Aya Sofia: da Mehmet II a Erdogan, rileggere la Storia per capirne le ragioni

Il 10 luglio 2020 è stato ufficializzato dalle autorità turche il ritorno di Aya Sofia da museo a moschea.  Alcuni vorrebbero precisare che è stata convertita da chiesa a moschea. Altri invece vogliono ricordare che in realtà è stata una moschea fino al secolo scorso e che adesso è ritornata alla sua origine.

Anche nella community degli STRONG BELIEVER (community online di musulmani italiani,ndr) ci sono stati diversi scambi interessanti, ma su alcuni punti ho notato che c’era un po’ di confusione, dettata da una mancanza di alcune informazioni storiche fondamentali per poter trarre delle conclusioni.

Inoltre il dibattito pubblico si è svolto – ancora una volta – a un livello di superficialità strabiliante.

La storia mainstream.

La narrazione “mainstream” è che Aya Sofia è nata come chiesa bizantina.

In seguito alla conquista ottomana di Costantinopoli (l’attuale Istanbul), guidata da Muhammad Al-Fatih o Mehmet II, fu trasformata in moschea.

Il secolo scorso, a seguito dell’opera di laicizzazione forzata portata avanti da Ataturk, fu trasformata in un museo e nei giorni scorsi, le autorità turche, guidate da Erdogan, hanno fatto ritornare il museo una moschea.

Questo è quello che ormai sanno tutti e quando dico “narrazione mainstream” non intendo che c’è qualcosa di sbagliato maa intendo che è una narrazione parziale e superficiale. Infatti questa narrazione non può far altro che rendere il dibattito più acceso e soprattutto inconcludente.

Con un livello di dettaglio del genere si alimenta solo la tifoseria e la polarizzazione, come si è visto ma questo dibattito in realtà non può essere risolto se non tornando a riaprire i libri di Storia.

La Storia approfondita.

Tutti noi sappiamo che il cristianesimo è fatto di diverse chiese, le due più famose sono la chiesa cattolica e la chiesa ortodossa.

E come il Vaticano in Italia è il simbolo del cattolicesimo nel mondo, la chiesa di Aya Sofia in passato è stata il simbolo del cristianesimo ortodosso nel mondo.

La nascita.

La prima volta che queste costruzione ha visto la luce fu nel 360, ovvero 240 anni prima dell’arrivo dell’Islam, a quel tempo non si chiamava Aya Sofia bensì la Grande Chiesa. La prima chiesa era conosciuta come la “Grande Chiesa”, a causa delle sue dimensioni più grandi rispetto alle altre chiese contemporanee già presenti in città.

Nel 440, Socrate Scolastico sostenne che la chiesa fosse stata costruita da Costanzo II. La tradizione riferisce che l’edificio fu invece costruito da suo padre Costantino I, Giovanni Zonara concilia le due opinioni, riferendo che Costanzo aveva riparato l’edificio consacrato da Eusebio di Nicomedia dopo che era crollato.

Poiché Eusebio fu vescovo di Costantinopoli tra il 339 e il 341 e Costantino morì nel 337, sembra impossibile che la prima chiesa fosse eretta da quest’ultimo.

Questo per quanto riguarda la nascita, dopo di che ci furono diversi avvenimenti della storia cristiana e bizantina che determinarono il destino di questa chiesa.

Per esempio, nel 5° secolo, il Patriarca di Costantinopoli Giovanni Crisostomo entrò in un conflitto con l’imperatrice Elia Eudossia, moglie dell’imperatore Arcadio, e per questo fu mandato in esilio il 20 giugno 404.

Durante gli scontri che avvennero in seguito, questa prima chiesa fu in gran parte distrutta da un incendio, nulla di essa rimane oggi.

La seconda chiesa.

Una seconda chiesa fu costruita per volere di Teodosio II, il quale la inaugurò il 10 ottobre 415 successivamente fu incendiata durante la rivolta di Nika, scoppiata nel 532 contro l’imperatore Giustiniano.

La chiesa bruciò quasi completamente. La rivolta fu repressa nel sangue da Giustiniano, inoltre quest’ultimo, visto che aveva alle porte del suo impero la pressione dei persiani, promise di pagare loro una cospicua tassa, in cambio della non belligeranza.

Questa mossa di Giustiniano era volta a prendere tempo, visto che gli fu consegnata una situazione drammatica già all’inizio del suo periodo di governo.

