Un anno fa nasceva questo giornale che abbiamo voluto chiamare La Luce assumendoci il rischio di indurre in equivoco o di apparire apologetici, oggi crediamo di aver avuto ragione, la conferma risiede in un’identità chiara e riconoscibile che i nostri lettori apprezzano.
La stessa scelta del nome è un segno della mentalità con la quale ci siamo approcciati al lavoro di informare: con fede, sincerità e senza complessi di sorta.
Il giornale risponde ad alcune esigenze fondamentali: prima fra tutte quella di poter parlare in prima persona, senza intermediazioni dei media mainstream e senza dover assecondare esigenze mediatiche che ci hanno coinvolto solo in quanto funzionali a determinate narrazioni o agende politiche, quando non direttamente al fine di danneggiare la nosrtra immagine.
In seconda battuta sentivamo l’esigenza di poter fare informazione e stare nel dibattito pubblico senza per forza subire il riflesso della contrapposizione tra le i due poli politico-culturali della politica USA di cui in molti nel nostro paese sono solo meri ripetitori.
Abbiamo rifiutato di essere schiacciati tra i poli dell’opposta propaganda che tende a strumentalizzare ogni avvenimento per renderne il racconto il tassello di un’operazione ideologica. A questa logica abbiamo deciso di sottrarci quando ad esempio sulla questione Coronavirus abbiamo detto la nostra senza preoccuparci delle implicazioni di potere, la stessa cosa è avvenuta in relazione al tema del cambio climatico e dalla campagna lanciata da Greta Thunberg, o sul movimento italiano contro l’”odio” nato attorno alla senatrice Segre e poi rivisitato dalle sardine, idem per il BLM.
Su tutto abbiamo scelto di andare nel merito delle questioni e abbiamo sempre denunciato il doppio standard e la strumentalità elettorale di certe manovre.
Il nostro primo anno è stato segnato dal fenomeno Coronavirus e anche su questo abbiamo scelto di mantenere la barra dritta, senza assecondare il sensazionalismo del terrore, senza cedere alla tentazione della barricata politica e senza mai scadere nel complottismo. Per questo abbiamo avuto l’occasione e la necessità di dare ampio spazio a temi della medicina e della scienza affrontandoli con un approccio senza dubbio alternativo a quella che è la narrazione dominante ma sempre con estremo rigore e attenzione alla veridicità dei fatti e l’autorevolezza delle fonti.
Il Coronavirus si è declinato anche in esercizio di potere e su questo abbiamo marcato stretto il governo, denunciando quelli che abbiamo ritenuto forzature ed abusi giuridici con conseguenze potenzialmente rischiose per la nostra democrazia.
L’ambizione, coronata, è quella di scendere nell’arena del dibattito pubblico senza timori e reticenze, affrontando temi spinosi in maniera rigorosa e appassionata, prendendo posizioni che oggi sono messe all’indice dall’incedere di un pensiero unico dominante. Lo abbiamo fatto sui temi che riguardano la sessualità, la famiglia, la laicità, femminismo e il grande tema del politicamente corretto. Così come abbiamo contrastato le follie del laicismo alla francese difendendo la presenza della fede nello spazio pubblico e rigettando il vuoto di spiritualità come valore del nostro tempo.
Abbiamo tenuto il punto sulla difesa dei valori etici e naturali che ci indicano una via e alcuni limiti invalicabili e abbiamo messo in luce i danni causati dal condurre al parossismo battaglie che in principio hanno una loro legittimità ma che vengono però messe al servizio di un progetto disumanizzante.
Possiamo affermare senza timore di cadere in facili entusiasmi che su questo fronte abbiamo inaugurato una stagione nuova e abbiamo il merito di aver dato spazio a penne di esperienza dai trascorsi importanti affiancati da giovani scoperte di grande talento e verve intellettuale dando vita ad un’alchimia molto promettente per il futuro. Si, perchè questo giornale vuole essere officina, scuola e rete.
