Un tribunale tedesco sta portando alla luce le sistematiche atrocità commesse in Siria – mettendo fine a ogni speranza di riconciliazione col regime.
Bashar al-Assad, l’arrogante presidente siriano, potrebbe non essere mai processato, almeno fino a quando i suoi protettori in Russia non penseranno di sostituirlo.
Ma in un tribunale tedesco nella tranquilla cittadina di Coblenza un processo in corso contro due funzionari del regime, Anwar Raslan e Eyad al-Gharib, sta lentamente ma costantemente azzerando ogni speranza di Assad per una possibile e imminente normalizzazione dei rapporti del suo regime con l’Europa.
Il processo sta inoltre dando speranza ai milioni di rifugiati siriani in Europa, che hanno vissuto nel timore di essere riportati forzatamente in patria, speranza che chi li ospita possa infine rendersi conto della loro vulnerabilità.
La corte ha rivelato, testimone dopo testimone- attraverso la testimonianza di sopravvissuti alla tortura nelle prigioni siriane, di parenti di assassinati, di esperti e di persone interne al regime – la portata dei crimini contro l’umanità del governo siriano.
Per la prima volta tutti hanno potuto capire fino a che punto, sotto la dirigenza di Assad, le atrocità siano diventate un modo di essere, una pratica di routine.
Il 9 settembre, trentesimo giorno del processo a Coblenza, alle 11 e 10 del mattino, la corte ha ascoltato quello che fino a quel momento è stato il testimone più importante.
Un becchino, un membro della squadra che seppelliva innumerevoli corpi mutilati, ha preso la parola. La sua testimonianza ha chiarito nei dettagli in che modo i cadaveri fossero portati, non solo da al-Khatib, un organismo per la sicurezza dello stato guidato a Damasco da Raslan, conosciuto anche come Branch 251, ma da numerosi altri reparti dei servizi siriani di intelligence, compresi quelli militari, fra il 2011 e il 2017.
Per la protezione della sua famiglia in Siria, il becchino è apparso con il volto coperto ed è stato presentato come il testimone Z 30/07/19.
Attivisti locali e internazionali hanno in precedenza riferito di diffuse torture sulla popolazione civile, e un fotografo militare, nome in codice Caesar, ha già fatto filtrare clandestinamente 50.000 foto a testimonianza delle torture e delle uccisioni extragiudiziarie.
Il contributo di Z consiste nel rivelare ciò che seguiva. Ha raccontato alla corte in quale stato si trovavano i corpi, cosa succedeva loro, e chi ne era responsabile. Foreign Policy è entrata in possesso di una copia integrale della sua testimonianza.
“C’erano fiumi di sangue e di vermi,” trasudanti dai corpi, “mi è capitato di non riuscir a mangiar per giorni, dopo ciò che avevo visto.” Alcuni corpi erano completamente putrefatti e i loro volti “irriconoscibili,” come se fossero stati deliberatamente resi irriconoscibili con sostanze chimiche.
Era il tanfo dei corpi putrefatti che più lo disturbava e che continua a disturbarlo. “L’odore mi rimaneva nel naso, anche dopo che a casa mi ero fatto la doccia.”
Il testimone Z era solo un piccolo ingranaggio nella ben più ampia macchina del regime, regime, che secondo l’accusa, avrebbe arrestato pacifici manifestanti e chiunque appartenesse all’opposizione o che anche sembrasse sostenerla; il regime che li avrebbe torturati nei centri di detenzione e nelle prigioni, che ne avrebbe giustiziati molti, e poi organizzato segretamente la loro sepoltura. Z faceva parte di quest’ultimo atto. Incapace di sopportare il fetore dei cadaveri, fu incaricato di trasportare gli uomini che li seppellivano e anche di annotare i numeri dei morti a seconda del settore dell’intelligence da cui provenivano, cioè, i settori dei servizi segreti responsabili per ogni singola uccisione.
Z fece parte in passato dell’amministrazione siriana nel governatorato di Damasco con il compito di seppellire i deceduti per cause naturali fino a quando nel 2011 ebbe inizio l’insurrezione.
Pochi mesi dopo che la Siria fu sommersa dalle proteste contro il regime, egli fu avvicinato da due ufficiali dell’intelligence che gli affidarono l’incarico di guidare un furgone, senza targa ma coperto di ritratti di Assad, verso i cimiteri della periferia della città.
In questo furgone, con altri otto/dodici uomini, andava a volte direttamente ai cimiteri di Najha e Qutiefa, mentre in altre occasioni doveva prima aspettare davanti agli ospedali militari di Tishreen e di Harasta.
Mentre era nel parcheggio, Z vedeva camion frigoriferi lunghi fino a 12 metri riempiti di cadaveri, da 200 a 700 cadaveri, generalmente accompagnati da almeno un ufficiale dell’esercito che li seguiva fino al cimitero.
Ricordava che i cimiteri sembravano campi “dove stavano varie unità dell’esercito.” L’entrata era vietata ai civili. C’era un posto di guardia al crocevia che conduceva a uno dei luoghi di sepoltura, comandato da un ufficiale col “grado di colonnello,” che riconosceva il furgone e lo faceva entrare. Z ha detto alla corte che “l’ufficiale aveva le istruzioni.”
