Nel 781 moriva Íñigo Jiménez Arista, condottiero basco di Pamplona che s’era distinto nella battaglia di Roncisvalle contro le forze di Carlo Magno. Suo figlio Íñigo Íñiguez ereditò la città, ma la sua espansione sull’intera provincia fu tutta merito della madre. La storia non ha salvato il suo nome, ma sappiamo con certezza che sposò in seconde nozze il signore di Tudela, Mūsā ibn Fortūn, uno dei più importanti rappresentanti della famiglia dei Banū Qāsī, e che con questi ebbe un figlio, Mūsā ibn Mūsā.
I Banū Qāsī
I Banū Qāsī (ar.: بنو قاسي) furono, tra l’VIII ed il X secolo, un’importante famiglia muladi (cristiani visigoti, di probabile fede ariana, convertiti all’Islam) della valle dell’Ebro. Il nome significa “figli di Casi”, in quanto il capostipite pare fosse un governatore visigoto della Valle dell’Ebro, tra Tarazona, Nájera ed Ejea de los Caballeros, di nome Cassio o Casi, il quale si alleò con i Musulmani e successivamente si convertì all’Islam. A causa di ciò il nome Casius sarebbe quindi stato arabizzato in Qāsī.
Íñigo ottenne il controllo di tutta la città
Nell’806 e nell’812 i Franchi guidati da Ludovico il Pio conquistarono per ben due volte Pamplona, ma entrambe le volte non riuscirono ad assoggettarla e dovettero riattraversare i Pirenei. Dopo l’ennesima ritirata Íñigo ottenne il controllo assoluto della città. Sia perché gli imperatori franchi avevano le proprie difficoltà in patria e non erano più in condizione di riservare la propria attenzione alle regioni frontaliere del loro impero sia perché Mūsā ibn Mūsā, succeduto al padre, si affiancò al fratello di madre nel prevenire eventuali attacchi dell’emirato di Cordova, Pamplona poco a poco riuscì a rendersi indipendente sia dagli uni che dagli altri; in tutta riconoscenza nell’824 i suoi abitanti scelsero Íñigo quale re di ciò che in seguito divenne noto come Regno di Navarra, nato da un’alleanza tra Cristiani e Musulmani che si diedero aiuto reciproco, imparentandosi tra loro. L’alleanza tra la dinastia degli Arista e i Banū Qāsī sarebbe durata circa 150 anni.
La ribellione di Bahlūl ibn Marzūq
Quasi contemporaneamente all’affermarsi del Regno di Pamplona, un terzo fuoco di rivolta divampò a Saragozza. Nel 798 un altro muladi, Bahlūl ibn Marzūq, figlio di un signorotto locale di nome Marzūq ibn Uskāra (verosimilmente, “figlio del Basco”), si ribellò al governo centrale costituendo un emirato indipendente, sebbene effimero nel tempo. Ciononostante, le sue gesta ebbero un impatto tale che vennero raccontate e rappresentate in tutta la parte settentrionale della Penisola Iberica per decenni, passando da generazione in generazione mediante trasmissione orale.
Il poema epico Archuza de Bahlul
Se tale vicenda non è finita nell’oblio, il merito lo si deve al geografo e storico andaluso al-‘Udrī che, trovandosi nella regione circa 250 anni dopo la morte di Bahlūl in missione ufficiale per conto della Marca Superiore di al-Andalus, colpito dal resoconto delle imprese del condottiero muladi, si prese la briga di raccoglierle, dopo averle confrontate con le fonti dell’epoca, nel popolare poema epico Archuza de Bahlul.
Un eroe popolare simbolo della lotta del popolo oppresso
Miscela di dati leggendari e storici, l’opera completò i precedenti resoconti, facendo conoscere una nuova ed esaltata figura di Bahlul fino alle estremità di al-Andalus, trascendendone i confini e spargendo l’eco della sua leggenda in tutto il resto del mondo musulmano. I Cristiani, i Muladi e gli stessi studiosi dell’Islam hanno riconosciuto in questa figura un eroe popolare, simbolo della lotta del popolo oppresso contro la tirannia.
