La Fondazione Einaudi ha pubblicato 5 verbali del Comitato Tecnico-Scientifico per l’emergenza Covid. Visto che il Governo vi aveva apposto il Segreto di Stato, la cosa ha un alto valore simbolico ma un’utilità pratica circoscritta. Molto resta ancora da sapere e le critiche ai Dpcm di Conte si alimentano di nuova linfa.
Ieri la Fondazione Luigi Einaudi ha pubblicato 5 dei verbali del Comitato Tecnico-Scientifico per l’emergenza Covid e la prima cosa che si può dire è che non ce ne facciamo molto. Questi verbali risultano essere 5 tra i tanti, e dalla numerazione riportata risultano essere i verbali numero 12, 14, 21, 39 e 49 su un totale non noto. L’ultimo è datato 9 aprile e l’unica cosa certa è che a quella data i verbali erano 49. Basterebbe questo dato per ridimensionare la discussione ma qualcosa di significativo può comunque essere detta.
Perché il segreto di Stato?
Quando ad aprile la Fondazione Einaudi ha chiesto di prendere visione dei verbali del Comitato Tecnico-Scientifico (CTS) citati nei Dpcm di Conte si è vista negare l’accesso agli atti ed ha fatto ricorso. Due settimane fa il TAR del Lazio ha dato ragione alla Fondazione ma il Governo ha impugnato la sentenza facendo ricorso al Consiglio di Stato per mantenere la segretezza. Nel ricorso del Governo si parla di “danno concreto all’ordine pubblico e alla sicurezza che la conoscenza dei verbali del CTS, nella presente fase dell’emergenza, comporterebbe sia in relazione alle valutazioni tecniche che agli indirizzi generali dell’organo tecnico”. Il Consiglio di Stato aveva concesso la sospensiva e rimandato ad un’udienza del 10 settembre.
Quando anche il COPASIR ha chiesto al Governo i verbali del CTS la situazione si è fatta mediaticamente e politicamente insostenibile ed il Governo si è arreso scegliendo di non tirare a campare fino al 10 settembre su questa questione. Ma quale “danno concreto all’ordine pubblico e alla sicurezza” potrebbe mai arrecare la conoscenza di questi verbali al punto da tenere molti di essi ancora coperti dal Segreto di Stato?
Dal libro-inchiesta “Come nasce un’epidemia – la strage di Bergamo, il focolaio più micidiale d’Europa” (Rizzoli) sappiamo di una riunione e di un verbale del 3 marzo (che non è tra i 5 resi pubblici) in cui il CTS aveva individuato l’urgenza di istituire la zona rossa nei comuni di Alzano Lombardo e Nembro ma il 12 giugno ai magistrati dell’inchiesta in corso Conte ha dichiarato “quel documento io non l’ho mai visto”. Peccato però che il 2 aprile ne aveva parlato in un’intervista riportata anche sul sito del Governo. E’ lecito quindi ipotizzare che vi siano altre decisioni politiche, in merito alle restrizioni ed al loro allentamento, prese in contraddizione con le evidenze epidemiologiche.
Perché solo 5 verbali?
Se su decine di verbali al momento ne conosciamo solo 5 è perché la Fondazione Einaudi ha chiesto solo quelli poi resi pubblici. Fino a ieri nessuno sapeva della numerosità di questi verbali e la Fondazione aveva fatto richiesta di accesso a quelli citati nei Dpcm che hanno decretato le restrizioni durante la fase acuta della Pandemia di Covid-19 (ci sono cioè Dpcm che non fanno cenno ad alcun verbale del CTS). Anche il ricorso faceva riferimento ai verbali indirettamente noti, e quindi la sentenza del TAR riguarda solo quelli richiesti. Sembra che la Fondazione abbia intenzione di chiedere tutti i verbali, cosa che formalmente potrebbe fare chiunque (soprattutto l’indegno Parlamento!), e si spera non si debba attendere altri mesi ed altre sentenze.
Cosa (non) dicono i 5 verbali?
Il punto più discusso da quando è stato possibile leggere questi verbali è che il CTS non avrebbe suggerito al Governo le misure restrittive per tutto il territorio nazionale decretate tra il 9 ed l’11 marzo sono. Ma non si può dire con certezza questa cosa, perché noi abbiamo accesso al verbale n° 21 del 7 marzo citato nel Dpcm dell’8 marzo e poi direttamente al verbale n° 39 del 30 marzo, citato nel Dpcm del 1° aprile. Le restrizioni su tutto il territorio nazionale sono arrivate con i Dpcm del 9 e dell’11 marzo, e verosimilmente ci sono altri verbali tra quello del 7 marzo e il Dpcm dell’11 marzo. Ad ogni modo il fatto che in un solo giorno, tra l’8 e il 9 marzo, siamo passati da una zona rossa che comprendeva la Lombardia e 14 province ad un paese tutto zona rossa è di una sproporzione che non trova alcuna giustificazione né politica né tanto meno scientifica.
Che fine ha fatto la scienza?
Questa pandemia ha messo in scena il peggio che si potesse chiedere al peggiore scientismo. Il premier ha chiuso il paese a colpi di dirette Facebook durante le quali si nascondeva dietro “i nostri scienziati”. Siamo stati schiacciati sulla dicotomia scientisti-negazionisti e la politica si è dichiarata dalla parte della “scienza”. Ma cosa sapeva (e cosa sa) la scienza sul Covid-19? E più in generale, chi è la scienza? Durante la pandemia, il CTS rappresentava la scienza? Come abbiamo più volte scritto, questo Comitato era composto da 7 persone (su 9) con profili tecnico-politici e quindi non abbiamo mai nutrito aspettative su contenuti scientifici da loro discussi. Questo comitato ha sempre avuto un ruolo politico.
I verbali sostanzialmente lo confermano perché sono per lo più bozze dei dpcm, delle ordinanze e delle circolari, non una motivazione scientifica di questi provvedimenti. Anche perché se fossero stati documenti dal contenuto scientifico non sarebbe stato necessario un tribunale per avervi accesso. Che scienza è una scienza coperta dal Segreto di Stato?
Dubbi anche sui verbali resi pubblici
Nel verbale n° 39 del 30 marzo 2020, citato nel Dpcm del 1° aprile, si legge che “Il CTS acquisisce il contributo del dott. Walter Ricciardi su alcuni temi di rilevanza strategia circa la riduzione dell’impatto dell’epidemia da SARS-CoV-2 sulla popolazione (allegato)”. Walter Ricciardi dal verbale risulta presente alla riunione in videoconferenza ma tra gli allegati questo suo parere non c’è, mentre sono allegati altri pareri citati dal verbale. Ricordiamo che Ricciardi durante questa pandemia è stato formalmente sconfessato dall’OMS, e che un anno e mezzo fa si era dimesso dalla presidenza dell’Istituto Superiore di Sanità (dove era stato nominato dal Governo Renzi), a seguito di un servizio delle Iene su suoi presunti conflitti di interessi.
Se l’opinione pubblica non fosse portata a pensare che certi dubbi sono il frutto delle fake news dei negazionisti, e se tutto l’arco parlamentare non fosse composto per lo più da persone non all’altezza del ruolo che svolgono, questi soli 5 verbali fornirebbero elementi a sufficienza per una crisi di Governo.