Lunedì 18 maggio Umar Frigo ha fatto ritorno a Dio, studioso, divulgatore e membro molto rispettato della comunità islamica italiana, il mio ricordo.
Lo conobbi nel 2016. Non ci siamo mai incontrati di persona: lui viveva a Verona, io a Catania. Ciononostante, abbiamo avuto un intenso scambio epistolare al punto che è stato come se l’avessi conosciuto dal vivo. Ci siamo anche sentiti al telefono diverse volte. A introdurmelo per la prima volta fu l’ex imam, ora rientrato definitivamente in Marocco, della moschea del centro abitato dove risiedo attualmente, Motta S. Anastasia (CT).
Un giorno Ahmed, l’ex imam, mi prende da parte e mi fa: “Voglio farti conoscere un fratello, italiano come te. È bravo, è sapiente.” All’epoca non mi disse che questo fratello aveva studiato l’Islam con suo cugino, Sidi Muhammad al-Mustafa Bassir, un Sapiente che gestiva una piccola zāwiyah a Beni Ayat, un villaggio rurale nei pressi di Beni Mellal, nella parte centro-settentrionale del Marocco.
Da allora fu uno scambio proficuo di consigli, informazioni, notizie sia relative alla nostra comune fede islamica sia riguardanti il rapporto tra l’attualità e le tematiche tradizionali, forse facilitato anche da un comune passato di militanza e/o simpatia all’interno di aree politiche di stampo tradizionalista. Ci sentivamo sempre per gli auguri delle feste, per il Ramadan – l’ultimo nostro scambio avvenne neanche 15 giorni fa – e la notizia della sua morte è stata per me come un fulmine a ciel sereno. Personalmente, non sapevo nulla della malattia contro la quale stava combattendo la sua personale jihād da diverso tempo oramai; sì, m’aveva accennato qualcosa… ma mi disse anche che finalmente ne era uscito.
Sul suo percorso personale di fede non mi sento di aggiungere granché, le nostre strade erano differenti seppur procedessero nella stessa direzione. È stato però un membro della Comunità molto attivo dal punto di vista della produzione letteraria relativa all’Islam, sebbene fosse rimasto lontano dai riflettori: diverse pubblicazioni all’attivo – è dell’anno scorso l’ultima sua fatica editoriale dal titolo Allah (Dio) è la Luce – aveva collaborato con la rivista/blog Il Discrimine, curata fino all’ultimo da un altro fratello proficuo nell’opera di divulgazione delle tematiche tradizionali a noi care, Enrico Galoppini; collaborò a lungo con il C.I.V. (Consiglio Islamico di Verona) tenendo dei corsi di religione e pratica islamica; fino all’ultimo ci ha tenuto compagnia con la sue Riflessioni del Venerdì che divulgava a mezzo social e che ebbero una notevole diffusione perfino fra fratelli collegati a tutt’altre, e persino antitetiche, tradizioni dottrinali. Umar era senz’altro uno che operava per unire e non per dividere e sicuramente non era affatto legato a elucubrazioni mentali di tipo settario.
Spesso e volentieri mi sfogavo con lui e a tal proposito non lesinava mai una parola d’incoraggiamento, soprattutto quand’ero coinvolto in qualche iniziativa e lo rendevo partecipe di ciò. Lui era sempre lì, anche se a distanza, anche se via WhatsApp (l’unico altro canale oltre al telefono attraverso il quale comunicavamo), a regalarmi una perla di saggezza. Al contrario di molti sedicenti santoni e guru, Umar era di un’umiltà disarmante, mal sopportava esser appellato con epiteti onorifici, tant’è che all’inizio della nostra conoscenza ci tenne a metter in chiaro le cose: voleva che gli dessi del tu e che lo chiamassi al massimo fratello.
Era senz’altro schivo e riservato, ma non era affatto rinchiuso in una sua dimensione staccata dalla realtà che lo circondava: i suoi interventi, difatti, erano sempre puntuali rispetto al clima che ogni volta si respirava relativamente a quanto avveniva nel mondo. Un esempio su tutti fu quanto scrisse all’indomani dell’inizio della cosiddetta pandemia da Covid-19 e in particolare riguardo alle misure, per certi versi paradossali, che si stavano via via adoperando nel tentativo di arginare il contagio:
“Vorrei approcciare l’analisi di quanto si sta manifestando ultimamente e ai nostri giorni a livello mondiale: disordini, ingiustizie, governanti corrotti e avidi, tirannia, violenza, capovolgimenti dei valori, dissacrazione della vita, ecc. da un punto di vista un po’ diverso dal solito e se così si può dire, metafisico.