Era urgente mettere in campo una risposta all’islamofobia mediatica che si manifesta in molteplici modalità e attraverso infiniti canali. Spesso fatti di cronaca che si verficano in un paese musulmano divengono terreno di mistificazione e demonizzazione dell’Islam, indagarne la realtà per offrire un’informazione veritiera è quello che abbiamo fatto. Allo stesso modo abbiamo fatto contro-informazione sul terrorismo, la cui cronaca è il veicolo per eccellenza dell’islamofobia insieme alla questione femminile sulla quale anche abbiamo dato battaglia in difesa delle donne e contro le follie della guerra tra i sessi e del genderless.
La Storia in questo sforzo rappresenta un terreno fondamentale perchè se trattatta adeguatamente contribuisce a fornire le basi per una visione positiva delle relazioni tra i popoli e tra le fedi, un questo senso abbiamo voluto offrire un resoconto della storica connessione culturale e scientifica tra Oriente e Occidente.
Il giornale si è messo al servizio della lotta per il diritto di culto in Italia, diritto ancora ampiamente non garantito, lo ha fatto informando sulla situazione delle violazioni della libertà religiosa, sulle battaglie in cui sono impegnate le comunità e sui risultati ottenuti.
Sul fronte delle relazioni internazionali stampa e politica nostrane si dividono tra l’adesione alla posizione atlantica in salsa progressista ammantata da un discorso farlocco su democrazia e diritti umani, e dall’altra parte una visione insieme e confusamente filorussa e filotrumpiana che più che reale coscienza della questione geopolitica ha in Putin il feticcio dell’uomo forte e della “difesa dell’identità europea”.
Il nostro giornale ha in questo ambito rappresentato un elemento di assoluta novità, in quanto ha dedicato grande attenzione al Medio Oriente e al Mediterraneo raccontandone le evoluzioni da un angolazione diversa, tenendo l’obiettivo puntato sulla situazione dei movimenti popolari e democratici che dopo il fallimento delle rivolte contro i regimi arabi stanno subendo una terribile repressione, per essere più espliciti il nostro racconto costante della repressione dei Fratelli Musulmani in Egitto fa si che in Italia questa dolorosa realtà non venga dimenticata. Per questo abbiamo scelto Mohamed Morsi come uomo dell’anno 2019, simbolo della lotta contro la tirannia che funesta il mondo arabo-islamico.
Mesi prima che si concretizzasse l’accordo tra Israele e gli Emirati abbiamo denunciato senza mezzi termini la deleteria alleanza di fatto tra Egitto e petromonarchie del Golfo e Israele al fine di difendere l’occupazione della Palestina e contrastare le forze antisioniste nella regione. Alleanza che si esplicita in modo esemplare in Libia, situazione che abbiamo seguito attentamente, dove questo cartello per la restaurazione ha puntato tutto sul generale Haftar portandolo ad un passo dalla conquista di Tripoli.
Ed è qui che è entrata in gioco la Turchia sventando un pericolo che avrebbe compromesso ulteriormente la stabilità dell’area e gli interessi italiani.
Noi abbiamo osservato da vicino il riemergere della potenza turca indicando per primi la necessità dell’Italia di trovare in Ankara un partner strategico. Ciò che oggi è divenuto di evidente buon senso lo abbiamo auspicato quando il nostro governo sull’onda dell’isteria anti-turca scatenata dall’operazione Peace Spring nel Nord della Siria faceva la voce grossa a Bruxelles invocando sanzioni alla Turchia.
Comprendendo appieno le potenzialità della rinascita di ciò che fu il fulcro dell’Impero Ottomano e le implicazioni per il mondo e per il nostro paese abbiamo cercato di restituire della Turchia un’immagine di verità per rimediare alla miope propaganda turcofoba diffusa da buona parte dei nostri media.
Chiudiamo questo primo anno quindi, con un bagaglio di esperienza importante e con una serie di sfide vinte. Ci affacciamo al futuro con un carico di responsabilità accresciuto nei confronti dei nostri lettori e con la volontà di approfondire il nostro lavoro e di ampliarne la portata e abbiamo la forte consapevolezza di avere stabilito identità, punti di riferimento e valori chiarissimi che ci guideranno nel prossimo cammino.