In Europa continua la discussione sul Mes, sul Recovery Fund e sulle condizionalità economiche dell’erogazione di questi fondi agli stati membri, ma c’è un aspetto di cui non si parla e si affaccia con sempre più forza sulla questione. Ne abbiamo parlato con Vincenzo Sofo, eurodeputato eletto nelle file della Lega e fondatore del think tank Il Talebano.
Lei ha denunciato il tentativo di imporre agli stati un’agenda pro LGBT e abortista creando una condizionalità per gli stati che vogliono accedere ai fondi europei, come funzionerebbe?
Noi siamo abituati alle condizioni di tipo economico legate ai prestiti delle istituzioni economiche internazionali, che pretendono i famosi aggiustamenti strutturali e al fatto che l’Unione vincoli i fondi ad un certo tipo di interventi economici e fiscali ma questo aspetto rappresenta un salto di qualità in negativo.
L’Unione Europea tenta di passare ad una concezione molto più politica che imponga un’uniformarsi sulle questione etiche e valoriali. Per raggiungere questo obiettivo si vuole usare la leva dei fondi.
Esattamente qual’è il meccanismo che si vorrebbe usare?
La chiave sta nel discorso sullo Stato dell’Unione tenuto dalla presidente Von Der Leyen a settembre, in cui aveva preannunciato la pubblicazione del primo rapporto annuale sullo Stato di diritto negli stati membri e ha affermato che l’erogazione dei fondi UE sarebbe stata vincolata al rispetto dello Stato di diritto.
In quel discorso la Von Der Leyen ha anche annuinciato una strategia di promozione dell’agenda LGBT che spinga gli stati membri al riconoscimento di nuovi diritti.
In sostanza attraverso la “sorveglianza sullo Stato di diritto” si sta preparando il terreno per una forte ingerenza nella sovranità degli stati e si vorrebbe usare l’emergenza determinata dal Covid per ricattare gli Stati e obbligarli ad implementare l’agenda dell’ideologia gender.
Oltre a questo ha parlato anche di una strategia abortista da parte della Commissione, di cosa si tratta?
Proprio ieri è iniziato il processo di approvazione di una risoluzione meramente politica sul Gender Action Plan. In questa risoluzione piena di ottimi passaggi sui diritti delle donne sono stati inseriti molti passaggi sulla questione dell’aborto che in sostanza chiedono agli Stati di promuovere l’aborto e che prevedono il finanziamenti alle ONG abortiste. Ritengo questa risoluzione molto pericolosa.
Si tratta solo di una presa di posizione politica o è vincolante in qualche modo?
Per ora sono solo esortazioni ma è lo stesso percorso che ha seguito la questione dello Stato di diritto, in principio si trattava di esortazioni poi è diventata una condizionalità per l’acceso ai fondi. Per ora la sorveglianza sullo Stato di diritto rappresenta un rapporto informativo ma come si capisce dal discorso della Presidente della Commissione potrebbe presto divenire un vincolo.
Quali sono le posizioni degli stati membri sulla questione?
É risaputo che i cosidetti paesi di Visegrad si oppongono a questo approccio, parliamo principalmente della Polonia e dell’Ungheria menrre dall’altra parte si trovano vari paesi tra cui l’Olanda è uno dei più spinti.
Ora la Germania per la sua importanza è chiamata a fare da arbitro vuole che si chiuda in fretta la discussione sul Recovery Fund e quindi ci sarà una mediazione immagino perchè le questioni economiche sono molto urgenti.
Come mai in Italia non abbiamo sentito parlare di tutto ciò?
Perchè la situazione economica è così grave che ci si sta concentrando su quella e chi vuole mettere in atto questo piano lo sa, si stanno approfittando della disperazione delle persone e delle difficoltà dei governi per imporre un’agenda che confligge con l’identità e i valori dei popoli.