Li Meng ed alcuni collaboratori hanno pubblicato pochi giorni fa sulla piattaforma Zenodo, un portale per la libera condivisione di informazioni scientifiche, uno studio di 26 pagine dal titolo “Unusual Features of the SARS CoV-2 Genome Suggesting Sophisticated Laboratory Modification Rather Than Natural Evolution and Delineation of Its Probable Synthetic Route.” , lavoro indirizzato agli specialisti ma per nulla complicato da leggere e da capire almeno nelle sue linee generali ed alquanto convincente. In questo articolo viene argomentato non solo perché sia lecito pensare che l’origine del COVID19 non sia frutto di un salto di specie ma un prodotto di laboratorio, ma anche, nella seconda parte di esso, vengono descritte le procedure tecniche tramite le quali sia possibile arrivare ad un simile risultato.
Yan Li-Meng è una virologa di Hong Kong attualmente rifugiatasi negli USA per timore di ritorsioni da parte del governo cinese in seguito alle sue posizioni in supporto dell’origine artificiale del COVID19, ma anche riguardo alla responsabilità della Cina, sia nella realizzazione del virus stesso, sia nell’aver ritardato l’allarme riguardo alla diffusione della malattia.
In estrema sintesi il lavoro di Yan Li-Meng afferma che la sequenza genica del virus SARS-CoV-2 sia stata sottoposta ad interventi di ingegneria genetica tramite i quali avrebbe acquisito la capacità di attaccare l’uomo. La ricerca avanza tre tipi di argomenti per sostenere la propria tesi.
Primo argomento: con tanto di riferimenti bibliografici. La sequenza del COVID 19 ovvero SARS-CoV-2 è molto simile a quella del coronavirus dei pipistrelli identificata dai laboratori militari cinesi presso la Terza Università Medica Cinese, chimata Chongqing, e dall’Isitituto di Ricerca medica del comando di Nanjing. I ceppi utilizzati come base di partenza “ZC45 eZXC21 sono stati scoperti ed isolati tra il Luglio del 2015 e Febbraio del 2017.
Secondo argomento: la struttura chiave che rende il virus pericoloso per gli uomini, cioè il receptor-binding motif (RBM) assomiglia in modo sospetto a quella del virus della SARS che ha causato l’epidemia nel 2003. La sequenza nucleotidica suggerirebbe che in entrambi i casi l’RBM sia stato manipolato geneticamente.
Terzo argomento: il Covid19 contiene nella sua proteina “spike” un sito di clivaggio specifico, cioè una sequenza nucleotidica specifica, che è nota per la sua capacità di aumentare di molto il tropismo per le cellule e quindi la contagiosità del virus stesso. Questo sito di clivaggio è assolutamente assente nei virus trovati finora in natura tra i coronavirus di questo tipo.
Chiaramente queste affermazioni si inseriscono all’interno di un enorme questione politica che è sfociata nella polemica nata tra il presidente degli Stati Uniti e le autorità cinesi su una possibile fuga del virus dai laboratori della città di Wuhan. Non a caso il lavoro in questione è stato pubblicato sotto il patrocinio della “Rule of Law Society & Rule of Law Foundation”, una fondazione con sede a New York e fondata dal magnate cinese Guo Wengui a sua volta esiliato dalla Cina con accusa di corruzione ed abusi sessuali. La Fondazione dichiara di avere come propri scopi tra l’altro quelli di “far emergere la corruzione, l’illegalità, la brutalità, l’ingiustizia, gli abusi, l’inumanità, propri della politica, degli affari legali e finanziari del sistema cinese”.
Nel lavoro ce n’è anche per la campionessa della Cina, ribattezza dai media batwoman, la direttrice del laboratorio di Wuan ovvero la dottoressa Zhengli Shi, la quale ha già risposto alle accuse del presidente Trump affermando l’assoluta provenienza naturale del virus causa dell’attuale pandemia. Anche la OMS e la comunità scientifica internazionale tramite un articolo su Nature Medicine sembrano scartare l’ipotesi di un’origine artificiale del virus anche se questa non è comunque totalmente eliminabile.
Da notare però che, quando un laboratorio cinese non militare, lo “Shanghai Public Health Clinical Centre”, ha pubblicato su Nature un articolo sostenendo la stretta relazione filogenica che lega il COVID19 maggiormente ai virus naturali ZC45 e ZXC2 piuttosto che al RaTG13 come sostenuto dalle tesi ufficiali, gli autori si siano prodotti in una repentina quanto sospetta rettifica come fosse stata una svista. Chiunque conosca quanto sia difficile superare le numerose revisioni di una rivista del genere non può che sospettare di un simile accadimento.
Fatto sta che finora nessuno dei detrattori dell’ipotesi sull’origine artificiale di Li- Meng, a nostra conoscenza, ha risposto in merito, i più si sono limitati a gettare discredito sulla figura della virologa dissidente, come già avvenuto per altri noti virologi che in passato abbiano sostenuto ipotesi simili e come accaduto recentemente.