L’indegno spettacolo andato in scena ieri nello stadio della Juve è la dimostrazione che i protocolli sanitari sono informati del potere economico delle categorie per i quali vengono scritti. In diretta mondiale la squadra di casa, insieme agli arbitri, fingeva di aspettare l’arrivo degli ospiti che tutti sapevamo essere in isolamento a 900 Km di distanza. E’ stata forse la scena più vergognosa della storia del calcio italiano.
Esiste una vecchia regola nel calcio che si applica ormai solo nelle partite di bassa categoria e nel settore giovanile provinciale, dove se si rompe l’auto del mister che deve portare tutti i bambini in trasferta allora salta la partita. La regola prevede di attendere la squadra che non si presentasse in tempo per 45 minuti a partire dall’orario di inizio gara. Dopo di che si potrà decretare una vittoria “a tavolino” per la squadra che invece era regolarmente presente.
In Serie A, è bene saperlo, non viene rispettata neanche la regola base di effettuare il riconoscimento dei calciatori, perché la loro notorietà supera la possibilità che qualcuno scenda in campo sotto falso nome. Quindi ieri a Torino è andato in scena uno spettacolo pietoso, la Juve e gli arbitri hanno finto che ci fosse la possibilità di arrivo in ritardo del Napoli ed hanno atteso 45 minuti dall’orario di inizio del posticipo serale della terza giornata di campionato, come fosse una qualunque gara di terza categoria (che rispetto alla serie A è la decima categoria).
Il Napoli aveva comunicato nella giornata di sabato che la loro trasferta era stata bloccata dalle autorità sanitarie locali, quindi partire avrebbe costituito reato. La Lega Serie A ha più volte ribadito che, secondo il protocollo scritto appositamente per loro, se in una squadra ci sono dei positivi al Covid basta mettere in isolamento i positivi, quindi la partita per la Lega rimaneva “regolarmente” in programma.
Un protocollo per il calcio ed uno per tutti gli altri
Fin dalla ripresa del calcio della scorsa stagione, con i giocatori muso a muso senza mascherine nei primissimi giorni della cosiddetta fase due, era evidente che le regole per il calcio di Serie A seguivano logiche diverse dalle regole per il resto del paese. Viene da chiedersi come mai però in queste ore è in discussione l’obbligo di mascherine obbligatorie all’aperto per tutto il paese, e come mai i protocolli attualmente in vigore per le scuole ed i posti di lavoro prevedano isolamenti a catena in caso di positivi, mentre i calciatori si allenano insieme due volte al giorno, tutti i giorni, senza mascherine, condividendo spogliatoi e palestre, praticando uno sport di contatto, e se sbuca un positivo va in quarantena solo il positivo. Perché gli altri protocolli prevedono invece una catena di sant’Antonio di isolamento preventivo? Dov’è la scienza in questi protocolli? La scienza non è uguale per tutti?
Il caso Juve-Napoli e cosa farà il Governo
Il caso Juve-Napoli ha evidenziato immensi conflitti tra protocolli e normative in vigore, tra autorità locali e nazionali, e tra ricchi e poveri. Ma ha evidenziato anche il fare politico che cavalca la paura della pandemia. L’intervento del Governatore della Campana De Luca, a cui il presidente del Napoli De Laurentis aveva anche dato appoggio in campagna elettorale, palesa la volontà di protagonismo politico di stampo rigorista di cui De Luca è campione assoluto. Non si capisce in questa vicenda che vantaggio possa trarre il Napoli nel mostrarsi così schierato politicamente, ma possiamo dire con certezza che non si tratta di sport.
In fine due parole vanno dette anche sulla Juve. Prima ancora che sabato sera la Lega Serie A si pronunciasse sulla conferma della gara in programma la Juve ha dichiarato che sarebbe scesa in campo. Quindi i bianconeri hanno dato il massimo possibile perché il calcio italiano si spingesse oltre ogni limite di decenza immaginabile.
Se il Governo non si dovesse pronunciare severamente contro la Lega Serie A, e se dovessero essere emanate ulteriori misure restrittive per tutto il paese lasciando in vigore l’attuale protocollo per il calcio, la credibilità della tanto sbandierata gestione italiana della pandemia subirebbe un duro colpo. Sempre che gli italiani non abbiano il pallone al posto della testa.