É noto che tra le prime azioni del Messaggero di Dio, la pace sia su di lui, ci fu quella di fondare la moschea. È invece meno noto che proprio allo stesso tempo a Medina egli istituì il mercato stabilendone le regole fondamentali. Quelle regole divennero le regole di tutti i mercati musulmani che vennero istituiti in seguito.
Fra i vari “capitoli” (sūrāt) del Nobile Corano ve n’è uno piccolino ma abbastanza significativo: la Sūratu Quraysh. Tale sūrah riguarda la tribù omonima nella quale il Profeta Muhammad, la pace e le benedizioni divine siano su di lui, nacque. Quanto rivelato al suo interno rimanda alle carovane estive e invernali: precariamente alloggiati in una piccola cittadina nel mezzo del deserto più arido, i Quraysh d’inverno si imbarcavano in spedizioni commerciali a sud, verso lo Yemen, e d’estate a nord, verso la Siria e la Persia.
Questa era la vita per la quale era nato. Egli dovette imparare a fare il commerciante sotto suo zio, viaggiando sulle carovane. Tale destino, come tutto il resto per quanto lo riguardò, fu lungi dall’essere accidentale. Come avrebbe potuto esserlo, quando nulla lo è nella vita? Ma questo destino particolare avrebbe avuto un impatto profondo, non solo sulla comunità musulmana ma sul mondo intero.
É noto che tra le prime azioni del Messaggero di Dio, la pace sia su di lui, ci fu quella di fondare la moschea. È invece meno noto che proprio allo stesso tempo a Medina egli istituì il mercato stabilendone le regole fondamentali. Quelle regole divennero le regole di tutti i mercati musulmani che vennero istituiti in seguito.
Abū Usāyd disse che un uomo venne dal Profeta, che Dio lo benedica e gli garantisca la pace, e gli disse: “Possano mio padre e mia madre esserti da garanzia! Ho visto un posto per il mercato; non vuoi venire a vederlo?” Ed egli disse: “Certamente.” Così si alzò e andò con lui finché non arrivò al luogo del mercato e quando lo vide, gli piacque e vi impresse il suo piede dicendo: “Il tuo mercato è benedetto, quindi non lasciare che si disgreghi e non lasciare che si paghi alcuna imposta.” (At-Tabarānī)
Muhammad ibn ‘Abdullāh ibn Hasan disse: “Il Messaggero di Dio, la pace sia su di lui, ha dato ai Musulmani i loro mercati come sādaqah.”
Questo è un atto radicale. Il mercato è istituito come spazio libero che nessuno può prenotare. I commercianti devono venire la mattina presto di ogni giorno e insediarvi le proprie bancarelle. Nessun affitto può esservi riscosso. “…non lasciare che si paghi alcuna imposta.” Non sono ammesse imposte sul commercio nel mercato.
In altre parole, l’IVA non è ammissibile nell’Islām. Lo Stato non può imporre una tassa sul commercio. E ciò avvenne proprio agli albori dell’Islām, vale a dire subito dopo l’emigrazione a Medina e l’istituzione di un regime in conformità con la Rivelazione Divina. Al Messaggero di Dio, la pace sia su di lui, poi fu chiesto dalla gente di Medina di fissare i prezzi di mercato, ma lui si rifiutò di farlo dicendo che: “Dio, Lui è il Puro, Colui che provoca espansione e contrazione, Colui che imposta i prezzi” (Ahmad, Abū Dāwūd, at-Tirmīdhī, Ibn Mājah ed altri). Fissare i prezzi sarebbe un’ingiustizia per i commercianti.
Tali misure sono fra i punti centrali relativi al commercio ed esse vennero stabilite proprio accanto all’istituzione della moschea relativamente al pilastro centrale dell’Islām, la sālah. Si noti l’importanza attribuita al commercio! Proprio perché il commercio è la linfa vitale delle civiltà, furono istituite queste misericordiose regole di base al fine di favorirlo. E fu proprio questa spinta che portò gli abitanti dello Yemen, vecchi marinai di fama mondiale che già trasportavano merci da luoghi lontani come l’India e la Cina, a condurre ben altro tipo di commercio: furono destinati a far conoscere l’Islām nell’intera costa orientale dell’Africa, a Kerala, nella costa occidentale dell’India, e a Nusantara, vale a dire le odierne Indonesia e Malesia.
Per quanto ne sappiamo, fu la loro onestà negli affari a rivelarsi essere il mezzo più efficace di attrazione della gente all’Islām. Il commerciante onesto e che si rammenta del Divino in mezzo al mondo e al mercato è una rarità. Forse fu per questa ragione che il Profeta, la pace sia su di lui, disse: “Il mercante onesto e sincero sarà con i profeti, i pii e i martiri” (At-Tirmīdhī, al-Hakīm riportato da Abū Sa‘īd). Quanto diverso sarebbe stato il mondo moderno se i giovani, piuttosto che scegliere, sviati da cattivi maestri, gli attentati suicidi ḥarām come via per il martirio, avessero invece optato per il commercio onesto ḥalāl!!!
L’effettiva consistenza della civiltà dei Musulmani, infatti, fu quella di una cultura mercantile. E, come è bene sottolineare, il commercio unisce ciò che razza, politica, cultura e religione dividono. Tutti vanno al mercato. Ora ciò potrebbe sembrar alquanto singolare in quanto la notorietà dell’Islām si basa sul jihād, che nell’immaginario dell’opinione pubblica occidentale equivale alla guerra. La cosa va però contestualizzata: ciò si rese necessario all’inizio poiché Muhammad, pace e benedizioni divine su di lui, si ritrovò a predicare in un contesto internazionale dominato da due potenze, quella romano-bizantina e quella persiano-safavide, che si stavano dando guerra senza quartiere, mettendo a ferro e fuoco l’intero Medio Oriente.
I Musulmani presero le armi contro queste due forze, esclusivamente perchè non esisteva alcuna eventualità del fatto che entrambe li avessero lasciati prosperare in pace.
Dopo quella prima espansione militare, però, la civiltà islamica assunse gradualmente la propria naturale caratteristica di cultura commerciale cosmopolita. Quest’etica economica avrebbe in seguito influenzato il mondo e sarebbe stata una delle novità introdotte in Occidente grazie alle Crociate prima e al Rinascimento poi. Fatalmente, l’Europa accettò tale contaminazione senza quei controlli e quegli equilibri, di cui il Profeta si fece garante, che avrebbero potuto impedire al capitalismo di diventare il mostro che è diventato oggi.