La nascita della tradizione trobadorica medievale
L’indagine filologica della Archuza de Bahlul ha rivelato, nella fase iniziale della sua preparazione, trasferimenti di precedenti tradizioni letterarie, orientali, cristiane, persino evangeliche e coraniche (l’arrivo di Bahlul fu profetizzato, venne inviato da Dio con un ideale di giustizia per il popolo oppresso, subì il tradimento del suo fedele compagno, ecc.). Quasi certamente, l’opera è servita da fonte d’ispirazione per passaggi di altrettante grandi opere dell’epica spagnola ed europea e con tutta probabilità è stata alla base della nascita della tradizione trobadorica medievale.
Il castello di Muns
Durante i primi tempi della colonizzazione musulmana della Penisola Iberica, nella regione della Barbitaniyyah, così come gli Arabi ebbero a chiamare l’antica provincia romana detta Barbutanum, attuale Barbastro, sita nella zona nordorientale della Marca Superiore, nell’area dell’odierna La Puebla de Castro, ci si poteva imbattere nel Qaṣr Muns (castello di Muns), in latino Castro Munniones, originariamente utilizzato dai Visigoti e sul quale il califfo ʿAbd ar-Raḥmān III vi fece costruire nel corso del X sec. d.C. un hisn (fortezza).
Il nonno di Bahlul, un cristiano visigoto
Il signore di questo castello, il nonno di Bahlul, si chiamava Uskara ed era un cristiano visigoto, probabilmente d’ascendenza basca, specie se consideriamo la circostanza che questa lingua era parlata nell’area. Con tutta probabilità, all’arrivo dei conquistatori musulmani anche Uskara decise di seguire l’esempio di altri sovrani visigoti e abbracciare quindi la fede dei nuovi padroni. In tal modo, egli venne inquadrato come muladi e difatti già suo figlio, Marzuq ibn Uskara, presentava un nome in linea col costume islamico. Si narra che Marzuq ebbe trenta figli maschi (la famiglia o il clan dei Banī Uskara), il più bello dei quali era Bahlul ibn Marzuq ibn Uskara.
Bahlul liberò tutta la Valle dell’Ebro
Successivamente, i domini dei Banī Uskara passarono ai Banū Salamah, clan cadetto dei Banū Qāsī, rappresentanti in zona del potere centrale dell’emiro di Cordova. Contro la tirannia di questi nuovi sovrani, Bahlul iniziò una ribellione implacabile. Mosso da ideali di giustizia, liberò Huesca, Saragozza e, in successive campagne e spedizioni, praticamente tutta la Valle dell’Ebro. Quella che doveva essere la ribellione di Bahlul aveva già avuto la benedizione del faqīh (teologo e giurista) di Huesca, il venerabile Ibn al-Mughallis, un uomo di preghiera considerato santo, che chiese a Iddio di liberare il suo popolo dall’oppressione del Banū Salamah e che profetizzava e diffondeva la parola dell’esistenza di un liberatore che sarebbe venuto dal Barbastro.
L’assassinio di Bahlul
Per un paio d’anni il califfo al-Hakam I, il nipote di ʿAbd ar-Raḥmān, se ne stette a guardare; in seguito, nell’801, inviò il generale ʿAmrūs ibn Yūsuf, muladi anch’egli, affinché riconquistasse il territorio. L’azione fu efficace: l’emirato fu reinsediato mentre Bahlul fu assassinato dal suo luogotenente, Khalaf ibn Rāshid. La ribellione aveva comunque destabilizzato la provincia consentendo ai Franchi di stabilire numerose teste di ponte oltreconfine. Questi ultimi, approffittando della situazione di caos seguita alla morte di Bahlul, occuparono Jaca e altri castelli della regione, designando conte un certo Aureolus, capo dei Franchi stanziati nella zona che a suo tempo era stato in contatto con Bahlul. L’emirato di Saragozza divenne Contea di Aragona; Aureolus mantenne l’incarico fino alla morte, avvenuta nell’809, al che gli succedette Aznar I Galíndez, un nobile guascone le cui origini sono piuttosto oscure.