Nota che ci servirà più avanti nel discorso:

La jizia che i conquistatori musulmani imponevano ai popoli conquistati non è invenzione dell’Islam e non è un tratto tipico della shari’a, come alcuni vorrebbero far credere.

E’ semplicemente una delle soluzioni politiche e belliche riconosciute e accettate a quel tempo, da prima della nascita del Profeta (s)

Per capirci, era come una regola delle Nazioni Unite oggi e accusare l’Islam di averla istituita è da persone ignoranti…o in malafede.

In generale è importante tener conto del fatto che non si può giudicare gli eventi del passato con i paradigmi di oggi, semplicemente c’erano usi diversi.

Aya Sofia.

Il 23 febbraio 532 l’imperatore Giustiniano I decise di costruire una nuova basilica completamente diversa e più grande che è appunto Aya Sofia.

Santa Sofia divenne la sede del patriarca di Costantinopoli e il luogo principale per le cerimonie imperiali dei reali bizantini, come le incoronazioni.

Ma la Storia di questa chiesa da qui in poi è stata tutt’altro che tranquilla: aparte gli avvenimenti legati alle catastrofi naturali, Aya Sofia fu al centro di diverse dinamiche e scontri.

Per esempio, nel 726, l’imperatore Leone III Isaurico emise una serie di editti contro la venerazione delle immagini, ordinando all’esercito di distruggere tutte le icone ed inaugurando il periodo di iconoclastia bizantina a quel tempo, tutte le immagini religiose e le statue furono rimosse dalla Basilica di Santa Sofia.

La Quarta Crociata.

Secoli dopo, al momento della presa di Costantinopoli, durante la Quarta Crociata, la chiesa fu saccheggiata e profanata dai cristiani latini.

Lo storico bizantino Niceta Coniata descrisse come furono rubate dalla chiesa molte reliquie, tra cui una pietra della tomba di Gesù, il latte della Vergine Maria, il sudario di Gesù e le ossa di alcuni santi, portate verso le chiese dell’ovest.

Ayasofya in quest’occasione subì il primo violento cambio di destinazione d’uso nel 1204: la Basilica fu infatti prima dissacrata e depredata, poi convertita al culto Cattolico – inasprendo il conflitto con l’Ortodossia orientale – ed infine lasciata in stato di semi-abbandono, fino al 1261.

A questo proposito Speros Vryonis, storico specializzato in storia bizantina, scrisse:

“La soldataglia Latina [cioè, Italiana ed Europea] sottopose la grande città ad un saccheggio indescrivibile: per tre giorni uccisero, stuprarono, saccheggiarono e distrussero in una misura che perfino per gli antichi Vandali e Goti sarebbe stata inimmaginabile. [..] Distruggevano indiscriminatamente, fermandosi solo per rinfrescarsi col vino, per stuprare le suore e per uccidere i chierici Ortodossi.

I Crociati sfogarono il loro odio per i Greci nella maniera più spettacolare dissacrando la più grande chiesa della Cristianità: distrussero l’iconostasi argentea, le icone ed i libri sacri di Hagia Sophia, fecero sedere sul trono patriarcale una prostituta che berciava canzoni volgari, e sbevazzarono vino usando i sacri calici della chiesa. [..]

I Greci furono certi che nemmeno i Turchi, se avessero conquistato la loro città sarebbero stati crudeli come i Cristiani Latini.

La sconfitta di Bisanzio, già in uno stato di declino, [..] ed il movimento delle Crociata portarono [paradossalmente, per i danni che infersero a Bisanzio ed alla sua stabilità] alla vittoria finale dell’Islam”.

La nascita e l’espansione della nazione islamica.

Ora spostiamoci un attimo in Arabia e facciamo un passo indietro a qualche secolo prima. Con la nascita della nazione islamica per mano del Profeta Muhammad (s) nel settimo secolo, è nata una nuova potenza sullo scenario. Come accennavamo quando abbiamo parlato di Giustiniano, a quel tempo le due grandi potenze che si contendevano il medioriente erano quella persiana e quella bizantina.

Dopo il settimo secolo c’era anche la neonata potenza islamica in gioco. Già durante la vita del Profeta (s) ci furono i primi scontri con i bizantini, in quanto quest’ultimi hanno cercato di spegnere sul nascere quella che secondo loro era una minaccia. Dopo la morte del Profeta Muhammad (s) lo scontro sia con i persiani, sia con i bizantini si inasprì e dopo poche battaglie, la nuova potenza islamica cominciò ad annettere nuovi territori del Medioriente.