La decadenza dell’uomo era già stata descritta dalle diverse Tradizioni Antiche, parlando delle quattro Età dell’umanità, dalla più elevata e nobile alla più bassa e meschina, e sui segni della fine dei tempi.
La Tradizione Romana ha suddiviso la Storia dell’Umanità in 4 Età (cicli cosmici): Età dell’Oro, dell’Argento, del Bronzo e del Ferro. E attualmente siamo nella Età del Ferro, in cui si manifesteranno le cose peggiori dell’uomo.
La Tradizione Indù nei Veda, pure descrive la durata dell’umanità in 4 cicli (Yuga): partendo dal Satya Yuga (Età dell’Oro) con l’ultimo dei cicli chiamato Kali Yuga (Eta oscura), dove siamo ora, e anche qui descrivendo la manifestazione delle cose peggiori e più basse dell’uomo.
Anche la Tradizione Islamica ha parlato della fine dei tempi descrivendo i segni che si manifesteranno, segni che attualmente sono quelli che stiamo vivendo.”
Riporto come esempio queste parole dell’ultimo Messaggero di Dio, Muhammad (s.a.s), quando ha parlato dei segni della fine dei tempi:
“….Il Profeta rispose: “Certo! In quel tempo salirà al potere un gruppo che ucciderà gli uomini se questi si ribelleranno e li deprederà, calpesterà i loro diritti, verserà il loro sangue, riempirà i loro cuori d’odio e timore, … se si sottometteranno. In quel tempo le cose e le leggi saranno importate dall’Oriente e dall’Occidente e il mio popolo diverrà vario. Non si proverà compassione per i bambini, non saranno rispettati i grandi, non verranno perdonati i peccatori; le persone avranno aspetto umano ma i loro cuori saranno quelli dei demoni. In quel tempo la pederastia sarà molto diffusa, gli uomini faranno in modo da assomigliare alle donne e le donne agli uomini. Che la maledizione di Dio sia su di loro! In quel tempo le moschee saranno addobbate, il Corano sarà decorato, i minareti delle moschee saranno costruiti alti e le file degli oranti saranno folte, anche se questi si odieranno e diverse saranno le loro lingue. Gli uomini e i ragazzi si orneranno con oggetti d’oro, indosseranno vestiti di seta e di broccato e, per superbia, metteranno pellicce di leopardo. La pratica dell’usura si diffonderà tra la gente e gli affari saranno conclusi facendo maldicenza e subornando. La religione sarà abbandonata e si penserà solo alle cose del mondo. Aumenteranno i divorzi, non saranno eseguite le pene, (…) I ricchi andranno al pellegrinaggio [hajj] per svago, la classe media per affari e i poveri per far mostra di sé…(e altro ancora).” (fine del detto, Hadith)”
L’ultimo nostro scambio di saluti avvenne appena dieci giorni prima che Umar lasciasse questa valle di lacrime. Era un venerdì e, col senno di poi, mi resi conto che il caro fratello stava prendendo commiato da questo mondo. Mai parole furono più profetiche:
Riflessioni del Venerdì
Hadith sul Digiuno
“Nel Paradiso c’è una Porta che si chiama “Ar-Rayyān” per la quale verranno fatti entrare i digiunatori il Giorno della Resurrezione. Nessuno altro che loro potrà entrare da questa porta. Verrà detto: “Dove sono i digiunatori?”. Allora essi si alzeranno, e nessun altro che loro entreranno dalla porta. E quando saranno entrati, [questa Porta] sarà chiusa e nessuno altro sarà introdotto.» (Al-Bukhāri)
Riporta ‘Abdullah ibn ‘Umar che l’Inviato di Allāh (salla Allāhu ‘alayhi wa sallam) disse: «Il Digiuno ed il Corano intercederanno in favore del servitore il Giorno della Risurrezione. Il Digiuno dirà: “Oh mio Signore! Gli ho impedito di nutrirsi e di soddisfare il suo desiderio: prendimi dunque come intercessore in suo favore!”. Ed il Corano dirà: “Gli ho impedito di dormire la notte: prendimi dunque come intercessore in suo favore!”. Ed essi intercederanno».
Assalamu ‘alaykum
Wa ‘alaykumu s-salām wa raHmatuLlāhi wa barakātuh (su di te siano la pace e le benedizioni d’Iddio) caro fratello… spero di rivederti presso tale Porta, in shā’ Allāh… innā liLlāhi wa innā ‘ilayhi raji3ūn (a Iddio apparteniamo e a Lui facciamo ritorno).
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