Ben prima di essere un buon libro, il Maometto di Massimo Campanini è un libro necessario.
Nel marasma di testi dedicati al Profeta dell’Islam, ci si accontenta di dire di Muḥammad ciò che dottrina comanda, senza lasciarsi attraversare a fondo dai suoi insegnamenti e senza fare la fatica di ricostruire l’uomo che sta dietro alle fonti.
La letteratura in lingua italiana pare essere costituita da testi che si possono riassumere in una parola: pro o contro.
Campanini ha invece fatto un lavoro decostruzionista che spoglia Muḥammad dal suo abito di nemico e rende del Profeta dell’Islam un ritratto, sebbene certamente non definitivo e assolutamente particolareggiato, tuttavia vivo, quello di un “Muḥammad uomo di carne e di sangue” (p. 206).
L’autenticità è la fatica che Campanini distilla in queste pagine, il non venire meno a ciò che storia tramanda o a ciò che la pratica religiosa consegna, nel rifiuto di offrire al lettore una sintesi predigerita. È proprio un magma quello che ci si trova ad affrontare, e che rende il libro una pietra nella quale chi è interessato a conoscere il Profeta si trova ad inciampare.
È una pausa obbligata.
Non si tratta però di un lavoro descrittivo; in maniera accademicamente rigorosa, Campanini discute la validità delle proprie fonti, per poi dedicare il primo capitolo alla discussione dell’Arabia al tempo di Muḥammad.
La vita del Profeta è tratteggiata in senso cronologico, dividendo il messaggio a Mecca da quello a Medina – argomento con ricadute ermeneutiche carissime all’autore – per poi, una volta raggiunta la morte di Muḥammad, discutere il difficile equilibrio tra storia e fede nella creazione dell’archetipo di Muḥammad, nel quarto capitolo.
Conclude il testo l’eredità politica del Profeta, che tratta con attenzione il problema dello scisma tra sciiti e sunniti.
La volontà di consegnare al lettore una descrizione autentica, non negando di Muḥammad alcuna delle sue caratteristiche – “amante delle donne e della guerra” ma al tempo stesso “uomo di spiritualità e di esaltazione mistica” (p. 206) è cifra dello sforzo sincero di Campanini, del quale speriamo di leggere presto nuovi lavori.