In data odierna ho scritto al Ministro dell’Interno per sollevare l’annoso problema del Diritto al Culto dei Musulmani in Italia, anche alla luce delle ultime vicende legate alla possibilità di poter riaprire le moschee dal 18 maggio. Ecco cosa ho scritto al Ministro Luciana Lamorgese:
Egregio Ministro,
mi chiamo Francesco Tieri e le scrivo perché da cittadino italiano musulmano provo sgomento per alcune dichiarazioni da parte delle Organizzazioni Islamiche appositamente convocate dal Ministero dell’Interno in merito alla possibilità di riprendere le celebrazioni religiose a partire dal 18 maggio. In alcuni comunicati di queste organizzazioni si leggono contenuti regressivi rispetto ai principi costituzionali contenuti nelle prime bozze di Protocollo sanitario sulle quali le stesse sono state chiamate a formulare pareri e proposte, e questo a mio avviso costituisce un pericolo per le libertà sancisce dall’articolo 19 della Costituzione.
Si tratta di organizzazioni storicamente interlocutrici del Ministero da lei presieduto e che dopo decenni non sono riuscite a fare il salto culturale necessario al compito che dichiarano di prefiggersi, e per il quale sono anche in competizione tra loro. E questo al di là della rappresentatività delle organizzazioni scelte per il confronto in corso, e del fatto che almeno in parte esse abbiano comunicato decisioni operative relative ai centri islamici ad esse affiliate, ed anche al netto della necessaria cautela per la pandemia che affligge il paese ed il mondo intero.
Non mi sfugge certo che quello in questione è un ritardo imputabile alla mia comunità religiosa, ma le scrivo soprattutto per ciò che concerne l’approccio ministeriale ormai consolidato nel sistema di relazioni con la comunità islamica. Un approccio che non produce beneficio per i cittadini e che nel caso del protocollo per la ripresa delle celebrazioni religiose ha portato al parere di lasciare chiusi solo i luoghi di culto islamici ad una data in cui la maggior parte della attività nel paese sarà ripartita, comprese le celebrazioni religiose nei luoghi di culto di altre confessioni.
Nella relazione binaria Ministero-Musulmani, figlia della logica concordataria che per noi si è rivelata oltremodo infruttuosa, col Ministro Roberto Maroni fecero la loro prima comparsa esperti esterni fino ad arrivare con gli anni ad una consolidata relazione con un inedito schema ternario: Ministero-Esperti-Musulmani.
Anche il ricorso all’assistenzialismo del mondo accademico promosso dal Viminale non ha prodotto avanzamenti nella cultura costituzionale necessaria. Alcuni musulmani siedono a questi tavoli ministeriali da decenni, ma nel frattempo i fedeli della religione islamica in Italia sono diventati oltre due milioni e mezzo, di cui almeno un milione con cittadinanza italiana, ed i centri islamici censiti dal Ministero dell’Intero sono circa 1200.
Forse sarebbe il caso di affiancare l’infruttuoso processo di relazioni con un’iniziativa legislativa proposta dal Ministero da lei presieduto che risolva il pluridecennale problema del vuoto normativo in cui si trovano le confessioni senza Intesa ex art. 8 della Costituzione.
Questo non esclude che parallelamente si possa perpetuare il sistema di relazioni sopra descritto che comunque non ha mai prodotto avanzamenti. Ma milioni di persone non possono essere tenute in un limbo incostituzionale nel mentre le stesse tre o quattro persone ed organizzazioni ripetono da decenni il copione del primo giorno di scuola.
Credo non sia necessario elencare in questa sede le conseguenze di questo vuoto normativo sull’esercizio della libertà religiosa, soprattutto per quel che riguarda l’edilizia di culto.
Certo di un suo interesse per le tematiche da me esposte, e con l’augurio che vorrà prenderle in considerazione quando il paese sarà uscito dalla pandemia in corso, resto in attesa di un protocollo per le preghiere collettive applicabile a noi fedeli della religione islamica a partire dal 18 maggio.
Distinti Saluti
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