Nell’820 Aznar I fu deposto con la forza delle armi da un suo ex genero, García Galíndez, detto “il Malvagio”. Le ragioni di tale atto derivano con tutta probabilità dal fatto che Aznar mosse guerra contro i Banū Qāsī, perdendo a causa di ciò l’Aragona. García il Malvagio, aveva quindi ripudiato la prima moglie, Matrona, figlia di Aznar I, per risposarsi con Nunila di Pamplona, figlia del re di Pamplona Iñigo I Arista.
In seguito a ciò, Iñigo aiutò García a formare un piccolo esercito con il quale attaccò la contea d’Aragona, depose Aznar, troppo ligio all’autorità dell’imperatore Ludovico il Pio, e divenne conte d’Aragona. Quando nell’824, i Franchi organizzarono una spedizione contro il re di Pamplona, guidata dal duca di Guascogna, Aznar I Sánchez, da alcuni identificato con lo stesso spodestato conte Aznar, Garcia corse in aiuto di Iñigo, assieme a Mūsā ibn Mūsā, all’epoca capo famiglia dei Banū Qāsī.
Nell’833 Garcia associò al trono il figlio Galindo Garcés, ritirandosi dalla vita pubblica pur continuando a seguire gli affari della contea fino alla morte sopraggiunta nell’844. Un’altra versione vuole che García venisse ucciso da Galindo Aznárez, conte di Urgell e Cerdagna, figlio del deposto Aznar, il quale con l’aiuto dei Franchi cercava di recuperare la contea che era stata di suo padre. Sia come sia, nell’anno in cui divenne conte d’Aragona, Galindo Aznárez perse le contee di Pallars e di Ribagorza, a favore del conte di Tolosa, Fredelone. Galindo non era nuovo ad episodi del genere: le altre contee di Urgell e Cerdagna gli erano state infatti sottratte dall’imperatore Ludovico il Pio apparentemente per un’alleanza non gradita a quest’ultimo, alleanza che Galindo aveva contratto con Mūsā ibn Mūsā nell’834 e che lo aveva portato ad allearsi con Iñigo, presso il quale aveva vissuto per un certo periodo. In compenso con questa alleanza Galindo aveva garantito la successione alla propria discendenza: la titolarità della contea infatti venne appoggiata dal figlio di Iñigo e suo successore al trono di Pamplona, García I Íñiguez, la cui figlia Oneca avrebbe sposato il figlio di Galindo, Aznar II Galíndez.
I Mori confinati in un territorio sempre più stretto
Nell’867 divenne conte d’Aragona il figlio di Aznar II, Galindo II Aznárez, che nel 905 appoggiò l’avvicendarsi della dinastia Jimena agli Arista nel vicino regno di Navarra, perché più in sintonia con i suoi interessi, sposandosi in seconde nozze con Sancha, figlia del coregnante e coreggente di Navarra García II di Pamplona. Nel 922, a Galindo II successe la figlia Andregoto Galíndez, la quale nel 925 sposò l’erede al trono di Navarra, Garcìa I Sànchez, divenuto re nello stesso anno. Ciò rese possibile nel 970 al figlio della coppia, Sancho Garcés, detto “Abarca”, di ereditare entrambi i domini e unificarli. Considerati i matrimoni coi re di Aragona e la fusione delle due provincie, l’ipotesi naturale è che il cambio di dinastia nel Regno di Navarra sia stato l’evento decisivo che ha dato l’avvio all’avanzata senza quartiere contro i Mori. Certo, dopo d’allora tra i regni cristiani vi furono altri matrimoni, accorpamenti e divisioni ereditarie per ciascuna provincia, ma in qualunque condizione e a qualunque costo la guerra sul fronte meridionale continuava, confinando i Mori in un territorio sempre più stretto.
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