PILLOLE DI OTTIMISMO. Una rubrica che ha avuto molto successo,durante la prima fase di COVID-19, a cura di Guido Silvestri, ci tiene ora che il lockdown è finito a dare un’ultima analisi “competente” della pandemia.
L’allegoria della barca tra due scogli
- MONITORAGGIO (ci dice la distanza dallo scoglio “virale”)
- FLESSIBILITA’ (per cambiare rapidamente direzione, se necessario)
- COORDINAZIONE (per manovrare in sinergia tra regioni e tra nazioni)
- PREPARAZIONE (a livello sanitario e sociale)
Analisi di una chiusura
Le nostre scelte attuali in termini di “lockdown” sono condizionate più del necessario dalla traumatica esperienza del marzo scorso.
Inoltre la prima “ondata” di COVID-19 ha contribuito a creare un certo livello di immunità tra la popolazione.
Lo scoglio del virus
Perché la Svezia, spesso additata come pietra dello scandalo, ha tuttora una mortalità per 100.000 abitanti inferiore a quella del tanto elogiato Veneto (36.15 vs 37.14)?
- maggiore capacità di tracciare ed isolare i contatti;
- aumentate possibilità di trattare i malati in modo più precoce ed efficace;
- migliore preparazione a livello ospedaliero (e conseguente assenza di “sovraccarico”);
- presenza di un certo livello di immunità nella popolazione.
Lo scoglio della chiusura?
La vita sociale di bambini e adolescenti
L’allegoria dei due scogli: dove siamo adesso?
A che distanza siamo dai due scogli, quello del virus e quello della catastrofe sociale? L’opinione di Silvestri è che siamo ormai abbastanza lontani dalla scoglio del virus, mentre ci siamo pericolosamente avvicinati a quello della catastrofe sociale.
Sul versante del virus ci si è incartati spesso con seri problemi metodologici se non addirittura basati su calcoli sbagliati. Una narrativa che ci porta alla ricerca disperata del tanto agognato quanto inarrivabile “rischio zero” nei confronti del virus mentre ignoriamo rischi molto più gravi ed immediati nel versante della chiusura.
Strumentale a questa narrativa è il cosiddetto catastrofismo mediatico, “dacci oggi il NOSTRO PANICO QUOTIDIANO”, quasi sempre basato su notizie esagerate e/o male interpretate, se non palesemente false.
In base a queste notizie il virus è assurto ad uno status di male quasi metafisico, diabolico, in cui si paventa ogni possibilità terribile, tipo quello che non esiste immunità, che i giovani in realtà muoiono a frotte, che il virus si trasmetta anche nell’aria, all’aperto, ovunque, e che non avremo mai un vaccino perché il virus muta sempre, e naturalmente diventa sempre più cattivo.
Allo stesso modo vengono ignorate o combattute ovvietà virologiche come la stagionalità dei Coronavirus, la loro suscettibiltà alle alte temperature ambientale, la sostanziale stabilità genetica di SARS-CoV-2 e l’evidenza di robusta immunità protettiva.
Si arriva fino al punto di tacciare di “pseudo-scienza” chi osa sostenere una possibile attenuazione del virus, come appare ormai piuttosto evidente dal punto di vista clinico, solo perché non ci sarebbe abbastanza “evidenza scientifica”.
Salvo poi che questo ardente desiderio di evidenza scientifica evapora istantaneamente quando si tratta di dipingere scenari terrificanti per l’Africa, il Sud-Est Asiatico, o l’America Latina – tutti scenari che tranne poche e limitate eccezioni non si sono mai verificati. Ed infatti al di sotto del 35esimo parallelo Nord, dove vive oltre il 65% della popolazione mondiale, si sono registrati meno del 15% dei morti da COVID-19.
Per non parlare dei paragoni fatti sempre in modo tale da assecondare la narrativa catastrofista – pensiamo d nuovo alla Svezia (10.5 milioni di abitanti, minimo “lockdown”, e 3.679 morti di COVID), che si paragona sempre in negativo a Finlandia e Norvegia, dimenticando che la mortalità pro-capite degli svedesi senza lockdown rimane molto più bassa di quella italiana nonostante i nostri due mesi e passa di chiusura rigidissima.
Come siamo arrivati a questo punto?
Secondo Silvestri i colpevoli sono tre.
Il primo colpevole è la “politicizzazione” della questione COVID-19, che è stata usata in modo grottescamente strumentale per sostenere un gruppo di potere contro un altro. Un po’ ovunque, chi sta al governo è costantemente sotto attacco per come sta gestendo la pandemia, si è scatenata quindi la corsa a chi chiude di più e per più tempo.
“quando si vedrà, penso piuttosto presto, che il gioco non vale la candela, allora qualche politico italiano si alzerà e dirà: “E’ tutta colpa degli scienziati, noi abbiamo solo seguito i loro consigli”. Beh, io voglio avere la coscienza a posto di averlo detto forte e chiaro, da scienziato e da medico, che su questo approccio pessimista ad oltranza, del “worst case scenario” che non tiene conto di troppe variabili, non sono affatto d’accordo.”
Rischio zero
“Occorre poi la consapevolezza che il rischio zero non esiste. Non esiste per medici, infermieri, autisti dei bus, cassieri, addetti alla raccolta rifiuti, molti liberi professionisti, dipendenti pubblici e privati a contatto con il pubblico, lavoratori di aziende strategiche che non hanno mai chiuso (persone non tutte giovani). Bene, anche la scuola è un’azienda strategica e il rischio zero non esiste nemmeno per insegnanti, personale, bambini e genitori. Questo rischio tuttavia per i bambini è assolutamente trascurabile, mentre per tutti può essere molto ridotto investendo sulla scuola in questi mesi. Abbiamo bisogno, anche per sostenere l’economia, di una scuola e di una sanità migliori e che non si fermino. Non di una società iperassistita, paurosa e sempre servilmente in attesa di favori da parte del potere.”
La soluzione suggerita da Silvestri
Monitoraggio e sorveglianza epidemiologica
Preparazione
Preparazione, a livello di strutture ospedaliere, di gestione delle RSA, della presenza di personale (medici ed infermieri, in primis) preparato a questo tipo di emergenza infettivologica, con un numero adeguato di dispositivi di protezione individuale, scorte di disinfettanti, ventilatori, letti di terapia intensive, e via discorrendo.
Conclusione