In particolare è famosa l’annessione di Gerusalemme sotto la guida del Califfo Omar Ibn Al-Khattab (ra), su cui – prima di andare avanti – vorrei fare un piccolo focus, soprattutto perché parliamo di conversione di chiese in moschee.

La conquista di Gerusalemme.

Molti musulmani, per rimanere coerenti con la loro critica nei confronti di Erdogan, hanno criticato la scelta di Muhammad Al-Fatih, il conquistatore di Costantinopoli, di trasformare la Chiesa in Moschea, dicendo che avrebbe dovuto prendere esempio da Omar Ibn Al-Khattab (ra), che concesse ai cristiani di Gerusalemme di tenere immutati i loro luoghi di culto.

Quello che sfugge a queste persone è che l’annessione di Gerusalemme è stata fatta con una resa senza una battaglia, diversamente da ciò che è successo, come vedremo, a Costantinopoli.

Mi spiego meglio: nel passato, quando un esercito assediava una città, se si prospettava una battaglia che sarebbe costata troppe vite e risorse ad entrambe le parti, l’esercito attaccante offriva a chi si difendeva la possibilità di un accordo senza combattere.

Di solito era la via meno rischiosa per chi si difendeva, perché nonostante perdesse una parte consistente della sovranità sul territorio in questione, comunque poteva negoziare qualcosa di più rispetto al perdere tutto in battaglia.

E parte degli accordi tra il Califfo Omar Ibn Al-Khattab (ra) con i cristiani di Gerusalemme era appunto il fatto che non sarebbero stati toccati i luoghi di culto.

Si era raggiunto un accordo, evitando la battaglia, se invece chi si difende rifiuta l’accordo e quindi si passa al combattimento, dopo la battaglia chi vince si prende tutto, questa era la regola a quei tempi.

La conquista di Costantinopoli.

La potenza islamica, oltre a Gerusalemme, ha annesso diversi territori del medioriente.

Mentre Costantinopoli è rimasta inespugnata grazie alle sue mura per secoli Non ci sono riusciti i 4 califfi, non ci sono riusciti gli Ommayyadi, non ci sono riusciti gli Abbasidi e neppure i primi califfi Ottomani.

Arriviamo a Muhammad Al-Fatih, settimo califfo ottomano, che prima della conquista di Costantinopoli si chiamava semplicemente Muhammad II, o Mehmet II alla turca. 

Quando ereditò il trono vi era un corso un patto di non belligeranza tra gli ottomani e l’imperatore di Costantinopoli, tuttavia quest’ultimo, Giovanni VIII, violò il patto, approfittando del momento di instabilità del passaggio di potere.

Gli storici ritengono che questa violazione del patto fosse dovuta soprattutto al fatto che Mehmet II era estremamente giovane, per cui ritenuto inesperto e incapace di difendere le sue terre, questo ha fatto ingolosire Giovanni VIII e i suoi consiglieri, che quindi violarono il patto.

All’inizio l’imperatore di Costantinopoli sembrava aver successo nel destabilizzare gli ottomani, ma una volta che il giovane governante Muhammad Al-Fatih sistemò alcune questioni interne, volse lo sguardo a Costantinopoli.

Muhammad Al-Fatih assediò la città.

E come si fece anche ai tempi di Omar Ibn Al-Khattab (ra), offrì alla città, prima della battaglia, la possibilità di negoziare una resa.

La possibilità che Muhammad Al-Fatih diede a Costantino XI fu l’opportunità di rimanere sul suo trono a governare la sua terra, in cambio di fedeltà e pagamento delle tasse nei confronti dell’impero ottomano ma Costantino rifiutò.

E quindi valeva la regola del “chi perde, perde tutto, chi vince, si prende tutto” di cui abbiamo parlato poco fa.

Muhammad Al-Fatih e gli ottomani, dopo 53 giorni di assedio, il 29 Maggio del 1453 entrarono nella città.

Vincendo, secondo le regole del tempo, avevano diritto a prendersi tutto, luoghi di culto compresi.

Si dice che nella città trovarono 13 chiese (altre versioni dicono 4), ognuna di queste fu destinata ad un uso diverso.

Alcune di queste furono date ai cristiani cattolici del luogo, altre furono convertite in sinagoghe per gli ebrei e altre ancora in moschee.

Per Aya Sofia Mehmet II si comportò diversamente: invece di prendere Aya Sofia e farne quello che desiderava, a differenza delle altre chiese, decise di acquistarla.