Nei cimiteri, i colleghi di Z, anch’essi arruolati dal regime, aprivano i camion frigo e gettavano un cadavere dopo l’altro alla rinfusa in fossati profondi circa due metri e di una lunghezza che poteva variare tra i 54 e i 110 metri. “Dopo circa 40, 50 carichi, la fossa si riempiva.”
Quattro volte alla settimana, per almeno sei anni, migliaia di cadaveri sono stati sepolti senza nessuna dignità. Non c’erano parenti, né preghiere, solo un grosso buco nel grande vuoto della campagna.
Ha confermato le affermazioni di Caesar, il fotografo militare che fotografava i cadaveri negli ospedali militari, quando ha detto alla corte che ogni cadavere aveva il numero della sezione di intelligence o del settore militare segnato sulla fronte e sul petto.
Nei cimiteri, Z assisteva sul posto gli ufficiali del regime segnando il numero dei morti e la loro provenienza. Ha citato alcuni dei più temuti settori dell’intelligence, come “al-Khatib,” “il settore Palestina, l’intelligence dell’aeronautica, incluso lo spionaggio militare- e tutti i settori appartenenti al regime siriano.”
Sensibile all’insopportabile odore dei corpi in putrefazione, Z stava a quattro metri dai fossati. Ma quelli che erano stati uccisi nell’orribile prigione di Sednaya non avevano odore. L’ufficiale che portava i cadaveri di Sednaya aveva detto a Z che questo accadeva perché erano stati uccisi lo stesso giorno. Erano ancora caldi, con inconfondibili segni di tortura che Z ha confermato di aver visto.
Molti erano ancora ammanettati senza più unghie sulle dita. “C’erano i segni dell’esecuzione sui loro colli,” Z ha detto, una dichiarazione che conferma le rivelazioni dell’organizzazione non governativa Amnesty.
Un rapporto di Amnesty pubblicato nel 2017 afferma che migliaia di persone sono state impiccate in massa a Sednaya fra il 2011 e il 2015.
Il processo di queste vittime durava fra uno e tre minuti in due tribunali militari sul campo, e i giorni in cui le autorità del carcere eseguivano le uccisioni erano indicati come “il party.”
Philip Luther, il direttore per la ricerca e la difesa per il Medio Oriente e il nord Africa, ha trovato diverse conferme nella testimonianza di Z, inclusi i tempi e i metodi di uccisione.
Il rapporto di Amnesty rileva che i più alti livelli governativi hanno autorizzato le uccisioni: “le condanne a morte sono approvate dal Gran Mufti di Siria e dal ministro della difesa e dal capo di stato maggiore dell’esercito, entrambi autorizzati ad agire nel nome del presidente Bashar al-Assad.”
Patrick Kroker, un avvocato che perora la causa nel processo a Coblenza ed è consulente legale senior per il Centro Europeo per i diritti umani e costituzionali, che assiste nei procedimenti 16 siriani, ha detto che non c’è prova che il regime siriano abbia cessato di commettere questi crimini- di fatto, la testimonianza di Z afferma il contrario.
Ha dichiarato che il processo è destinato ad ampliare la politica europea sulla Siria. Tra le altre cose, Kroker ha sostenuto che anche solo pensare di normalizzare i rapporti con un simile regime è disgustoso. Ha detto che, “Ci sono prove che fosse comuni sono state scavate almeno fino al 2017. Questo è un tipo di governo, un tipo di regime, col quale non si stabiliscono relazioni.”
Ha anche messo in evidenza la durevole importanza legale del processo e delle rivelazioni fatte dalle testimonianze e ha affermato che, “le prove presentate ora potranno facilitare futuri processi contro funzionari del regime fermati mentre viaggiano in Europa.”
“Gli atti individuali di tortura costituiscono un crimine contro l’umanità se commessi all’interno di un contesto specifico, quello di un diffuso e sistematico attacco alla popolazione civile. La testimonianza di Z stabilisce che i crimini erano sistematici.”
Alla fine del processo, anche se la vittoria è simbolica e solo due funzionari di medio livello del regime sono condannati, gli esperti credono che le prove possano incominciare ad influenzare la politica sui rifugiati in Germania.
Alla luce di queste testimonianze, sarà difficile per i populisti chiedere che i rifugiati siano rimandati in Siria. Bente Scheller, il capo del settore per il Medio Oriente e per il nord Africa, della Fondazione Heinrich Böll, ha detto che ogni sei mesi i ministri degli interni degli stati federali in Germania discutono della possibilità di rimpatriare i rifugiati.
“Ma da quello che sentiamo nei processi di quanto accade in Siria è assolutamente impossibile deportare quella gente,” ha detto Bente, aggiungendo che c’è speranza che si ammorbidisca l’atteggiamento tedesco nei confronti dei rifugiati. “Nessuno potrà dire di non averne sentito parlare, e di non esserne a conoscenza.”
Gli europei sono sempre più informati del lungo calvario dei siriani e del fatto che essi fuggono non solo dalle bombe e dalle altre privazioni della guerra, ma anche presumibilmente dalle torture diffuse e dalle brutali uccisioni del regime.
Testimonianze come quella di Z mostrano come le uccisioni non fossero atti casuali operati da qualche ufficiale ma crimini organizzati da numerosi corpi dello stato, con uomini come Z che trovandosi in fondo alla catena alimentare non hanno altra scelta se non quella di eseguire gli ordini.
Articolo originale di Anchal Vohra pubblicato su Foreign Policy: Assad’s Horrible War Crimes Are Finally Coming to Light Under Oath