Il capogruppo di Ennahada al Parlamento di Tunisi, Noureddine al Beheiri, ha accusato gli Emirati di star lavorando per distruggere la giovane democrazia del paese nordafricano sostenendo una campagna contro Rached Ghannouchi.
Al Beheiri ha accusato gli Emirati Arabi Uniti di aver pagato tangenti per trasformare i legislatori tunisini in nemici del presidente del Parlamento Rached Ghannouchi.
Ghannouchi, che ha fondato e guida Ennahda, è oggetto di una mozione di sfiducia da parte dei deputati dell’opposizione che vogliono rimuoverlo dalla presidenza dell’assemblea.
In queste settimane Ghannouchi è stato oggetto di una campagna di propaganda organizzata dai media controllati da Abu Dhabi.
Alcuni media tunisini hanno affermato infatti che la ricchezza di Ghannouchi superava il miliardo di dollari, un’affermazione che se fosse vera lo avrebbe reso una delle persone più ricche del continente africano. Documenti pubblicati in seguito, tuttavia, presentavano un quadro diametralmente opposto, rivelando che Ghannouchi possedeva un’unica proprietà, un’automobile Kia e nessuna fonte di reddito oltre al suo stipendio statale.
Ennahda detiene 52 dei 217 seggi nel parlamento tunisino, il che lo rende il più grande gruppo parlamentare a Tunisi.
Nonostante le difficoltà economiche, il paese ha rappresentato a lungo una storia di successo nell’ambito delle primavere arabe.
La Tunisia ha un sistema parlamentare funzionante e il suo processo elettorale è in gran parte libero dalle denunce di frode e brogli elettorali visti nei paesi arabi.
Fino ad ora ha evitato la violenza che ha travolto la vicina Libia e colpi di stato controrivoluzionari, come in Egitto.
Ghannouchi affronta il voto di sfiducia giovedì, ma il leader che ha trascorso decenni in esilio a Londra è ottimista.
“Sono fiducioso che sarà un momento per rinnovare la fiducia in me in qualità di Presidente del Parlamento e per confermarmi.” Ghannouchi ha detto, aggiungendo: “Non sono arrivato alla presidenza del parlamento su un carro armato, ma sono arrivato qui attraverso le elezioni”.
Emirati Arabi Uniti
Nonostante la ridotta popolazione, appena 1,4 milioni di cittadini, gli Emirati Arabi Uniti sotto la guida del principe ereditario di Abu Dhabi, Mohammed bin Zayed, hanno cercato di posizionarsi contro la corrente democratica che si è diffusa nel mondo arabo all’inizio dell’ultimo decennio.
In Libia sta armando e finanziando il signore della guerra Khalifa Haftar nel suo tentativo di rovesciare il governo libico di Accordo Nazionale riconosciuto dalle Nazioni Unite.
Haftar assediava Tripoli, quando un’offensiva del GNA sostenuta dalla Turchia lo ha costretto ad una rapida ritirata. Questo capovolgimento di fronte è stato un duro colpo per l’ambizione degli Emirati Arabi Uniti di installare dittatori amici in ogni paese arabo.
Nel 2013, gli Emirati Arabi Uniti sono stati fondamentali nel finanziare un colpo di Stato militare contro il primo ed unico presidente egiziano eletto democraticamente, Mohamed Morsi. Sostituendo il leader con l’attuale dittatore egiziano, Abdel Fattah al Sisi.
Sotto al Sisi, l’opposizione laica e religiosa è stata schiacciata, migliaia di persone sono state uccise in stragi, come ad esempio quella di Rabaa Al-Adawiya e altre decine di migliaia sono state incarcerate senza la pretesa di un equo processo giudiziario.
Gli Emirati Arabi sono stati determinanti anche nell’imposizione di un embargo nei confronti del Qatar per il suo sostegno ai movimenti democratici nel mondo arabo. Hanno lavorato con l’Egitto, l’Arabia Saudita e il Bahrein per bloccare l’accesso aereo, terrestre e marittimo all’emirato a Doha.
Il Qatar ha superato la tempesta ma rimane ancora sotto embargo tre anni dopo.