Nelle scorse settimane girava su internet anche un documento che attestava l’accordo tra Muhammad Al-Fatih e le autorità della chiesa ortodossa, tuttavia alcuni mettono in dubbio l’autenticità della notizia storica e del documento.

Ma la verità è che tutto questo non è per niente rilevante, perché le regole di guerra del tempo davano a Muhammad Al-Fatih tutto il diritto di fare quello che voleva con i territori conquistati per cui, che l’abbia acquistata o meno, non importa.

Muhammad Al-Fatih fu considerato dai suoi contemporanei un conquistatore buono e misericordioso, un merito riconosciuto da tantissimi storici a Muhammad Al-Fatih fu sicuramente il grado di civiltà con cui trattò i luoghi di culto, Aya Sofia in primis.

Questo a differenza dei cugini degli ortodossi, i cristiani latini, che qualche secolo prima, come abbiamo visto, hanno umiliato la sacralità e l’arte del luogo.

E non si fa fatica a pensare che se qualche secolo prima i persiani avessero avuto la meglio, molto probabilmente non sarebbe andata diversamente rispetto ai latini, conoscendo le loro pratiche quando invadevano un luogo.

Invece Muhammad Al-Fatih si comportò in maniera poco convenzionale (e se proprio vogliamo giudicare con gli occhi di oggi, all’avanguardia) per il tempo.

Infatti non danneggiò le opere d’arte e si limitò a coprire quelle incompatibili con un luogo di culto musulmano insomma, comprata o conquistata, Muhammad Al-Fatih decise di trasformare Aya Sofia in un Waqf per i musulmani.

Cos’è un Waqf?

Il Waqf (“fondazione pia”, pl. Awqâf) è un istituto del diritto Islamico attraverso cui il proprietario di un bene lo vincola per sempre al servizio della Ummah;

il suo scopo è ben definito ed è inalienabile.

Ad esempio possono essere istituiti in waqf una moschea, una scuola, un ospedale, un terreno agricolo, un pozzo, una somma di denaro investita, un negozio, ecc.

I ricavi di questi beni e attività vengono vincolati al sostentamento di poveri, orfani, famiglie dei martiri, ecc…

Quindi Muhammad Al-fatih decise di trasformare Aya Sofia in una moschea Waqf per i musulmani.

A questo punto – tornando ai giorni nostri – si può capire meglio la sentenza del Consiglio di Stato turco, che ha considerato invalida la decisione presa nel 1935 da Ataturk di trasformare la Moschea in Museo.

La sentenza dice:

“È un Wakf (fondazione pia) e perciò è illegittimo cambiarne la destinazione d’uso”.

Consiglio di Stato turco

Nel diritto islamico classico, infatti, nel momento in cui una persona (nel caso in questione niente di meno che Muhammad Al-Fatih) decide di donare un bene (nel caso in questione niente di meno che Aya Sofia) per una determinata funzione di utilità sociale, questo poi non potrebbe essere utilizzato per nessuna altra funzione fino alla fine dei tempi.

La corte sostanzialmente ha ritenuto invalido l’atto governativo con cui Ataturk nel 1935 – un solo giorno dopo che si incontrò con l’americano Thomas Whittemore – ordinò il cambio d’uso della proprietà da moschea a museo, perché in contrasto con quanto disposto nell’atto di costituzione della fondazione, scritto da Muhammad Al-Fatih.

Aya Sofia – considerando che la proprietà viene trasferita a DYANET – torna dunque ad essere un Wakf. Questi sono i fatti.

A questo punto, finiti gli argomenti storici e razionali, qualcuno potrebbe impuntarsi comunque e dire che “è una mossa che ferisce gli animi del mondo cristiano”.

Per me va benissimo. Sono d’accordo.

Se l’obiettivo è curare gli animi, rinunciamo ad Aya Sofia.

L’importante è che lo stesso trattamento venga riservato alle moschee andaluse di Siviglia, Toledo e Cordoba, che sono state convertite in Chiese, librerie e proprietà private.

Oppure la chiesa di San Josè, che una volta era la famosa moschea dei Morabitin o quella di San Michele in Croazia, che prima era la moschea di Asim Basha o la Chiesa di Santa Maria di Granada, che prima era la moschea del palazzo Al-Hamrà.

Possiamo parlare della chiesa di Sepia, sempre a Siviglia, che era la moschea Al-Jame’ costruito da Abu Yakoub.

Tutte queste erano moschee, trasformate in chiese, ancora presenti fino ad oggi.

