Il terzo congresso sullo Xinjiang tenutosi a Beijing dal 25 al 26 Settembre è stato teatro di un’ulteriore schiaffo al popolo uiguro oltre che di un segnale di forza nei confronti delle potenze occidentali che rimangono a guardare facendo di tanto in tanto qualche timido appunto.
Il leader supremo cinese Xi Jinping ha descritto durante il congresso le politiche adottate in Xinjiang come “totalmente corrette“ promettendo di impiantare l’identità cinese “nel profondo dell’animo“ degli uiguri.
Xi è stato esplicito rispetto a quale tipo di politiche faccia riferimento. “Lo Xinjiang sta godendo di un periodo favorevole di stabilità sociale”, afferma Xi “i fatti hanno abbondantemente dimostrato che il nostro lavoro sulle minoranze nazionali è stato un successo”. Considerando l’impianto ideologico della Cina, uno Stato apertamente ateo, i cui unici obiettivi sono l’autopreservazione, l’espansione, il controllo e la realizzazione del ‘paradiso‘ comunista ad ogni costo, il “successo“ ottenuto nel reprimere un intero popolo garantendo l’immunità de facto da qualsiasi azione o ripercussione dalla comunità internazionale a Pechino ciò rappresenta certamente un successo.
Xi rincara la dose durante il congresso chiarendo le sue intenzioni in merito alla strategia adottata fino ad ora: essa “deve essere mantenuta nel lungo termine”.
La strategia di repressione ed internamento nei campi di concentramento iniziata nel 2014 con la costruzione di un altissimo numero di campi di indottrinamento come trapelato da numerose testimonianze, documenti e materiali audio-visivi.
I musulmani uiguri hanno tentato di smuovere le coscenze della comunità internazionale denunciando i fatti quali le torture e le strategie di indottrinamento mirate a far abbandonare agli uiguri la propria fede e farli sottomettere al regime e alla sua ideologia.
Un’indagine di Amnesty ha anche svelato che alcune aziende tecnologiche europee in Francia, Svezia e Olanda, vendevano strumenti di sorveglianza di massa in alcuni casi usati specificatamente per il programma di sorveglianza di massa cinese. Numerose di inchieste realizzate dal New York Times e dell’Istituto australiano per le politiche strategiche hanno dimostrato che migliaia di luoghi di culto islamici sono stati demoliti in soli tre anni a partire dal 2017.
Xi, che ha descritto i campi di indottrinamento come dei semplici centri educativi, ha parlato durante il congresso a Beijing del bisogno di “incorporare nell’educazione una consapevolezza condivisa della nazionalità cinese nei giovani, nei bambini e nella società dello Xinjiang,” aggiungendo che bisogna “fare in modo che una consapevolezza condivisa della nazionalità cinese metta radici nel profondo dell’anima.”
Su cosa sia basata questa “consapevolezza cinese” è chiaro: assicurarsi che il dio-regime regni supremo anche a costo di annegare l’altare sacrificale del regime stesso con il sangue degli uiguri.