaca e la storia). Quando con l’esclusione di quanto di riferisce al sacro, ogni ricerca dovrebbe raccogliere gli elementi e poi valutarli (metodo deduttivo), la modalità induttivo-ideologica, li sceglie e li avvalora in base alla loro maggiore o minore attinenza al disegno che deve essere necessariamente dimostrato e accreditato.
Giornalista mai superficiale e distratto, è stato corrispondente da Mosca per L’Unità e La Stampa, oltre che per il TG5, il TG1 e il TG3. Quando nel 1980 Berlinguer lo spedì in URSS a coprire per conto dell’Unità le olimpiadi (boicottate da 65 Paesi), Chiesa dette fastidio alla Tass a causa delle sue cronache “irriverenti” sulla realtà sovietica, al punto che fu chiesto, ufficiosamente, di sostituirlo. L’Enrico eurocomunista rifiutò, onore a lui.
Saggista prolifico ha pubblicato una trentina di testi per le maggiori case editrici italiane.
Negli ultimi anni era stato messo sotto accusa dalla stampa mainstream per le sue posizioni estremamente critiche in merito alla grande finanza mondiale, alla sua valutazione del terrorismo “islamico” fino a beccarsi l’epiteto di cospirazionista/complottista.
Dopo l’11 settembre, qualificò il crollo delle Twin Towers di “autoattentato” e a proposito delle azioni di DAESH in Europa scrisse: “Prosegue l’offensiva terroristica. Di chi? Contro chi? Queste bombe sono la prosecuzione di quelle di Parigi, uno e due. Di Ankara, contro i tedeschi. Sono la prosecuzione di Colonia. Sono lo strascico del fiume di profughi. Andiamo con ordine: sono contro di noi. Contro “i popoli d’Europa”. Per ridurre le loro libertà residue e le loro capacità di risposta ai soprusi dei poteri. Infatti il primo risultato, scontato, sarà la sospensione di tutte le garanzie democratiche. E’ già in corso in Francia, ora sarà la volta del Belgio. Poi, dopo qualche attentato in Italia, sarà la volta dell’Italia”.
Anche in questo caso non fu profeta avverato dalla storia. Qualcosa abbiamo perso tutti in conseguenza di quelle azioni ma non c’è stata la resa dello Stato di diritto che lui preconizzava.
Integro fino alla cocciutagine, scompare con lui una figura che sarà difficilmente rimpazzabile, visto il panorama della “grande stampa d’opinione”, sempre più allineata e prona ai potentati, economici e industriali.
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