Ancora oggi in varie località, per esempio in Spagna, si festeggia annualmente la conversione da chiesa a moschea alla faccia degli animi dei musulmani autoctoni che sono una minoranza e dei musulmani del mondo.

Quindi se da oggi in poi si vuole seguire la logica del “conciliare gli animi”, facciamolo tutti insieme, o lo accettiamo tutti insieme questo peso e questa misura, o lo rifiutiamo tutti. Ma rifiutarlo per tutti, tranne per noi musulmani…questo no.

Purtroppo mi rendo conto che l’eccezionalismo islamico che i nostri detrattori hanno nei nostri confronti l’abbiamo fatto nostro.

I fatti dicono che, come abbiamo visto, Storia alla mano, Muhammad Al-Fatih e i musulmani sono stati più rispettosi e civili nei confronti di questo edificio e di queste opere rispetto ai cugini degli ortodossi, i cristiani latini ancora oggi le opere d’arte sono intatte e quelle non compatibili con un luogo di culto islamico sono semplicemente state coperte.

E d’ora in poi, chi vorrà visitare il luogo, potrà farlo gratuitamente, come succede con le altre moschee di Istanbul, invece che a pagamento, come succede nei musei e alla luce di tutto questo, ritengo che il provvedimento del Consiglio di Stato turco sia stato più che ragionevole.

Rimane da rispondere a una obiezione ricorrente in questi giorni nel dibattito pubblico.

E la laicità dello stato?

A questa obiezione lascio rispondere il Professor Franco Cardini, uno storico e saggista italiano, specializzato nello studio del Medioevo:

“Di per sé, il ritorno di #Ayasofya alla funzione sacra originaria [di luogo di culto] non deve destare inquietudine: [..] lo “strappo” vero – più che nel 1204 quanto il santuario passò dai Greci ai Latini, o nel 1453 quando passò dai Cristiani ai Musulmani – avvenne durante il regime laicista di Kemal, in tempi nei quali perfino il nominare il nome di Dio in parlamento era considerato un crimine. Oggi, un ritorno al culto non appare cosa che possa davvero urtare o scandalizzare qualcuno [..]

Qui bisognerebbe intendersi su molte cose, a cominciare dal valore della tolleranza: se oggi si profilasse la necessità o l’opportunità di trasformare una chiesa in museo – cosa del resto già accaduta più volte – è molto probabile che chi vi si opponesse si vedrebbe accusato di oscurantismo e d’intolleranza. Stesse accuse che verrebbero lanciate contro chi intendesse restituire al culto religioso un monumento ormai usato come spazio civico o culturale. Dietro a questi due atteggiamenti c’è un pensiero “a senso unico”, che per quanto è in me non ho alcuna intenzione di avallare: [..] come credente, posso anche accettare che, in alcuni casi, un edificio sacro possa essere anche adibito ad altro uso; ma che addirittura il metro di giudizio si ribalti, fino a giungere al paradosso di dichiarare che un edificio riportato alle sue originarie funzioni religiose possa essere accusato di costituire una “profanazione” della “laicità”, questo poi no. La “laicità”, per sua natura, è già “profana”, e non può essere se non “profana”: come credente, posso anche rispettare la laicità; ma “sacralizzarla”, poi, questo mi dispiace ma non si può – “per la contraddizion che nol consente”, pericope dantesca da assumersi in questo caso alla lettera.”

E questo per quanto riguarda la laicità.

La critica nei confronti di Muhammad Al-Fatih.

Io penso che ci voglia un po’ di prudenza prima di criticare una figura della Storia islamica come Muhammad Al-fatih.

Vorrei ricordare che il Profeta Muhammad ﷺ alluse a Muhammad Al-Fatih in termini elogiativi, dicendo: “Che grande guida!” (نعمة الأمير) nel famoso hadith in cui prediceva l’arrivo dell’Islam a Costantinopoli. Questo non ne indica l’assoluta infallibilità, però invito alla prudenza nel criticarne le decisioni con eccessiva disinvoltura.

Fonti:

Antonio Carile, Materiali di storia bizantina, Bologna, Lo Scarabeo, 1994.

Raymond Janin, Constantinople Byzantine

Emporis: Haghia Sophia

Abdellah Cherif – Santa Sofia

Il libro delle crociate, visto dagli arabi da Amin Maalouf

La storia dell’Impero ottomano da Khilal ad Anjalik

Atlante delle religioni

Wikipedia

Minima Cardiniana di Franco Cardini