Il 19 agosto del 2012. Una notte calda come questa, molto più di questa. Una notte passata di veglia, senza poter dormire nemmeno un minuto per scrivere e riscrivere un discorso importante, il più importante della mia vita fino a quel momento. Anche otto anni fa Ramadan si era appena concluso e il mattino seguente si sarebbe celebrata la festa dell’ Aid el Fitr.
Ci apprestavamo per la prima volta a celebrare un’Aid el Fitr unitaria a Milano. Ero il coordinatore del neonato CAIM, Coordinamento delle Associazioni Islamiche di Milano, e avevo sulle spalle la responsabilità dell’organizzazione di un evento mai realizzatosi prima.
Da un anno era stato eletto sindaco di Milano Giuliano Pisapia, dopo 20 anni di dominio del centro-destra Milano viveva una nuova stagione politica e allora si credeva che la nuova forza rinnovatrice della politica italiana fosse il civismo arancione che aveva vinto a Milano, le cose sarebbero poi andate diversamente, ma in quel momento le aspettative erano molto alte.
Come musulmani vedevamo finalmente un’amministrazione comunale disposta ad occuparsi del diritto di culto di una comunità di 100.00 persone che non avevano nemmeno una moschea riconosciuta.
Fu in quel contesto che creammo il CAIM, un’organizzazione che più tardi arrivò a federare fino a 35 moschee ed associazioni che facevano riferimento alle più diverse impostazioni dottrinali, politiche e culturali. Nel CAIM confluirono le moschee bengalesi, le principali moschee frequentate prevalentemente dalle comunità arabofone, i fratelli albanesi, quelli turchi e i giovani musulmani italiani.
La festa di fine Ramadan fu la prima grande occasione di unità, un momento cruciale per noi ma anche per Milano che per la prima volta si rendeva conto plasticamente di cosa e di quanto fosse la comunità islamica della città.
Per quella giornata scegliemmo un luogo che fosse all’altezza dell’importanza del giorno: la storica Arena Civica di Milano, un luogo simbolico e bellissimo nel cuore di Milano, all’interno del Parco Sempione.
Personalmente non avevo mai organizzato un evento di quelle dimensioni e i mezzi a nostra disposizione erano limitati, ricordo ancora il sole cocente nelle giornate che precedevano l’avvenimento mentre coordinavo le operazioni di allestimento del palco, dell’impianto audio, dei bagni chimici e disponevo il servizio d’ordine.
Per la khutba ( il sermone) invitammo Shaikh Abdel Fattah Mouro, un sapiente tunisino, noto per il suo impegno politico per la democrazia, membro del movimento Ennahda (Rinascita) che qualche anno più tardi divenne Presidente del Parlamento di Tunisi.
Quella notte, avevo da pochi mesi compiuto trent’anni e non riuscivo a dormire. Ho cercato nelle mail e nelle memorie dei PC il testo del discorso ma niente. Mi sono ricordato ora che l’avevo scritto a mano e quel foglio chissà dov’è.
Al mattino, arrivai prima di chiunque altro e vidi poco a poco affluire i fedeli, gradualmente si disposero sul manto erboso dell’Arena e iniziarono a recitare il Dhikr (ricordo) dell’Aid: “Allah Akbar Allah Akbar La Ilaha Illa Allah, Wa Allah Akbar Allah Akbar Wa Lillahi Al Ḥamd” ovvero Dio è il più grande, Dio è il più grande, non c’è altro dio se non Dio e la lode è per Lui”
Una volta riempita l’Arena, i musulmani erano 20.000, forse di più. Il nostro Dhikr ritmato rimbombava a tal punto da far tremare i muri dello stadio. Dal palco la scena era impressionante. Non ricordo se parlò prima o dopo di me, ma ricordo che alla giovane assessore Tajani, in quel caso sindaco facente funzione per il periodo di ferie di Pisapia, tremava la voce, comprensibilmente.
Non posso dire con esattezza quali parole pronunciai quella mattina di agosto del 2012, sicuramente mi rivolsi alla comunità, ai musulmani esortandoli a confidare in Dio e a prendere coscienza della forza che derivava dalla nostra unione. Scegliemmo una parte di un versetto del Corano come nostro motto e lo stampammo sul grande striscione di augurio che campeggiava sul palco:
“Aggrappatevi tutti insieme alla corda di Dio e non dividetevi tra voi ” Il versetto continua così: e ricordate la grazia che Dio vi ha concesso quando eravate nemici è Lui che ha riconciliato i cuori vostri e per grazia Sua siete diventati fratelli. E quando eravate sul ciglio di un abisso di fuoco, è Lui che vi ha salvati. Così Dio vi manifesta i segni Suoi affinché possiate guidarvi.” Corano 3/103.
Tutto il mio discorso ai musulmani ruotava intorno a questo concetto: anni di divisioni e disorganizzazione ci avevano portato all’invisibilità e ad essere vulnerabili di fronte alle discriminazioni e all’islamofobia.
In quanto alle istituzioni e alla stampa che ascoltavano volevo comunicare che era necessario cambiare passo, il manifestarsi di quell’immagine, di quel tuono che faceva tremare la tribuna dell’arena, quei 20.000 uomini e donne in preghiera non potevano più essere ignorati e nemmeno derubricati a fenomeno passeggero.
Oggi, come quella notte, non riesco a dormire ricordando quella giornata per noi storica. Forse proprio quest’anno l’assenza, per la prima volta, della celebrazione di un momento così importante per noi musulmani, mi fa tornare a quel giorno di festa e di rivendicazione che mi sembra appartentere ad un’altra vita.
Negli anni il CAIM, proprio per questa sua capacità di rappresentanza e di azione, subì gli attacchi pesantissimi di chi non ammetteva che i musulmani potessero rivendicare una cittadinanza paritaria e la fine del mimetismo religioso attraverso la realizzazione di vere e proprie moschee e di coloro che non si capacitavano di una leadership comunitaria che non era disposta a svendere i propri valori in cambio dell’accettazione.
Nonostante ciò riuscimmo a porre con forza il tema del diritto di culto e a vincere molte battaglie, ne abbiamo persa una importante, quella del bando per la costruzione di una grande moschea a Milano, ma sono sicuro che anche su questo il futuro è tutto da scrivere, se Dio vuole.
Nessun commento