L’Annus mirabilis di Hicham El Garrouj
Tutti sanno correre. Pochi sanno volare. Hicham El Guerrouj appartiene alla ristretta elite di chi è riuscito a rendere attività banali come correre, saltare o lanciare atti degni di ammirazione.
È l’agosto 2004. Le Olimpiadi tornano in Grecia, Atene. In altre competizioni, Hicham si era imposto a livello internazionale come il miglior mezzofondista al mondo, stabilendo record mondiali, alcuni dei quali tutt’oggi imbattuti, come il miglio e i 1500 metri, entrambi a Roma.
Tuttavia, l’evento atletico per antonomasia, l’arena dove si esprime la quintessenza delle prestazioni e si incide nella Storia la grandezza di un atleta sono indubbiamente le Olimpiadi.
A livello sportivo, nulla, neanche un record mondiale, sovrasta una medaglia d’oro ai giochi olimpici. Probabilmente la ragione risiede nelle radici millenarie dei Giochi e la loro sacralità: gli antichi Greci interrompevano le attività belliche e consideravano i Giochi un modo per onorare gli dei.
Il vincitore non riscuoteva nessuna ricompensa materiale, se non una corona d’alloro, ma riceveva la gloria di essere immortalato nei poemi e nelle statue al pari di divinità, eroi e grandi statisti. Il poeta Pinadaro celebrava così un vincitore dei Giochi:
“Fiore dolce d’imprese eccelse
e di ghirlande olimpiche accogli
con cuore ridente, […] a te, vincitore
d’Olimpia, conceda il dio tra i cavalli
di Poseidone la gioia d’un età
fino in fondo serena, attorniato di figli, …”
Hicham El Guerrouj aveva partecipato anche ai due Giochi precedenti: nel 1996 ad Atlanta e nel 2000 a Sydney. Nonostante fosse uno dei favoriti in entrambe le competizioni, nei 1500 metri, non riuscì ad ottenere l’ambito trofeo. In uno sport in cui la vittoria o la sconfitta si gioca sul filo dei centesimi di secondo e la competizione è impietosa non ci sono garanzie.
Già ad Atlanta, a soli 21 anni, l’atleta marocchino era designato come il degno successore del grande Noureddine Morceli, ma all’ultimo giro inciampa proprio nel piede di Morceli, passando in un attimo dalla seconda posizione a ultimo.
Quattro anni dopo, ai Giochi di Sydney, dopo aver dominato la scena mondiale, Hicham sembra essere destinato all’oro nei 1500 m. Era la sua occasione: è all’apice della forma fisica e i kenyoti, i suoi più agguerriti avversari, non vincevano dal 1988. Tuttavia, viene superato propria da Noah Ngeny nell’ultimo rettilineo, a pochi metri dal traguardo. Nessuno si ricorda del secondo posto.
Due Olimpiadi, due sconfitte. Il prodigio nordafricano sembrava poter vincere tutto, tranne ciò che per lui contava veramente.
È la prova a cui il destino spesso sottopone il talento innato e in questo esame lo spirito o si tempra o soccombe.
Kurt Gödel, dotato di un ingegno straordinario, è considerato uno dei due maggiori logici della civiltà umana insieme ad Aristotele. Tuttavia, nonostante la grandezza intellettuale, soffrì a lungo di paranoia e, terrorizzato di essere avvelenato, si lasciò morire di fame.
Ahmad ibn Hanbal, uno delle voci più autorevoli della civiltà islamica, patì il carcere e la tortura prima che il suo pensiero potesse diffondersi.
Atene era la sua ultima occasione olimpica. Nei 1500 metri, Hicham è sulla linea di partenza. Il suo grande avversario è Bernard Lagat, che aveva sconfitto Hicham solo un paio di settimana prima a Zurigo. Hicham gli stringe la mano, ondeggiando nervosamente alla linea di partenza.
Durante la gara, la performance è impeccabile. Ma negli ultimi 100 metri, l’incubo di Sydney sembra materializzarsi nuovamente. Lagat riesce a superare Hicham L’atleta marocchino, con un colpo di reni, riesce a trovare un cambio di passo nel momento più arduo, battendo l’avversario per poco più di un decimo di secondo.
Ma una volta gustato il suo primo oro olimpico, Hicham punta alla prossima competizione: i 5000 metri. A questa gara partecipa anche l’oro dei 10000m, Kenenisa Bekele, che insieme a Sileshi Sihine, ha confermato il dominio etiope in questa specialità.
El Guerrouj si mantiene al centro del gruppo per buona parte della gara. In testa guidano gli etiopi e i kenyoti. Bekele ha avuto sette giorni di riposo, mentre Hicham è fermo solo da due. Il passo della corsa si mantiene abbastanza lento: i corridori conoscono il calibro dei loro avversari e son ben consapevoli che una mossa falsa, un’accelerazione fuori tempo, potrebbe costare cara. A poco più di 3 giri al termine, la futura leggenda Kipchoge alza il ritmo, mentre i tre etiopi Bekele, Gebremariam e Berhanu si posizionano, intrappolando El Guerrouj. Solo Paavo Nurmi, ottant’anni prima era riuscito a vincere sia i 1500m che i 5000m.
La campana suona l’ultimo giro, gli atleti sembrano rinvigoriti dal tintinnio che segnala i 400 metri dal traguardo. La testa del gruppo si allunga. La gabbia etiope si allenta intorno ad El Guerrouj: ora ognuno per sé.
È il momento più entusiasmante della competizione: le azioni si giudicano dal loro epilogo e i precedenti undici giri e mezzo servivano solo da selezione naturale.
Bekele ed El Guerrouj distaccano gli altri contendenti all’oro. Una gara, iniziata in più di dieci sfidanti, si riduce a un duello. Il resto è leggenda: Paavo Nurmi viene eguagliato dopo quasi un secolo.